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16th october
2:48 pm

Chiuse la porta, cercando di non farla sbattere, poi andò a prenotare l'ascensore schiacciando il pulsante. Dovette aspettare un po' prima trovarlo libero e potervici salire perché a quell'ora all'ospedale c'erano più visite per i pazienti.
Nel mentre che era rimasto nella stanza di Luhan, il cielo si era schiarito e ora era quasi sereno.
Camminò per le varie vie e stradine, pur sempre rimanendo nei pressi dell'ospedale. Dopodiché si fermò in un piccolo bar, dove si fece preparare velocemente un panino con prosciutto crudo, pomodori e lattuga, che mangiò mentre continuava il suo percorso. Non aveva voglia di restare a mangiarlo lì, perché ciò avrebbe comportato stare in mezzo ad altre persone, e in quel momento era l'unica cosa che voleva. Preferiva camminare da solo, lontano da tutti, soprattutto dagli sguardi carichi di giudizio della gente.

Lungo la strada del ritorno, notò un negozio di un fiorista e vi entrò, deciso a comprare qualcosa per portare un po' di colore nella camera spoglia del castano.
Alla fine ne uscì con un mazzo di girasoli e un vaso in cui metterli.
Non erano dei fiori presi a caso: per lui avevano un significato. Da quando Luhan era entrato nella sua vita, con il suo splendido sorriso e i suoi occhi da cerbiatto, era diventato il suo raggio di sole, e Sehun aveva occhi solo per lui. Proprio come un girasole guarda quell'astro luminoso in cielo, lui guardava Luhan, ed era la vista più bella che potesse esserci.

Tornò in ospedale che era passata circa un'ora.
— Mi dispiace, sono in ritardo — si scusò, entrando nella stanza e chiudendo la porta alle sue spalle — Ma ti ho portato questi per farmi perdonare — gli mostrò il mazzo di girasoli.

— Non so quali siano i tuoi fiori preferiti, ma spero ti piacciano ugualmente — gli disse, mentre li sistemava sul comodino tra il letto e l'apparecchio del cardiogramma, che continuava a registrare il battito del cinese emettendo ogni volta un "beep".

— Spero tu ti possa svegliare prima che appassiscano — sussurrò — Ma sono sicuro di sì — si confortò da solo, cercando di sorridere.

— Ah, giusto! — prese di nuovo il vaso con i fiori che aveva appena sistemato — Ho dimenticato l'acqua — spiegò, come sempre, a qualcuno che non poteva sentirlo, e si diresse verso il piccolo bagno di cui era dotata ogni stanza dell'edificio. Dopo aver riempito il vaso di almeno una spanna d'acqua, lo posizionò nuovamente sul piano.

Allora rimase ancora una volta in silenzio, seduto sulla solita sedia, almeno fino alle quattro del pomeriggio, quando sentì qualcuno bussare alla porta. Quindi si alzò per andare ad aprire e si trovò davanti Jongin che, prima di dire qualsiasi cosa, lo abbracciò.

— I-io... Sehun, davvero, mi dispiace. Sono venuto appena l'ho saputo. —

Con lui c'era anche Kyungsoo, il barista, che era rimasto fuori, sulla soglia. Era insolito vederli insieme, ma Sehun decise di non fare domande. Anzi, non disse proprio nulla, anche perché non aveva trovato altre parole se non un "grazie" mormorato.

— Come sta ora? — continuò Jongin.

— Hanno detto che dovrebbe riprendersi in qualche giorno — rispose, con rassegnazione.

— Ma cos'è successo esattamente? — azzardò il maggiore tra i due, con voce bassa.

— N-non lo so... Stavamo litigando e nessuno dei due ha visto l'auto che stava arrivando — rispose il moro, cercando di ricacciare indietro le lacrime, che provavano ad uscire per l'ennesima volta.

Jongin, dopo aver ascoltato quelle parole, rimase un attimo in silenzio.
— È colpa mia, vero? — chiese, infine, con il tono più serio e triste che Sehun gli avesse mai sentito usare. Era evidente che le sue responsabilità in questa storia lo stavano logorando.

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