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❝I know that it seems pathetic to not have a dream like every one❞





A parte i suoi passi, tra i corridoi non c'era nessun altro suono. Sentiva il suo stesso sangue superare i limiti di velocità. Dentro sé avvertiva un misto di gioia e di novità, come se tutto quello che stesse provando quella mattina fosse nuovo eppure era la seconda università che cambiava, era abituato a certi ambienti. Quello era diverso, quelle scale e quelle pareti non l'avevano mai visto. 

Con lentezza cercava l'aula, senza fretta, nessuno lo stava inseguendo e non c'era tempo che potesse farlo accelerare.

-Aula 105, e si guardava intorno, ma oltre a vedere delle porte colorate nient'altro. Alcune aule non avevano alcun numero al loro fianco. Camminò vagando per i lunghi corridoio, finché non vide qualcuno, che come lui, bazzicasse ancora in giro per la facoltà. Una studentessa indaffarata nel sistemare i libri nell'armadietto, sembrava non avere alcuna fretta.
-Scusami, sapresti dirmi dov'è l'aula 105? chiese Kangjoon avendo l'impressione di non essere stato sentito. -Svolti l'angolo ed è l'ultima aula a destra, disse la ragazza togliendosi dai piedi il giovane, liquidandolo con freddezza e andando via dalla parte opposta. Kangjoon rimase immobile, come se avesse appena sentito una tempesta gelida alle sue spalle. La seguì andare via con lo sguardo, poi scese le scale e scomparve dalla sua visuale.
-Grazie, borbottò infastidito dal comportamento di quella studentessa.
Come gli aveva detto la ragazza, almeno era stata sincera, riuscì a raggiungere facilmente l'aula. Bussò una volta e sentì poco dopo "avanti". Un professore calvo dall'aria calma lo fece entrare senza aggiungere nulla. Seduti tra i banchi bianchi, visi nuovi, mai visti, a parte il suo posto ce n'era un altro libero. L'insegnante riprese la lezione spiegando brevemente ciò che aveva detto prima e nel mentre fu interrotto da qualcuno che bussò nuovamente alla sua porta. Senza dire nulla, la porta si aprì e svelò il viso della ragazza di prima. Il professore le lanciò un'occhiata tagliente e infastidita. -Prego, si accomodi, la ragazza entrò e si andò a sedere nell'ultimo posto rimasto libero. Non rivolse lo sguardo a nessuno, il volto non guardava i suoi piedi ma davanti a sé. Quel suo sguardo non faceva paura, ma dava l'impressione di ritrovarsi di fronte alla persona più sicura di sé di sempre. Poteva far tremare chiunque piombasse davanti a lei.
Senza far rumore si sedette e, a differenza di quando era entrata, a fine lezione uscì senza dare nell'occhio.

-Eccolo! urlò E'Dawn appena vide l'amico raggiungerlo. -Grazie per avermi lasciato da solo, e li diede una pacca sulla spalla non tanto leggera. -Ma alla fine sei riuscito a raggiungere l'aula?
Kangjoon si limitò ad annuire, -ho chiesto indicazioni ad una ragazza.
Entrarono in mensa e il forte odore del riso e della carne li inondò con violenza. Diversi tavoli erano ancora liberi. -Sbrighiamoci a prendere il mangiare, ed E'Dawn prese il vassoio sia per lui che per l'amico.

