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17th october
6:13 am

Non aveva dormito molto, quella notte. Era rimasto sveglio a pensare a come sarebbe stato meglio avvisare i genitori di Luhan dell'accaduto. Non poteva prevedere quale sarebbe stata la loro reazione, ma di sicuro sarebbero rimasti a sconvolti da una notizia del genere. Soprattutto se a dargliela era il fidanzato di loro figlio, del quale, probabilmente, non conoscevano nemmeno l'esistenza. Sehun non era nemmeno sicuro che sapessero dell'orientamento sessuale del figlio. Forse era meglio presentarsi come un'amico. Poi, magari, voleva essere Luhan a dirgli della loro relazione.

Alzato dal letto, si fece una doccia veloce, poi si vestì. Non curò nemmeno l'abbinamento tra pantaloni e maglietta, e prese una felpa grigia a caso dall'armadio.
Neanche questa mattina perse tempo a prepararsi la colazione, visto che tanto era da giorni che sentiva come un nodo alla bocca dello stomaco e mangiava solo quando era indispensabile. Da quando Luhan era in ospedale, lui non aveva ancora fatto un pasto decente e a volte gli capitava che la testa gli girasse per la mancanza di energie. Ma comunque si ostinava a non mangiare molto, anche perché sentiva che se l'avesse fatto avrebbe poi rigettato tutto.
Quindi uscì di casa, portandosi dietro solo il giubbotto e un pacchetto di salatini da sgranocchiare di tanto in tanto.

Arrivato in ospedale, sempre con la sua moto, prese già un caffè dalla macchinetta in sala d'attesa, per non dover scendere dopo.

Quando entrò nella stanza, Luhan era ancora lì, immobile, ancora incosciente.
— Ciao — lo salutò ugualmente — Ti sono mancato? — domandò, ironico, non senza una nota di amarezza — Perché te lo sto chiedendo? Non sai neanche che sono qui. —

— Tu sì, mi manchi — si rispose da solo, dopo qualche secondo di silenzio.

— Oggi non posso stare qui tutto il giorno: ieri mio padre mi ha mandato un messaggio dicendomi che sarebbe tornato prima, quindi devo andare a prenderlo in stazione — gli spiegò — Gli ho raccontato cosa ti è successo e ha deciso di tornare per occuparsi del negozio al posto mio, così io intanto posso rimanere con te. —

— È gentile, vero? — continuò, dopo un'altro silenzio.

— Tu non mi hai mai detto nulla riguardo ai tuoi genitori. Forse perché ci conosciamo da poco. E, a proposito, non ti sembra strano? Che ci conosciamo da meno di un mese e lo abbiamo già fatto due volte. Beh, tre, in realtà — rise, cercando di scacciare dalla mente il desiderio irrealizzabile di più poterlo baciare, proprio lì, in quel momento, se solo lui fosse stato sveglio.

— Non penso di averti mai raccontato la prima volta in cui ti ho visto — notò — È stato prima che ci conoscessimo. Stavi entrando all'Heaven Café ma quando ho trovato il coraggio per venirti a parlare, tu te n'eri già andato. E beh, poi il resto della storia lo sai. Non pensavo sarei riuscito a rincontrarti — sorrise, tra sé e sé.

— Non credo esistano davvero cose come l'amore a prima vista o il colpo di fulmine — continuò — ma tu sei l'eccezione che conferma la regola, suppongo. Non saprei in quale altro modo spiegarlo, altrimenti — si sforzò di sorridere ancora — È ridicolo, vero? —

Restò lì fino alle due, fino a quando non suonò la sveglia che aveva impostato per ricordarsi di andare.

— Beh, ci vediamo domani — lo salutò, prima di lasciare la stanza e, successivamente, la struttura ospedaliera.

Doveva fare in fretta, visto che mancava mezz'ora all'arrivo del treno di suo padre e lui doveva ancora tornare a casa a prendere l'auto, perché non poteva farlo salire sulla moto insieme alle valigie.

Arrivato finalmente in stazione con la Kia di suo padre, non dovette aspettare molto prima dell'arrivo del treno, e riconobbe l'uomo tra la moltitudine di persone che si apprestavano ad uscire o entrare nel convoglio.
Il signor Oh, il cui nome era Seunggin, gli stava venendo in contro, con il suo trolley rosso al seguito.
Non appena gli fu davanti, l'uomo lo abbracciò, senza dire nulla. Non c'erano bisogno di parole, quel gesto parlava da sé. Diceva "So che è difficile, ma andrà tutto bene".

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