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Salii in camera dopo aver aiutato mia madre a mettere in ordine il casino creatosi in cucina. Decisi di fare subito i compiti, in questo modo avrei avuto la serata libera. Non che avessi in programma qualcosa, ma era piuttosto appagante sapere di non avere doveri dopo cena. Avrei potuto vedere un film o una serie tv, leggere un libro, ascoltare musica.
Mi sedetti alla scrivania e iniziai con gli esercizi di matematica. Non avevo mai avuto grossi problemi a scuola o nell'apprendimento in generale, anzi suppongo potessi essere omologata a quella cerchia ristretta di persone definite "secchia". Dopo la matematica, mi dedicai alla letteratura e infine alla storia. Afferrai il mio cellulare per dare uno sguardo all'orario e, oltre al fatto che fossero le sei e venti del pomeriggio, constatai che sul display ci fosse una notifica Facebook.
Charlotte Rose ti ha inviato una richiesta di amicizia.
Sorrisi, pensando di nuovo che fosse una ragazza dolce. Pensiero che si rafforzò quando le scrissi per sapere come stesse e lei mi rispose in un nano secondo. Mi disse che stava bene e mi chiese se mi andasse di fare una passeggiata, andare un po' al "Chiosco di Molly". Senza pensarci due volte, le risposi di sì. Avevo come la sensazione che Charlie avesse conosciuto solo la solitudine nella sua vita. Non ero mossa da pietà, era semplicemente la mia vena empatica a spingermi a starle vicino. Magari mi sbagliavo e in realtà era la ragazza più popolare di Portland, ma chi se ne fregava? Il mio istinto mi mandava sensazioni positive in merito a quella ragazza-volpe.
Alla fine ci accordammo per vederci alle sette.

Scesi di sotto per chiedere il permesso a Lex. Se lo avessi chiesto a mamma, alla fine lei mi avrebbe detto di sì però "è sempre meglio chiedere prima a papà". Trovai mio padre in cucina, leggeva un ricettario.
«Lex, dov'è mamma?»
«È uscita ad accompagnare Mickey da sua madre. Stasera ho bisogno di una mano, al bar. Dopo cena viene a lavoro con me.» Mi disse senza alzare gli occhi dal libro.
«Hai intenzione di preparare tu la cena?» Gli chiesi con vena ironica.
«Chissà. Se poi ti ingozzi, quel sorrisetto ironico lo indosserò io dopo.» Mi sorrise, con sguardo di sfida. «Ad ogni modo, ti serviva qualcosa?»
«Sì, volevo chiederti se potessi uscire per un'oretta. Torno per le otto.» Lui assottigliò lo sguardo, cercando di capire dove fosse la fregatura.
«Mmh.» Fece pensieroso. «Immagino tu non esca da sola. Potrei sapere almeno, in qualità di tuo padre, dove hai intenzione di andare e con chi?» Mi trattenni dallo sbuffare per non irritarlo e fargli cambiare idea. Ma pesava. Pesava essere trattata come una bambina.
«Chiosco di Molly. Ci vado con Charlotte, una ragazza con cui ho stretto amicizia da poco. Servono altre informazioni?» Dissi, lasciandomi sfuggire un po' della scocciatura che quella situazione mi stava incollando addosso. Fortunatamente mio padre ignorò il mio tono e mi diede il via libero.

Raggiunsi il bagno per fare una doccia alla velocità della luce. Appena uscita lavai i denti e asciugai i capelli. Avere quest'ultimi corti aveva i suoi vantaggi. Non mi facevano perdere minuti preziosi per acconciarli o cos'altro. Quando entrai in camera mia, misi su la riproduzione casuale dal computer, aumentando di parecchio il volume. Partì "Black Velvet" di Alannah Myles. Per un attimo mi immaginai di essere in una di quelle scene sexy dei film, dove la protagonista deve muoversi in maniera sensuale e attirare l'attenzione dello spettatore. Lanciai qualche vestito sul letto e, indossando solo le mutande, iniziai a valutare cosa indossare, ballando sul posto.
La cosa inaspettata fu che, al termine della canzone, sentii un applauso seguito da un fischio. Inavvertitamente, la consapevolezza che qualcuno avesse assistito al mio teatrino, iniziò a strisciarmi sotto la pelle, facendomela accapponare neanche fossi davanti ad un leone pronto a sbranarmi. Indossai una maglietta, spensi il computer, mi voltai verso la finestra, che tra l'altro era totalmente spalancata, e mi ci avvicinai . Ero piuttosto imbarazzata, ma come tutte le cose di questo mondo, andava affrontata. Mi sporsi e notai che, quella che era stata una casa disabitata da ben cinque anni, adesso ospitava una famiglia. Una famiglia di cui uno dei componenti era un guardone.
«C'è un bis per caso?» Chiese il mio nuovo e sconosciuto vicino. Un vero simpaticone.
«Non mi sembra che tu abbia pagato il biglietto per lo spettacolo. Da quant'è che sei lì?» Gli chiesi, sperando che cambiare argomento gli facesse dimenticare che aveva assistito ad una delle più grandi figuracce della mia vita. Peggio di quella volta che andai a sbattere nella porta di vetro di un negozio, all'età di nove anni.
«Credo dall'inizio della canzone.» Roteai gli occhi al cielo.
«Intendo in casa tua.»
«Da circa dieci minuti. Ma che sei, mia madre?» Mi rivolse un sorriso divertito che gli illuminò gli occhi azzurri.
«La lobotomia te l'hanno fatta da piccolo o...?» Sbuffai. «Lascia stare.»
«Circa cinque giorni. Avevo ragione a pensare che fosse carino come quartiere, questo. Ci si vede...» mi guardò, in attesa.
«Alexis.»
«Ciao, Alexis.» Si passò una mano tra i capelli biondi e sparì. Io chiusi finestra e tende, chiedendomi come avessi fatto a non accorgermi dei miei nuovi vicini. Ad ogni modo, si era fatto piuttosto tardi e avevo solo cinque minuti per vestirmi e raggiungere Charlie. Indossai una maglia grigia, una gonna scozzese blu e grigia, giubbotto di pelle nero e gli anfibi. Corsi fuori di casa, urlando a mio padre "Ci vediamo per cena!".

