0 - Controtempo*

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Feci dondolare la penna tra l'indice e il dito medio della mia mano, mentre riflettevo su cosa saremmo dovute andare a comprare nel giro di poche ore

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Feci dondolare la penna tra l'indice e il dito medio della mia mano, mentre riflettevo su cosa saremmo dovute andare a comprare nel giro di poche ore.

La lista stesa su quel quadernino sgualcito conteneva già tutta una serie di prodotti talmente costosi che mi venne naturale deglutire più volte per mandare giù il nodo costante alla gola. Nella condizione in cui vivevamo, quello che avevo segnato da prendere era già troppo caro di per sé, e sicuramente mi stavo ancora scordando qualcosa.

«Ma quanto è difficile occuparsi anche di te, eh?» domandai retoricamente, consapevole che Celeste non mi avrebbe risposto.

Allungai la mano in direzione della culla e ci impiegai un istante a rendermi conto che, da quella posizione a gambe incrociate, non sarei mai riuscita a raggiungerla. Mi sciolsi, sgranchendomi subito dopo; posai il quaderno e la penna sul comodino situato al mio fianco e mi sporsi in avanti per poterla osservare.

Quando la mia testa fu completamente sopra la sua, la vidi sorridermi e dimenarsi, come se non desiderasse altro che io la prendessi in braccio e la cullassi stretta nella mia presa, a contatto con il cuore.

«Ciao, amore mio», dissi accarezzandole il volto paffuto. Le diedi un bacio sulla guancia e le afferrai la manina, divertendomi a osservare quanto fosse piccola e coprisse solo una minima porzione del mio palmo.

In quell'attimo, la mia reazione fu istintiva: mi toccai la pancia. Mi veniva naturale farlo praticamente tutte le volte in cui osservavo Celeste o stavo al suo fianco, perché ancora stentavo a credere di averla avuta per nove mesi nel mio grembo.

Sollevai la leggera maglia del pigiama che avevo addosso e accarezzai ogni punto del mio ventre, ricordandomi la gioia che provavo quando la sentivo scalciare e realizzavo che non si trattava di un sogno, ma di una bambina che stava realmente crescendo dentro di me. Mi venne da sorridere al pensiero della sensazione di benessere che mi scorreva nelle vene tutte le volte in cui le cantavo una canzone o le sussurravo parole d'amore per farla abituare alla mia voce.

Nonostante il trascorrere del tempo, realizzare di averla avuta mi riusciva difficile, soprattutto perché diventare genitore, l'anno precedente, era un desiderio che non mi sfiorava. In quel momento, però, ogni sogno o speranza che allora dominava incontrastato nella mia persona, veniva sostituito dall'amore per lei e dalla paura: c'era il timore di non essere adatta a ricoprire il ruolo di mamma, quello di sbagliare e farle del male, o anche quello di non poterle offrire tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno.

«Sei comunque ciò che di più bello la vita potesse offrirmi», dissi a voce alta. Mi rivolsi a lei, giustificando i pensieri che mi attraversavano la mente perché, a dispetto di ogni paura, Celeste era la mia gioia e saremmo riuscite ad affrontare tutto quello assieme.

Misi le mani sotto il suo busto così da poterla sollevare, ma le alzai di scatto nell'attimo esatto in cui sentii un oggetto di vetro rompersi in moltissimi pezzi. Sobbalzai e percepii il mio respiro farsi più affannoso, per via dello spavento preso.

Sonata per chi viene al mondoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora