CAPITOLO 18

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«Che significa che sapevi tutto ?» esclamò Selina, in tutta la sua impazienza. Il fratello dovette costringerla a stare seduta o poteva farsi male durante il viaggio in aereo. «Sapevo che prima o poi avrei dovuto rendervi partecipi di questa storia... ». E allora, mentre tutti erano seduti nei sedili di quel velivolo, Maya iniziò a rivelare il passato di Kovu...

Saranno passati si e no 10 anni da quella sera in cui lo trovai a mendicare per le strade di Polaris. Era un bambino estremamente gentile e pacato. La cosa che più mi colpi di lui erano i suoi occhi, di un color rame così acceso e profondo. Erano gli occhi di chi è stato derubato della sua infanzia troppo in fretta. Essendo ricoperto di stracci e polvere non avrei mai pensato nascondesse quel segreto. Allora lo portai con me. Dopo vari tentativi, lo convinsi a seguirmi. Era già diffidente a quell'età, e probabilmente faceva bene a esserlo, ma si fidò di me. All'epoca avevo un appartamento in città e te e tuo fratello (riferendosi a Selina e Zelo) eravate ancora piccoli. Era quel periodo in cui io lavoravo in Parlamento come rappresentante degli Atari e voi stavate con vostro padre in periferia. Comunque, continuando a parlare del piccolo Kovu, lo lavai e gli diedi uno dei vestiti puliti di Zelo. Era veramente un bel bambino, e sorrideva come se fosse la prima volta che gli capitasse qualcosa di bello. Fu in quel momento che la notai. Aveva una macchia dietro la schiena. Sembrava una voglia, a forma di fiore stilizzato. Lo stesso simbolo della famiglia imperiale. Fu grazie alle mie conoscenze a palazzo che capì, in più, erano da mesi che girava voce dell'assasinio della moglie e del figlio primigenito del governatore. Tanto che, l'intero paese fu costretto al lutto per settimane. «Tu... sei Kovu? Il figlio di Onorak?» gli chiesi, portandomi le mani alla bocca. E lui, che in quelle tre ore non aveva spiaccicato parola, mi rispose « Papà e mamma hanno litigato. Non vuole che torni a casa» disse. Mi si strinse il cuore in petto. Come si poteva abbandonare il proprio figlio, a quell'età, inventando anche quell'assurda storia dell' omicidio. Allora decisi di prendermene cura io. Crescerlo come figlio adottivo. Lui sapeva benissimo che non ero la sua vera madre, a 10 anni si è già abbastanza consenzienti del proprio passato. I giorni passarono e man mano che lo conobbi meglio riuscí ad assemblare il puzzle dei suoi ricordi. Era molto introverso. Mi era difficilissimo capire cosa fosse successo a palazzo, finchè un giorno non lo vidi con i miei occhi. Reggeva in mano una fiamma, e lui non si bruciava. Era un Atari, faceva parte di quella razza che suo padre tanto odiava. Lui appena mi vide cercò di nascondere quello che aveva fatto. «Non preoccuparti. Tranquillo. Sono come te. Guarda» allora per tranquillizzarlo feci crescere un fiore dal pavimento e le lo donai. «Vedi? Pure io ho il dono atari. Sei un bambino molto fortunato sai ? Il fuoco è uno splendido potere, adatto a bambini forti come te» continuai. Lui lo accettò. « È per questo che non sei più a palazzo, vero?» chiesi. «Si. Papà era arrabbiato per il mio potere e quindi ha cacciato me e mamma via» disse con gli occhi lucidi, senza piangere. «Tua madre che fine ha fatto ?» domandai. « I soldati la cercarono per tutta la notte, finché non mi lasciò in una locanda dicendo che sarebbe venuta a riprendermi. Ma non tornò mai. I locandieri mi cacciarono per strada» raccontò. Era una storia dura e crudele. Provai dolore a sentire parlare un bambino così. Non riuscivo a capire quell'ostilità nei nostri confronti, ma in effetti non era che l'inizio. Mi resi conto chi era il vero Onorak solo quel giorno, e non colui che cercava la pace, come voleva farci credere durante le sedute.
Abbracciai Kovu più forte che potei. «Tranquillo. Riusciremo a trovare la tua mamma» lo rassicurai. La cercai per lunghi mesi, ma ero sempre a punto a capo. A un certo punto dovetti mollare le ricerche. La situazione di noi Atari peggiorava sempre di più, tanto che ci allontanarono dalle questioni politiche. Io, come rappresentante, dovevo rimanere vicina alla popolazione. Tornai in periferia, dalla mia famiglia. Fu in quel periodo che vi feci conoscere Kovu. Aveva appena 11 anni, come te, Selina. Zelo, te ne avevi 16. «Mi sono sempre domandato da dove venisse quel ragazzo» disse Zelo, « ma lui stesso era restio nel rivelarmelo» continuò. «È sempre stato un' incredibile testa calda che si teneva tutto per sé» disse Reo, l'amico più fedele che aveva. «Già» ammise Maya. «Ciò non toglie che ci ha tradito. Dopo tutto quello che abbiamo fatto per lui. Che tu hai fatto per lui, madre» disse Selina, non trovando ragioni. «Per me, ha avuto le sue ragioni» intervenne Aerys. «Oh la bella addormentata si è svegliato dal letargo!» esclamò Selina. «Lasciala parlare!» intervenne Nabu, che era seduto accanto alla ragazza. «Aerys, come puoi dire questo?» chiese Zelo. «Pensateci. Voi lo conoscete meglio di me. Lui odiava Onorak». «È vero anche questo» affermò Reo. «Più di una volta l'ho sentito parlare con odio nei suoi confronti. C'è qualcosa di assurdo in tutto questo» continuò, il verde. «Ho la certezza che tra non molto lo scopriremo!» concluse Selina. «Appena arriveremo a Hope ho intenzione di indire un'assemblea dove discuteremo il dafarsi con i saggi, prima di allora riposatevi. Ne avete bisogno» comunicò Maya. Tutti si sistemarono meglio sul proprio sedile. Aerys, ancora sconvolta, cercò di chiudere gli occhi, abbandonandosi sulla spalla di Nabu. Il ragazzo la lasciò fare. Era in pensiero per lei e di tutta quella storia, non aveva capito assolutamente niente. Ora era alle prese nel scorgere le nuvole dal finestrino. Quanto avrebbe dato per sfiorarle con le dita. Non aveva mai volato così alto, ma un giorno ci sarebbe riuscito. Era uno dei suoi sogni quello di essere un tutt' uno con il suo potere. Libero da ogni proibizione. Sfrecciare fra le nuvole. Decise che quel giorno avrebbe portato con sé anche Aerys, la sua migliore amica. Colei che corse ogni pericolo per salvarlo. Non l'aveva mai tradito, nemmeno dopo quella sera temporalesca dove lo avevano separato da lei. Si fidava di lei. «Chissà come stanno Ginger, mamma e papà. Saranno in pensiero» si interrogò. Ad un tratto i suoi pensieri si fermarono a quella vista. Si trovava faccia a faccia con un bambino che lo salutava, dal finestrino. Nabu rimase scioccato. Che ci faceva un bambino così in alto. Ad un tratto ne scorse almeno una ventina. Era una scolaresca di Atari dell' aria. Nabu ne rimase stupefatto. Subito dietro di loro scorse una città, i cui palazzi bianchi brillavano al sole da quanto splendenti erano. I bambini erano diretti laggiù. «Ebbene, preparatevi all'atterraggio» squillò la voce robotica del pilota. Si, quella era Hope.

NatariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora