la chiamavano felicità.

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Era rumore tutt'attorno, solo rumore. Rumore fastidioso, rumore piacevole. Urla inutili, il riso di un bambino. Tutti pagavano, pagavano e si divertivano. Pagavano per divertirsi. Pagavano e ridevano, per quei tre minuti scarsi di divertimento. Dopodiché avrebbero fatto di tutto per ripetere l'esperienza. Un pedaggio continuo, per soli tre minuti di divertimento, di svago, tre minuti per dimenticare tutto. Tutti volevano dimenticare tutto. Quant'era facilmente corruttibile l'animo umano. Ognuno pagava per il proprio giro, per due risate, come alle giostre. Ognuno pronto a fare di tutto per quei tre minuti di pace che sembrava eterna, ma no, non lo era. Era effimera, neanche il tempo di realizzare che ti era già sfuggita di mano, come un fiocco di neve che si scioglie. Un fiocco di neve chiamato felicità, che scompare, quando non ne hai ancora sentito pienamente il sapore; che ti sfugge, quando non l'hai nemmeno sfiorata con un dito.

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