Charlie mi aspettava davanti al chioschetto di legno. Era a forma esagonale, davanti ad esso c'erano due grandi tendoni bianchi sotto i quali erano posizionati sei o sette tavoli. Era una piccola attività commerciale, il Chiosco di Molly, ma era tipo centenario. Non era lì da cento anni effettivi, ma era appartenuto a quattro generazioni. Ci sedemmo e una cameriera prese le nostre ordinazioni. Succo di mirtillo per me, una limonata per Charlie.
«Ti chiedo di nuovo scusa per aver tardato. Non puoi nemmeno immaginare cosa mi è successo.» Le dissi, assumendo una faccia scocciata al pensiero di quanto accaduto qualche minuto prima.
«Ho quasi paura a chiedere.» Mi fece lei sorridendo.
«La faccio in breve: ho messo su un po' di musica mentre ero nuda, cercando qualcosa da mettere per uscire. Fatto sta che non mi sono accorta che il mio vicino mi stesse guardando. E la cosa più divertente, è che non sapevo avessi dei nuovi vicini! Capisci? La casa accanto alla mia è rimasta vuota per un sacco di anni.» Le dissi, battendomi una mano sulla fronte. Charlie rise di gusto, forse pensava fosse una barzelletta anziché la semplice verità.
«È una cosa assurda e spassosa insieme.» Disse mentre si asciugava qualche lacrimuccia dovuta alle risate.
«A parte questo piccolo, sfortunato evento, perché non mi parli un po' di te?» Le proposi, mentre la nostra ordinazione ci veniva servita.
«Mi sembra una buona idea.» Sorrise dolce e prese un sorso dalla limonata. «Sono nata e cresciuta a Portland, sono figlia unica e ho frequentato scuole private fino alle medie. Non ho mai avuto rapporti di amicizia, ho desiderato a lungo averli ed essendo timida ho intravisto questa opportunità nella scuola pubblica. Sai, ne parlano tutti quanti, di quanto siano belli gli anni al liceo... Fino ad ora non è che abbia avuto molto successo. Non prima di te, insomma. Durante le lezioni normali, le ragazze con le quali ho avuto modo di approcciare stanno troppo sulle loro. Alcune, invece, si programmano troppo l'esistenza. Mi procurano ansia, per cui ho preferito evitare quei tipi di rapporti asfissianti.» Le sorrisi.
«Su questo siamo d'accordo. Sai, io ho una sorella più grande di me di un anno, siamo molto più che sorelle, noi siamo complici. Essendo cresciute in simbiosi, le persone hanno iniziato ad avere la tendenza di accomunarci e paragonarci, in qualsiasi contesto. Non sai quanto dia fastidio. Siamo due persone differenti ed è veramente ingiusto questo loro modo di fare. Il primo giorno di scuola, le dissi che volevo stare lontana dalle sue amicizie, perché avrei dovuto provvedere da sola. Tutto ciò è per dirti che è davvero da persone sagge, saper valutare chi considerare una persona fidata, senza aiuti esterni o quant'altro. Diciamo che da questo punto di vista ti considero coraggiosa. Io, a differenza tua, ho iniziato le superiori avendo un mio caro amico al mio fianco. Un giorno te lo presento.» La vidi sorridere. Il resto di quell'ora la passammo a parlare del più e del meno. Scoprimmo che avevamo quasi gli stessi gusti in ambito culinario e che ci piacevano le stesse band rock del passato. Inutile dire che quando mi disse che anche lei seguiva il Trono di spade, quasi non la baciavo sulle labbra. Avrei organizzato al più presto una sorta di maratona con lei e Mason. Quell'uscita mi era stata piuttosto utile. Charlie aveva fatto breccia nel mio cuore. Aveva ciò che a me mancava. Dolcezza e pacatezza. Avevo trovato lo Yang del mio Yin.




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Charlotte

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Charlotte.

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