-Lì va bene? ed indicò due posti ancora liberi. Kangjoon seguì l'amico e poco prima di prendere posto la vide. Era seduta da sola e mentre mangiava il riso con le verdure alla griglia sfogliava distrattamente un libro. -Ah, è quella, e la indicò alzando brevemente il capo nella sua direzione. E'Dawn si voltò e guardò la ragazza indicata da Kangjoon.
-Quella con i capelli neri?
-Sì.
-Stalle lontano, tagliò corto. Kangjoon rivolse un breve sguardo alla ragazza e poi all'amico, -Perché?
-Evitala e cerca di starle lontano tutte le volte che puoi. Chi sta intorno a quella finisce sempre col farsi male.
Kangjoon continuò a non seguire il discorso dell'amico e lo sguardo torvo che aveva sul viso fece continuare E'Dawn a parlare: -Non ti chiedi il perché sia sempre sola? E perché abbia quell'aria da dura? Ha picchiato tre ragazze del primo anno ed è stata espulsa per un mese dall'università. È una bulla, è una persona violenta. Quindi, se non vuoi finire per farti male, lascia perdere e stai lontano da lei.
Ogni parola era stata detta con serietà, non c'erano sfumature di menzogne e bugie. Kangjoon non poté fare a meno di guardarla per un'ultima volta e delineare quella figura con le parole appena dette dall'amico. Ora lo sguardo di lei sembrava essere solo spaventoso e minaccioso, nient'altro.

-Hai altre lezioni? chiese Kangjoon una volta usciti dalla mensa.
-Altre due e poi ci vediamo con i ragazzi per una partita, ti va di venire?
Kangjoon fece per accettare, ma si bloccò di colpo ricordando le parole della madre e dell'appuntamento che gli aveva preso. -Ah no, non posso, ho da fare, magari un'altra volta.
-Mh, non sarà ancora per Sehun?
-Eh? No, non penso. Certo, non abbiamo mai chiarito, ma no, credimi, non è per lui.
-Ti credo ti credo, aggiunse E'Dawn ridendo. -Sarà per un'altra volta, ci vediamo domani, e lo salutò facendo un cenno con la mano.

Una volta salito in macchina la vide di sfuggita seduta sotto gli alberi del parco all'ingresso dell'università. Fin quando la sua figura fu visibile non le staccò gli occhi di dosso, ripensò alle parole di E'Dawn. "Una ragazza come quella, ha davvero fatto tutto quel male?" pensò tra sé e sé.

Sperando di non essere in anticipo, arrivò al locale prenotato dalla madre. Si sistemò il colletto della camicia e il dietro della giacca, poi entrò. Il solito locale, tipico di sua madre. Pareti dalla carta da parati elegante, lampadari sfarzosi e tavoli ben sistemati dalle stoviglie eleganti e fin troppo lucidate. Candele dalle fiammelle danzanti e dagli odori forti.
C'erano poche persone sedute ai tavoli e un pianista che si limitava a suonare melodie sconnesse tra loro. C'era una sola ragazza a fissare la sedia vuota di fronte a lei, Kangjoon salutò all'ingresso e si diresse immediatamente verso quel tavolo, "meglio sbrigarsi" pensò una volta raggiunta la ragazza.
-Signorina Kim, disse con tono gentile, la ragazza si voltò e con le gote rosee gli rivolse un docile sorriso. -Perdona il ritardo.
-Oh no, ho anticipato io. La solita risposta, il solito abito elegante e le solite palpebre rifatte, non aveva niente di particolare. Si sedette di fronte a lei e più la guardava più il viso di quella ragazza perdeva senso attraverso i suoi occhi.
-Gradisci del vino? chiese il giovane, immaginando già la risposta. -No grazie, non bevo, ma prendilo per te se lo gradisci, sorrise e riprese a guardare il menu. "Non beve e di certo ordinerà un brodino leggero" pensò il ragazzo e la serata andò così. Era lo sketch quotidiano che sua madre lo obbligava a vivere. Aveva memorizzato ogni singolo gesto in quegli incontri e le frasi erano fatte, sempre le stesse dette con la stessa cortesia e senza tatto. Quei primi incontri che sarebbero stati anche gli ultimi.

"Sei patetico, alla tua età dovresti avere almeno una ragazza!" le parole di suo padre erano quelle.
"Papà, sono patetici questi incontri".




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Tornò a casa e tutto era immerso nel silenzio e sperando che non ci fosse un domani, si addormentò.

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