Protettore

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Mi svegliai lentamente e mi misi seduta sul lettino malconcio sul quale ero. Il luogo in cui mi trovavo doveva essere presumibilmente l'infermiera tuttavia mi pareva una stanza da prigionia che il contrario. Un dolore lancinante mi punse il capo facendomi avere un capogiro, toccai il punto dolente e notai che la pelle era abbastanza gonfia. Dovevo aver picchiato accidentalmente la testa sul pavimento nel cadere. Ripercorsi con la mente ciò che era successo precedentemente. Un ricordo mi percosse la mente facendomi sentire vuota. Non volevo pensare, perché più pensavo più volevo fare qualcosa a riguardo. Mi guardai attorno. La stanza era vuota, il lettino sul quale ero distesa era accanto ad un tavolo su cui erano disposte in ordine casuale alcune forbici, pinze e vari manici. Un brivido mi percosse il corpo facendomi sobbalzare. Vari medicinali erano disposti con noncuranza su dei ripiani, sotto di essi in alcuni scaffali erano presenti garze, compresse ed aghi di varie grandezze. Come poteva essere definita un infermeria un luogo in cui erano presenti tali oggetti? Immersa nei miei pensieri per poco non sentii la porta aprirsi. Mi stesi sul lettino come precedentemente portandomi le lenzuola sopra al viso in modo da coprirmi tutto il corpo pensando alle poche probabilità che questo gesto avrebbe potuto salvarmi. Un individuo di statura abbastanza alta si avvicinò verso il lettino. "Sir, es war nicht weggenommen diesem schmutzigen Juden" l' uomo mi puntò un dito contro con uno sguardo disgustato aspettando la risposta del suo superiore il quale rispose con un risolino isterico: "Nehmen Sie es an der Verbrennungsanlage heute Abend jetzt warten wir haben andere Patienten zu besuchen". Mi trattenni dall' alzarmi e insultarli per quelle parole vomitevoli ma restai ferma seppure paonazza dalla rabbia. Poco dopo ne entrarono altri due seguiti da una barella con sopra un ragazzo al quale era stato appena amputato l' avanbraccio. Incredula li intravidi uscire dalla stanza con un sorriso assassino sul viso. Appena uscirono mi alzai di scatto e notai che ero in un bagno di sudore, un incubo dal quale volevo svegliarmi il più presto possibile. Mi alzai, seppure le gambe mi stavano tradendo e corsi verso il ragazzo il quale dormiva con un' aria sollevata che presumevo causata dai vari farmaci ingeriti o somministrati. Appena vidi che il ragazzo si stava per svegliare mi avvicinai a lui cautamente nell' intento di non spaventarlo. "Ehi"
Sussurrai appena notai che due occhi mi stavano osservando.
"Dove mi trovo?"
Disse il ragazzo. lo guardai compassionevolmente.
"Sei nell' infermiera femminile del campo"
Si guardò attorno con un'aria disorientata "Non sembra molto un luogo con tale scopo".
Ridacchiò sotto voce quella frase, quanto poteva essere docile quella creatura? Ero dispiaciuta per quello che aveva passato e che tuttora stava passando...lo guardai negli occhi trattenendo le lacrime il più che potevo.
"Dimmi...come ti chiami?"
"Alexander"
"Che bel nome...vuoi sapere la storia del tuo nome?"
"Si!"
Squittò lui felice.
"Alexander deriva dal greco e significa protettore. Quando Alessandro il Grande era diretto in Persia passò attraverso Gerusalemme  e mostrò gran rispetto verso il Sommo Sacerdote, Shimon. Così decise di risparmiare Gerusalemme ed il Sacro Tempio a differenza delle altre capitali che aveva conquistato. Alexander, dopo l' accaduto, fu adottato come nome ebraico."
"Come fai a sapere tutte queste cose?"
"È soltanto curiosità"
Mi guardò e iniziò a ridere, lo seguii poco dopo.
"Quanti anni hai Alexander?"
Si mosse un po' sulla barella cercando di mostrami le mani in modo da fare il calcolo con le dita per farmelo comprendere maggiormente. Si fermò paurosamente tremando...aveva gli occhi vuoti.
"Dove è...?"
Lo guardai dispiaciuta e le lacrime mi iniziarono a scendere inconsciamente.
"Mi spiace..."
Riuscii a dire solo quelle due parole. Continuò a farneticare parole senza senso e a dimenarsi sulla barella.
"Liberami!"
Urlò quella parola continuamente seppure ero lì...di fianco a lui.
"Calmati...lo faccio ora"
Andai a prendere le forbici che c'erano sul tavolo e tagliai le cinghie in pelle che lo tenevano saldo.
"Fatto"
Si alzò rapidamente e iniziò ad urlare cadendo a terra con le ginocchia.
"Io...io"
"Mi dispiace..."
Lo strinsi a me più che potevo per rassicurarlo ma ottenni l'effetto opposto.
"TI DISPIACE?!"
Si alzò e mi guardò dall'alto in basso.
"NON SEI TU QUELLA CHE HA PERSO UNA MANO!"
"Lo so..."
Lo guardai con aria sconfitta.
"Mi dispiace..."
Non sapevo cosa dire. Volevo dirgli che era apposto, che c'era qualcosa che si poteva fare...ma di quelle parole non ero convita nemmeno io. Mi alzai e gli presi il viso fra le mani.
"Calmati ti prego..."
Cadde tra le mie braccia tremando e piangendo. Lo strinsi a me in un abbraccio. Mi tornò in mente mia madre, il funerale di mio padre, lei che mi abbracciava e respirava affannosamente sulla mia pelle accaldata, gli occhi gonfi, le mie urla...un sentimento ormai svanito. Appena sentii che il pianto era cessato mi staccai dall' abbraccio e gli accarezzai la testa.
"Risolveremo tutto, c'è qualcosa che potremmo fare lo so..."
Sapevo di mentire a lui, a me stessa...ma non volevo abbandonarlo a se stesso e ai suoi pensieri. Fece un cenno di assenso e io feci un sospiro sollevato.
Te lo prometto...farò qualcosa. Ma che cosa?
Notai che l'ora era ormai tarda. Guardai Alexander e gli sorridi.
"Devo andare, promettimi che starai bene..."
Lui mi guardò con uno sguardo ferito sul volto.
"Ci rivedremo?"
"Si. Sta tranquillo"
"Il tuo nome?"
"Cosa?"
"Non mi hai detto come ti chiami"
Mi sorrise teneramente
"Rachel...mi chiamo Rachel"
Lo salutai con un ultimo abbraccio e andai verso la porta. La aprii cautamente e notai che non c'era nessuna guardia.
"Ora..."
Sussurrai. Uscii rapidamente fuori dall'infermeria e corsi velocemente verso la baracca alla ricerca di Ariele, sperando che nessuno mi vedesse.
Ci rincontreremo...stammi bene Alexander.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 11, 2017 ⏰

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Tenebre bianche               -Auschwitz-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora