Capitolo 8 - Feeling

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Quando arrivammo a Milwaukee, Ally si era addormentata e teneva la testa poggiata al finestrino, beandosi dei flebili raggi di sole che, di tanto in tanto, spuntavano dal cielo coperto di nubi. Qualcuno una volta ha detto che capisci di amare una persona, quando potresti rimanere a guardarla mentre dorme per tutta la notte; ebbene nonostante fossero soltanto le undici meno un quarto, io sarei potuto rimanere in quella macchina per il resto della mia vita, ad osservare il respiro regolare, i suoi ricci biondi e l'ombra che le ciglia facevano sotto gli occhi. Avevamo ancora tantissime cose da recuperare e altrettante su cui fare chiarezza ma in quel momento, io ero felice.

Non avrei mai voluto interrompere quel momento di pace, non avrei voluto metter fine al suo sonno ma Samaire ci aveva dato indicazioni precise e non volevo certo scatenare la sua ira: una donna che sta per sposarsi sa diventare pericolosa, se non ottiene quello che vuole. Così, nonostante mi piangesse il cuore, allungai una mano e scossi Ally delicatamente, fino a che non aprì piano gli occhi.
- Buongiono principessa! – Scherzai.
- Santo Cielo, ma dove siamo?
- Milwaukee, benvenuta nella Città dei Festival!
- Ho dormito per tutto il tragitto?
Sorrisi, di fronte al suo tentativo di togliere eventuali tracce di trucco colato sotto agli occhi e sistemarsi i capelli.
- Beh, diciamo che se mai dovessi decidere di attraversare il Paese in macchina, non ti sceglierei come compagnia, ecco.
Mentii ovviamente. Sarei partito con lei subito, avrei guidato in silenzio da una parte all'altra del continente e sarei stato felice ma era divertente vedere la sua faccia scioccata per quel sonnellino che si era concessa.
- Dio, che disastro! – Disse, commentando l'aspetto dei suoi capelli ancora una volta – Mi dispiace non essere stata di compagnia, Adrien ha pianto tutta la notte e mi sono svegliata presto e.... –
- E non c'è bisogno che ti giustifichi. Non sono un chiacchierone, non mi dispiace guidare in silenzio.
- Giusto. Tu sei quello che sta zitto e osserva.
- E tu quella che invece non riesce proprio a tenere a freno la lingua.
Ally mi osservò, come se non si aspettasse quella risposta. Ero tornato con la coda fra le gambe ma non avevo intenzione di lasciarle dire tutto quello che voleva. Tra noi era sempre andata così: lei partiva in quarta e io le tenevo testa; era stato così sin dal primo incontro, quando avevo provato a sistemarle la camera seguendo il feng-shui.
- Sarà meglio andare. – Commentò alla fine, scendendo dall'auto. Mi lasciai sfuggire un sorriso, perché tutto sommato ero certo che non le dispiaceva battibeccare con me.
Il negozio di falegnameria dell'amico di Adam era appena fuori il centro città e quando arrivammo, a darci il benvenuto apparve un omone sulla cinquantina, con una tuta da lavoro blu e una camicia a quadri. La sua faccia era paffuta, con la bocca coperta di baffi. Dovetti trattenere una risata, perché lui sembrava Super Mario e Ally, la principessa Daisy. Ovviamente a lei non sfuggì il mio risolino e si fermò a chiedermi che cosa mi prendesse:
- Niente, sembra soltanto di essere in un videogioco.
- Smettila subito! – Rise lei, intuendo a cosa mi riferivo.
Era bello stare con lei in quel modo. Eravamo molto più rilassati rispetto a quattro anni prima e sebbene non avevo idea di dove saremmo andati a finire, sentivo che stava crescendo di nuovo una certa fiducia tra noi e che forse, quelle ceneri andavano soltanto un po' mosse, sotto ardeva ancora una fiamma che dovevo alimentare.
- Buongiorno, cerchiamo Sonnie. – Disse lei poco dopo.
- Tu devi essere Allison.
- Esatto, sono la sorella di Samaire.
- Oh, lo so. Adam mi ha parlato tantissimo di te. E lui è il tuo fidanzato Colin, giusto?
- Oh no...
- Sì, sono Colin. Ma non sono il suo fidanzato. Non più almeno.
- Ah, va bene, Adam mi aveva detto il contrario ma non è affar mio. Dovete ritirare il gazebo, giusto?
- Sì, esatto e abbiamo anche fretta di tornare a casa. – Aggiunse Ally, forse infastidita dall'ultimo scambio di battute con Sonnie.
Fu in quel momento che l'omone inarcò le sue sopracciglia e poi scoppiò in una risata fragorosa, tanto che pensai che si sarebbe mangiato Ally in un sol boccone subito dopo. Sembrava l'orco di Pollicino!
- Scusami dolcezza ma questa è davvero bella. Il gazebo non è ancora finito. Oh, mi manca poco, eh. Solo che devo finire di intagliare le decorazioni e assemblare l'arco, dopo di che sarà tutto vostro.
- Ma sta scherzando?! – La voce acuta di Ally mi fece capire che forse non era il caso di lasciarla continuare, era evidente che stava perdendo la calma ed ero certo che avrebbe preso a morsi Sonnie se avesse continuato ad infierire. Dovevo intervenire:
- Per che ora pensa che possiamo passare, allora?
Sonnie diede una sbirciatina all'orologio, poi si guardò intorno all'interno del laboratorio e infine tornò a concentrarsi su noi due.
- Passate subito dopo pranzo. Ho altre cose da fare ma possono aspettare.
- Bene, allora noi andiamo a farci un giro. Ti va? – chiesi ad una Ally furibonda. Evidentemente non era poi così contenta di dover aspettare ancora insieme a me.
- Ho altra scelta?


Camminammo per qualche minuto in assoluto silenzio; decisi che non era il caso di farle domande o cercare di trovare un argomento di conversazione ma sarebbe stato più saggio aspettare che sbollisse il nervoso. Nel frattempo pensai a Stevie e a quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva visto i Wildcats vincere, sentendosi in cima al mondo. Dal campionato di Stato che avevamo vinto quattro anni prima, la bacheca dei ragazzi non si era più riempita e potevo comprendere quale fosse la frustrazione di un allenatore arrivato ormai a fine carriera. Sapevo che i ragazzi che avevano sostituito me, Duncan e Nigel non si erano rivelati all'altezza ma in quel momento pensai che forse avrei dovuto capire fino a che punto non potevano essere dei giocatori Wildcats. In fondo, se erano entrati in squadra, probabilmente il coach aveva visto delle doti in loro, quindi sicuramente c'era qualcosa che non andava. In quel momento, decisi che avrei scoperto di cosa si trattava.
- Un penny per i tuoi pensieri.
Ally interruppe il flusso della mia mente e io mi ritrovai a sorriderle e a scusarmi per non averle rivolto la parola da quando ci eravamo allontanati dalla falegnameria.
- Pensavo ai Wildcats.
- Hai saputo che i loro risultati in campionato non sono poi così buoni?
- Ho saputo anche che sono in un mare di guai, veramente.
- Giusto, perché voi non siete mai soltanto una squadra di basket.
- Ally, per una volta pensi di poter evitare di essere così antipatica quando si tratta dei ragazzi?
Si fermò, sparandomi quegli occhi chiari dritti sulla faccia.
- E' davvero curioso che tu me lo chieda. Ma d'altronde, io e te abbiamo rotto anche perché non riuscivi a chiuderli fuori dalla tua vita, quindi non posso certo aspettarmi qualcosa di diverso adesso.
Scossi la testa, deciso. Quella non era la verità, o meglio: non era soltanto per quel motivo e non avevo intenzione di passare per quello che se ne era fregato di noi due pensando soltanto ai Wildcats.
- Ah, davvero? E io che pensavo che avessimo rotto perché tu all'improvviso hai deciso di andartene a Chicago senza dirmi niente!
- Certo, perché tu non sapevi nemmeno cosa stesse succedendo nella mia vita in quel periodo, troppo preso a scappare da sparatorie e traffici illeciti.
Mi guardai intorno e notai che un po' di gente sul marciapiede si era fermata a guardarci.
- Parla piano, Ally.
- Non ho intenzione di continuare a discutere di questo, non temere. – Disse e riprese a camminare.
- No! No, invece. Adesso ne parliamo, si può dire che sono tornato apposta per questo! – Le fui dietro in un istante ma lei non era più intenzionata a fare conversazione.
- Ascolta, - tentai ancora – so di aver fatto un sacco di errori, in quel periodo. E so anche di averti fatto male, lasciandoti andare via col cuore spezzato. Ma ti assicuro che non passa giorno che non mi penta di come ho gestito la nostra storia.
- E' un po' tardi adesso.
- No. Non è tardi se davvero tu provi ancora qualcosa per me.
- Mi sto per sposare, Colin.
In quel momento, il cellulare prese a squillare e Erin lampeggiò sullo schermo, col suo bel sorriso da PR e gli occhi da cerbiatta. Maledissi di non averlo lasciato spento.
- Devo rispondere. – Dissi soltanto e poi mi allontanai di qualche passo, mentre Ally si sedeva su una panchina.
- Ehi, come stai?
- Straniero! Non ti fai mai sentire tu, eh?
- Hai ragione, Erin. Scusami ma sono un po' indaffarato. Una mia cara amica si sposa e sto dando una mano con i preparativi.
- Sei sicuro che sia tutto a posto? Hai la voce stanca.
- Va tutto bene. Sono fuori città al momento, forse è per quello che sono un po' stanco ma sto bene. – Mentii ma non potevo certo dirle che mi aveva interrotto nel bel mezzo di una discussione con Ally, l'amore della mia vita. Erin era all'oscuro di tutto, perché nonostante fosse la mia ragazza da due anni, non le avevo mai parlato del mio passato a Madison, né di Ally. Era da vigliacchi ma non avevo ritenuto importante metterla al corrente della mia vita prima di Chicago, perché fondamentalmente sapevo che lei non sarebbe stata importante. Non avevo idea di quanto sarebbe durata fra noi, quindi perché mettersi a spiegare che avevo lasciato i miei amici, la mia famiglia e il mio amore?
- E quando pensi di tornare?
- Non lo so ancora.
- Bene, perché pensavo che magari potrei venire io. Mi piacerebbe vedere Madison, non ci sono mai stata e poi così conoscerei anchei tuoi amici e tua sorella.
- Possiamo riparlarne, Erin? Devo andare a ritirare un gazebo di legno per la cerimonia e ti assicuro che è molto pesante. – Provai a sorridere, sperando che si accorgesse della mia finta voglia di scherzare.
- E va bene, ma solo perché c'è un matrimonio di mezzo. Sto dalla parte della sposa.
- Glielo farò presente. Ci sentiamo presto.
- Ciao, straniero.
Chiusi la comunicazione e con un umore decisamente appesantito, tornai da Ally, che nel frattempo se ne stava sulla panchina a godersi il panorama.
- Scusa, era importante.
- Lei chi è?
- Erin. Stiamo insieme da un po'.
Ally emise un risolino ironico e io sapevo che quella confessione mi avrebbe dato la zappa sui piedi.
- E tu vieni a dirmi che tra noi potrebbe esserci ancora qualcosa?
La guardai e per un attimo pensai che era arrivato il momento di vuotare il sacco una volta per tutte; dovevo dirle tutto quello che in quei quattro anni avevo accumulato nel mio cuore e tenuto per me, avrebbe dovuto capire che non era stato facile nemmeno per me, sopravvivere senza amore.
- Sto con Erin ma non ho detto di esserne innamorato. Non so se ti hanno detto che si può anche star bene con una persona senza necessariamente esserne coinvolto. Con tutto il rispetto, Ally, non sei l'unica ad essere stata male dopo la fine della nostra storia. Erin ha raccolto i cocci senza neanche sapere cosa mi fosse successo. È stata paziente quando l'unica cosa da fare era prendermi a schiaffi perché non facevo che pensare a te e non ha mai fatto domande. Sa che non sto dando il cento per cento alla nostra storia e non mi chiede comunque niente in cambio. E io non ho mai cercato di chiuderla per due motivi: il primo è che sono un vigliacco ma questo lo sai bene, e ho pensato che se non avessi trovato il modo di farti tornare nella mia vita almeno non sarei stato da solo e il secondo è che da quando la nostra storia è finita, ci penso mille volte prima di fare gratuitamente del male a qualcuno.
Parlai con decisione, senza darle la possibilità di interrompermi. Vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime e poi velarsi di rabbia, la vidi accasciarsi sopraffatta dalla tenerezza fino a che non tornò completamente normale e riprese a parlare.
- Come abbiamo fatto a ridurci così?
- Non lo so, ma sono certo di poter rimediare.
- Io sono innamorata di Jordan, Colin. Per me il processo è stato più difficile, ho dovuto elaborare un lutto. E Jordan è stato paziente proprio come Erin, solo che a differenza tua, per sopravvivere ho ricominciato a respirare. Non ho smesso di credere nell'amore e stare da sola non mi ha mai fatto paura. Mi mancavi ogni dannato giorno per i primi due anni, Cameron ha fatto l'impossibile per farmi uscire fuori da quel tunnel odioso che ti vedeva sempre al centro dei miei pensieri. Ad un certo punto però, sono stata così tanto male da decidere di rialzarmi. È una cosa che so fare molto bene, perché ho dovuto farla più volte nella mia vita. Prima con mio padre, poi con la danza e infine con te. Non sei stato l'ultimo dolore della mia vita, anzi ce ne sono ancora molti altri che mi stanno facendo capire che devo andare avanti. E per andare avanti, Colin, ho bisogno di una persona accanto a me che sia forte e decisa, che voglia stare con me sempre.
- E non pensi che possa essere io, quella persona?
Ally sorrise, senza amarezze: un sorriso dolce, come ne faceva spesso quando era serena.
- L'ho sperato per tanto tempo. Forse una parte piccolissima di me lo spera ancora ma non vedo come potrebbe esserlo, se non hai nemmeno mai avuto il coraggio di parlare di me alla tua fidanzata.
- Io, al contrario di te, devo ancora fare molta strada per crescere.
- Hai quasi trent'anni, Colin. Come puoi ancora nasconderti di fronte alle difficoltà della vita?
- Come ho sempre fatto. Mi volto dall'altra parte e faccio finta che non esitano. È così anche adesso.
- Che vuoi dire?
- Stevie mi ha chiesto di allenare i Wildcats assieme a Duncan. So per certo che sarebbe una scelta sensata, non soltanto per le partite in campo ma perché potrei insegnare qualcosa a quei ragazzi.
- E perché non hai accettato, allora?
- Perché ho paura. – Nell'attimo esatto in cui ammisi quella verità, qualcosa nel mio stomaco si sciolse e le mani presero a tremare. Non avrei mai ammesso quella fragilità prima di quel momento e forse, il processo di crescita era già iniziato senza che io me ne rendessi conto.
- So bene che significa.
- Tu? Ma se sei andata avanti come un treno. Da quel che so hai avuto una brillante carriera come regista di musical e anche se non hai fatto la prima ballerina come avresti voluto, sei comunque arrivata a Broadway e per giunta, con il cuore spezzato.
- Sono due anni che non ho un lavoro, Colin.
Qualcosa mi disse che non ero il solo in vena di confessioni. Non mi aspettavo di sentire quelle parole, mi ero fatto l'idea che Ally fosse una tipa tosta e che sarebbe andata avanti nonostante tutto ma evidentemente, ancora una volta, mi ero fermato a guardare in superficie.
- E' per questo che sei tornata qui?
- Anche ma non solo. Sono tornata soprattutto per Samaire. Ha bisogno di me e con il piccolo Adrien c'è sempre molto da fare. Per un paio di mesi, all'inizio dell'anno, ho dato una mano a Francy e ti giuro, mi veniva da piangere ogni giorno ad entrare lì dentro e sapere che tu non saresti mai passato per quella porta. Cameron è a Chicago ed è felice e non potevo certo obbligarlo a tornare. Francy poi aveva anche assunto dei nuovi ragazzi e non me la sono sentita di farle pagare tre stipendi. Così ho mollato e ora sono felicemente disoccupata.
- Ma ci sarà qualcosa che vuoi fare, no?
- Oh sì!
Sorrisi; l'entusiasmo nei suoi occhi mi fece intendere che era un progetto ambizioso.
- Sarebbe?
- Vorrei tanto aprire una scuola di danza tutta mia. Quando sono andata alla Coppelia School Dance, a Chicago, ho preso l'abilitazione all'insegnamento delle discipline sportive e da allora sogno di poter avere una scuola tutta mia. Poi è arrivato Broadway e sono stata a New York vivendo un'esperienza bellissima, due anni davvero intensi. Solo che i contratti finiscono e i sogni vanno riposti nel cassetto, quando la vita vera bussa alla tua porta.
Fece spallucce e in quel momento mi sembrò ancora una volta la ragazzina spaurita che aveva bussato alla mia porta dopo una lite furiosa con sua sorella. Avrei tanto voluto stringerla e dirle che sarebbe riuscita a realizzare il suo sogno, solo che non avevo idea di quali e quante difficoltà stesse affrontando in quel momento. Volevo aiutarla e mi sarei impegnato per farlo.
- Ci riusciremo. Apriremo quella fottuta scuola qui a Madison e farai un figurone ad ogni saggio di fine anno!
Ally rise di gusto, come se avessi detto una follia fuori dal mondo.
- E le mie allieve saranno tutte scritturate alla Julliard.
- Come minimo e se esiste un qualche Premio Nobel per la danza, tu lo vincerai.
- E tu mi accompagnerai a ritirarlo?
- Scherzi? Sarò lì in prima fila.
Ally sorrise ancora, ma gli occhi le si velarono di nuovo di tristezza.
- Vorrei tanto che fosse così.
- Cosa pensi che possa impedirtelo?
- Colin, ci sono delle cose che non sai.
- E non vuoi dirmele?
- Sempre il solito impertinente.
Sorrisi; era vero, ero sfacciato ma volevo sapere tutto di lei e di quello che stava succedendo nella sua vita.
- Vorrei aiutarti.
- Da amico?
- Da Colin. Senza definizioni per il momento. Ti va?
Ally mi guardò, pensandoci su prima di decidere se stringere quella mano porta verso di lei oppure lasciare andare tutto com'era, perché ci aveva già provato, a darmi fiducia e non le era convenuto; si era ritrovata con i graffi sul cuore e aveva persino respirato a fatica. Non l'avrei certo biasimata se avesse scelto di non condividere più con me la sua vita.
- Mi va. – Disse infine. – Ma ti prego di rispettare il fatto che sono fidanzata e che non intendo lasciare Jordan.
- Va bene, va bene. Mal che va lo faccio pestare dai ragazzi.
Un'occhiata gelida e furiosa mi inchiodò sulla panchina. Ally ovviamente non era d'accordo sul mio modo di trattare la faccenda.
- Rilassati, principessina. Sto scherzando. Non farei mai pestare il tuo ragazzo.
- Ah ecco, così va meglio.
- Lo pesterei direttamente io, con le mie mani! – Risi.
- Colin! Smettila subito, razza di gangster!
Ridemmo tutti e due, mentre io presi a farle il solletico e lei a picchiarmi con la borsa.
-Ascolta, io ho fame. – Dissi, fermando la battaglia che comunque stavo vincendo palesemente.
Lei scattò in piedi, si mise la borsa a tracolla e, pronta a partire aggiunse:
- Chi arriva ultimo a quella caffetteria laggiù, paga il pranzo! –
Ovviamente la lasciai vincere.



Rientrammo a Madison solo nel tardo pomeriggio; Sonnie, infatti, impiegò più tempo del solito per terminare di assemblare l'arcata e sebbene Ally non avesse più tutta quella fretta di tornare, eravamo comunque felici di poter rientrare a casa.
Parcheggiai il furgone nel vialetto del bed and breakfast e poi diedi una mano ad Adam a scaricare.
- Mia sorella è di sopra? – Chiese Ally, mentre io e Adam tiravamo giù con cautela il gazebo dal portabagagli.
- Sì, non si è sentita bene poco fa e ora riposa.
- E' successo qualcosa? – L'allarme nella voce di Ally mi fece preoccupare.
Avevo il sospetto che Samaire mi stesse nascondendo qualcosa e in quel momento capii che i miei dubbi erano concreti; avrei voluto chiedere che cosa stava succedendo ma non avevo una gran confidenza con Adam, non sapevo se era il caso di fare domande. Avrei dovuto parlare di nuovo con Ally, perché alla fine dei nostri discorsi, non mi aveva ancora detto quali erano le cose che non sapevo e qualcosa mi diceva che c'entrava qualcosa lo stato di salute di sua sorella.
- Nulla di nuovo, stai tranquilla. È sul letto con Adrien, ti aspetta.
- Vado subito da lei. Ciao Colin, ci vediamo più tardi e grazie per avermi accompagnata.
- Ah smettila, è stato un piacere e poi so che morivi dalla voglia di stare da sola con me. – Scherzai ma non fu sufficiente a farla sorridere spensierata come faceva di solito di fronte alle mie battute impertinenti; mi regalò un mezzo sorriso frettoloso e poi sparì dentro, per andare da Samaire.
Rimasi a fissarla finché non sparì dietro la zanzariera, chiedendomi se sarei mai riuscito a riprenderla. In certi momenti sembravamo ad un passo dall'essere di nuovo io e lei, altri invece la sentivo lontana anni luce.
- Cerca di non farla soffrire ancora, Colin. – Le parole di Adam mi presero alla sprovvista e di certo non mi aspettavo la morale anche da lui.
- Non è mia intenzione.
- Dico sul serio. È un momento delicato e difficile per tutti noi e Ally sta già soffrendo abbastanza.
- Posso chiederti che cosa sta succedendo?
Adam esitò, incerto se vuotare il sacco o meno. Da quando ero tornato, nessuno sembrava disposto a mettermi al corrente su quello che stava succedendo alla famiglia Gallagher, nonostante tutti sapessero quanto ero legato sia ad Ally che a Samaire. Doveva essere qualcosa di grosso, se non poteva essere oggetto di pettegolezzo da parte della comunità di Madison.
- Non prendertela ma credo sia meglio che a parlartene sia Ally, o magari direttamente Sam.
- Spero solo che qualcuno lo faccia, prima o poi.
Adam mi diede una pacca sulla spalla e poi aggiunse soltanto: - Sono contento che tu sia di nuovo qui. Le ragazze ne avevano bisogno.
Quella frase, detta da un uomo per il quale avevo provato avversione per anni, perché lo consideravo il sostituto di Douglas, il ripiego che Samaire aveva scelto per costruirsi la sua vita felice lontana dai guai, contribuì a rafforzare il pensiero che non avevo affatto sbagliato a scegliere di tornare a casa.
Dovevo solo ricominciare a prendere in mano la mia vita, per il mio bene e per quello della persona che amavo.

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