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15th october
10:28 pm

Finalmente, dopo più di due ore, il medico con cui aveva parlato prima arrivò dal corridoio a destra dell'accettazione e si dirigeva verso la sua direzione, tenendo la solita cartella in mano.
— L'operazione è andata a buon fine, siamo riusciti a fermare l'emorragia interna nel basso ventre e ora le sue condizioni sono stabili — in quel momento, quelle furono le parole più belle che avesse mai sentito.

— Posso vederlo? — azzardò.

— Stanza 215, al secondo piano. Ha solo cinque minuti a disposizione perché ora non sarebbe già più orario di visita, in realtà. L'ascensore e in fondo al corridoio a sinistra — indicò con il braccio oltre la sala d'attesa.

— Grazie — non perse tempo, andò verso l'ascensore e salì al secondo piano.
Quando le porte metalliche si aprirono nuovamente, si ritrovò davanti un corridoio, uguale a quello del piano terra, sul quale si affacciavano un'infinita serie di porte tutte identiche. Dal soffitto sopra uno svincolo pendeva un cartello che indicava sempre dritto le stanze dalla 200 alla 220, quindi proseguì in quella direzione, prestando attenzione ai numeri delle stanze scritti su cartellini di plastica sul muro accanto all'ingresso di ognuna di esse.

Si fermò sulla soglia della 215, che era sul lato sinistro del corridoio, cercando il coraggio di entrare. Il cuore gli palpitava velocemente; a separarlo da Luhan c'era solo una porta, e lui non sapeva cosa avrebbe trovato dall'altra parte. Ma gli sarebbe stato accanto nonostante tutto, non lo avrebbe mai lasciato solo, soprattutto in momenti difficili come questi.
Quindi, dopo aver preso un profondo respiro, girò la maniglia e si ritrovò in una camera completamente bianca. I muri, le tende alla finestra, le lenzuola del letto appoggiato contro la parete difronte a lui; tutto in quella stanza era candido come se ci avesse appena nevicato dentro. Pure Luhan, steso sul letto, la cui pelle sembrava mimetizzarsi perfettamente con le coperte. Non l'aveva mai visto così pallido, nonostante la pelle del maggiore fosse sempre stata lattea.

Gli si avvicinò, prendendo una sedia accanto all'entrata e portandola a lato della brandina, poi si sedette.
Luhan sembrava così fragile che aveva paura a toccarlo, ma prese comunque la sua mano, stesa sul letto lungo il fianco, fuori dal lenzuolo.
Era fredda, praticamente ghiacciata. Sulla parte interna del gomito, dello stesso braccio, c'era attacco un tubicino di gomma che lo collegava ad una sacca trasparente piena di sangue rosso scarlatto - che era probabilmente l'unica nota di colore all'interno di quelle quattro mura - appesa ad un bastone di metallo, dietro alla sedia di Sehun.
Aveva un altro tubo sotto le narici, che lo aiutava a respirare, e una macchina, posta dall'altra parte del letto rispetto al ragazzo moro, registrava i suoi battiti, disegnandoli come una riga verde sullo schermo nero. L'unico rumore che si sentiva erano i beep del cardiogramma.
C'era almeno un secondo tra un battito e l'altro, e ogni volta aveva paura che dopo quel secondo succedesse poi quel rumore sordo e continuo che sentiva spesso nei film.

Passò i cinque minuti che aveva a disposizione a guardarlo, privo di coscienza. Gli aveva accarezzato una guancia, solo per sentire che anch'essa era fredda come le mani. Se il cardiogramma non affermasse il contrario, avrebbe potuto pensare che fosse già morto.
Si sentiva il responsabile di tutto, anche se avrebbe voluto dare la colpa a Jongin, sapeva benissimo che era sua - o almeno, questo era quello che si ripeteva da quasi tre ore. Si sentiva in colpa per non essere riuscito a spiegargli che non doveva preoccuparsi, per non aver corso più in fretta solo per paura di cadere dalle scale, ma, più di ogni altra cosa, per non essere riuscito ad afferrare la sua mano e fermarlo. Avrebbe potuto fare uno scatto e spingerlo via, qualsiasi cosa pur di aiutarlo, ma era rimasto fermo. Non aveva avuto la forza di agire perché non aveva pensato abbastanza velocemente. Era rimasto lì a guardare, senza avere la minima idea di cosa fare, se non quando era già troppo tardi. Si sentiva inutile.
Si ripeteva che Luhan era la cosa più preziosa per lui, ma alla fine non era riuscito ad averne abbastanza cura.

Un'infermiera bussò sulla porta già aperta, ricordandogli che il tempo era scaduto. Allora, come ultima cosa, lasciò un bacio sulla fronte di Luhan, scostandogli i capelli, ancora un po' umidi dalla pioggia, e osservando rassegnato come l'altro ragazzo non reagiva minimamente al contatto.
Lanciò un'ultima veloce occhiata al maggiore, una volta che fu sulla soglia dell'uscio, poi se ne andò, accompagnato da un'enorme sensazione di vuoto dentro, che avrebbe potuto ricolmare solo stringendo Luhan a sé.

Aspettò sotto la tettoia all'entrata il taxi che l'infermiera aveva chiamato per lui, e tornò a casa che era già mezzanotte.

Sull'asfalto davanti al condominio c'erano ancora i segni delle ruote che aveva lasciato l'auto quando aveva frenato, e di nuovo quella sensazione di sconforto si faceva strada dentro di lui.

Evitò di passare dalle scale e prese l'ascensore perché, oltre ad essere troppo stanco per fare anche un solo gradino, non voleva rivedere la scena di Luhan che correva, appena prima che la macchina lo investisse.

Sul pianerottolo, davanti alla porta del suo appartamento - che per fortuna aveva lasciato di nuovo aperta, visto che non aveva preso le chiavi - c'era lo zaino di Luhan. Probabilmente lo aveva lasciato per terra quando era corso via.
Lo raccolse ed entrò in casa, questa volta assicurandosi di aver chiuso la porta.
Appena dentro, Vivi venne subito a salutarlo e ad annusargli le scarpe, ma non aveva nessuna voglia di giocare con il suo cane, in quel momento, quindi lo ignorò, semplicemente.
Guardò Jongin sul divano, che stava già dormendo. Probabilmente non si era accorto di ciò che era successo, vista la sbornia. E anche se fosse, di sicuro non se lo sarebbe ricordato una volta sveglio.

Andò in camera sua, portando con sé lo zaino di Luhan. Con cura, tirò fuori il contenuto di quest'ultimo e lo dispose ordinatamente sul letto. Il castano vi aveva stipato dentro tutto il necessario per il loro weekend: c'era il pigiama, spazzolino da denti e dentifricio più altre due tenute per gli altri giorni, calze e intanto compresi. In una tasca interna aveva trovato anche il cellulare e il caricabatterie.

Aveva in mente mille cose da fare, in quei due giorni. Avrebbe voluto portarlo al karaoke, perché voleva ascoltare la voce di Luhan da quando il maggiore, durante una pausa pranzo insieme, gli aveva confidato di saper cantare. Subito aveva fatto il modesto dicendo che non era poi così bravo, ma Sehun era sicuro che lo fosse. Poi sarebbero andati al cinema. Nel periodo autunnale uscivano sempre tanti film, quindi era certo che avrebbero trovato qualcosa da vedere. Infine, sarebbero tornati a casa. Avrebbero ordinato una pizza, mangiandola comodamente sul divano.
Ma ora tutto ciò gli sembrava solo un'utopia lontana, e sarebbe passato molto tempo prima che potessero tornare ad essere così felici.

Con le stesse attenzioni di prima, rimise a posto le cose di Luhan, tenendo solo una maglietta, che appoggiò sul letto accanto a lui, così da sentirlo vocino, in qualche modo. Per lo meno, da quell'indumento poteva sentire un po' del suo profumo.
Ovviamente questo non gli bastava, ma al momento era il meglio che poteva permettersi.
E si addormentò così, con le lacrime che minacciavano di uscire nuovamente e la consapevolezza che, il giorno seguente, la mancanza dell'altro ragazzo sarebbe solo che peggiorata.

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hum
stranamente non ho
niente da dire .-.

penso che inizierò a pubblicare magari più spesso, visto che ho già finito di scrivere la storia

bye

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