CAPITOLO 2

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Canzone: Sia - Chandelier


Età: 9 anni

Ora frequento la quarta elementare, a scuola ci vado sempre con il mio compagno, ma a piedi.

Sono le 7:30 e come sempre a quest'ora sono già davanti al cancello della scuola a ridere con i miei compagni aspettando che qualcuno apra il cancello. Ho una migliore amica adesso, si chiama come mia sorella, Sami.

Sami è arrivata nuova nella nostra classe l'anno scorso e subito siamo diventate migliore amiche. Lei viene dal mio stesso paese, ha i capelli ricci come me, gli occhi scuri come me, la pelle sempre abbronzata come me, ma non ha lividi come me. "Ciao" mi dice, "Ciao Sami, come stai?" le chiedo. "Io bene, ma tu no. Cosa è successo?" mi chiede. In realtà non è successo niente di nuovo. Mio papà ha portato un biliardino a casa, ieri sera ci giocavo con la mia sorella di sei anni, Habas. Mi ricordo che stavo vincendo, mia sorella dispiaciuta mi ha tirato una pacca sulla spalla e io ho risposto con un'altra sulla sua. Non pensavo di aver fatto un gesto grave, ma l'ho fatto arrabbiare, di nuovo. Mio padre si alza dal divano e viene verso di me con un braccio alzato, mi tirala prima sberla e finisco tra le gambe di mia mamma seduta sul divano, per lui non era abbastanza, sentirmi piangere lo faceva arrabbiare di più. Mia mamma cercava di farmi da scudo, ma non serviva a molto. Mi sono arrivati altri calci e altre sberle. Ho sentito che Sami e Lalu, l'altra mia sorella, sono scese correndo dal piano di sopra per capire cosa stesse succedendo. Senza esitare cercano di fermarlo, ma prima di riuscirci, mio papà mi aveva già trascinata fino alla stanza. Tutti quei calci mi avevano riaperto delle cicatrici sulla schiena e provocato dei graffi sul collo, viso e mani. "Ehi, ci sei?" Sami mi riscuote dai miei pensieri,"Niente, sono caduta dalle scale di casa" mi limito adirle.

È sera, io, Habas e Mian, mio fratello di dodici anni, abbiamo inventato un gioco che chiamiamo "Il circo". Mian ci prende in piedi sulle sue spalle, proprio come fanno gli acrobati del circo.Ci divertiamo molto finché non ci sentiamo chiamare per nome dal piano di sotto, ci vengono gli occhi lucidi, sapevamo cosa stava per succedere. "Cosa facevate tutti e tre al piano di sopra?"ci chiede papà, "Giocavamo" risponde Mian. Non gli è mai piaciuta l'idea che un maschio giocasse con due femmine, anche se siamo fratelli. Una sberla a lui e una a me, per fortuna non picchia ancora Habas, ha solo sei anni.

Mentre piango, mi ricordo le facce dei miei compagni mentre dicono di non essere mai stati toccati dai genitori. Quando ci penso mi sembra una cosa strana, quasi impossibile, anche loro sbaglieranno a volte, capiterà anche a loro di dimenticarsi di salutare quando entrano a casa, di rompere un piatto, di giocare con i fratelli o di arrivare dieci minuti in ritardo. Eppure nessuno di loro ha i miei segni. Non capisco se è normale provare gioia quando mio papà è al lavoro, fuori con gli amici o da qualche altra parte che non sia a casa. I miei compagni parlano dei papà come se fossero eroi, ma non ci credo, non ci voglio credere. Mio padre non lo è, un eroe non fa del male ai bambini.

È arrivato il week end, e come ogni settimana i nostri cugini vengono a casa nostra. Ci divertiamo molto con loro, sono due famiglie. Ci sono le due sorelle, Many di sette anni e Barar di quattro, il loro papà è fratello del nostro e la loro mamma è sorella della nostra mamma,gli altri cugini invece sono più grandi, Liyas ha l'età di Mian,Med ha nove anni come me, mentre Roky è più grande di noi di un anno. I nostri papà litigano sempre, non capiamo mai il perché, a volte si arrabbiano tanto che portano via i nostri cugini e se ne vanno.

"Hey"urla Roky venendo verso di me per abbracciarmi, la adoro, ci piace giocare a cantare e a fare le ragazze grandi. Senza perdere tempo corriamo nella mia stanza a divertirci.

Qualche ora più tardi, mi ritrovo a giocare anche con tutti glia altri cugini, sembra tutto troppo bello per essere vero. Infatti è bastato pensarlo per ritrovare mio padre in stanza che ci urla contro. "Voi due!" grida indicando me e Roky "Fuori da questa stanza!"sbotta prendendomi da un braccio. Mi devo ricordare che non gli piace se giochiamo maschi e femmine insieme.

Papà riesce a rovinare qualsiasi momento bello, non so perché è sempre arrabbiato. Non ricordo l'ultima volta che l'ho visto sorridere, non credo lo faccia in nostra presenza.


È estate, le giornate sono più lunghe. Le mie vicine di casa vengono a suonare per chiedermi di uscire al parco, mi piace perché possiamo stare fino all'ora di cena a giocare sotto casa. Non è più così,dimenticavo che ora c'è un nuovo bambino nella nostra famiglia. Mio padre un giorno è entrato a casa con in braccio un bambino piccolo"Lui è mio figlio" ci ha annunciato come se fosse la cosa più bella che avesse mai avuto. Ho capito subito dalla faccia di mia madre che nemmeno lei ne sapeva qualcosa.

Ora mio padre mi obbliga a tenere il bambino quando lui non c'è, devo imboccarlo a pranzo, farlo addormentare e quando si sveglia lo devo portare al parco a giocare. Le mie amiche mi guardano sempre come semi supplicassero ad aggiungermi a loro, ma so che non posso, se lo facessi lo farei arrabbiare.

Sono al parco con Miro, quello che dicono essere il mio nuovo fratello.Miro non cammina ancora benissimo, ma cerca comunque di arrivare da un posto all'altro. Nel tentativo di arrivare a toccare l'altalena cade a terra, inizia a piangere e quasi io con lui, so cosa mi aspetta a casa. Me lo dice sempre "Se si fa male poi ti farai male tu".

Porto Miro a casa, in realtà non ha graffi da nessuna parte, ma appena mio padre lo vede capisce che ha pianto. Senza darmi il tempo di spiegare mi tira una sberla in pieno viso, mi fa male, ma questo non basta a farlo sfogare. Mi tira dai capelli urlando "Ti avevo avvertita!""Perché non fai mai quello che ti dico?". Mi prende a calci e a sberle, tremo e piango, a casa non c'è nessuno che mi possa aiutare.

Mi ritrovo sul mio letto a piangere, penso a come vorrei essere fuori  a giocare con le mie amiche. Sembra che loro non abbiano pensieri,sembra che siano sempre felici, sembra che non abbiano un padre come il mio.

Oggi è già la seconda volta che si arrabbia, questa mattina  Sami era uscita a comprare la farina per mia madre al supermercato, una donna l'ha salutata, ma lei non capiva chi fosse. Tornata a casa l'ha trovato davanti a lei con gli occhi iniettati di sangue, le ha chiesto "Perché non l'hai salutata?", "Chi papà?"ha risposto, "La mamma di tuo fratello Miro!!". Le ha tirato un calcio per farla scendere dalle scale, non capivo, non capivo da dove arrivasse tutta quella rabbia. Lei lo aveva chiamato egli aveva detto che sua  figlia non l'ha salutata e per non averlo fatto ora Sami si ritrova con un livido su una gamba.

Non lo trovo rispettoso nei confronti di mia madre, l'ho sentita parlare male di questa donna, io non l'ho mai vista, ma non ho voglia di conoscere la mamma del bambino al quale tengo più compagnia io che lei, sono sicura che se chiedessi a Miro "Ehi chi è tua mamma?"sarebbe in grado di rispondermi "Tu". Vado in camera a giocare con Habas, tiriamo fuori le nostre bambole e ci inventiamo dei ruoli da recitare.

Dopo qualche minuto sentiamo gridare in salotto, io e Habas ci mettiamo con l'orecchio alla porta per cercare di capire con chi ce l'ha questa volta. "Ti avevo detto che lo volevo trovare pronto!!" grida mio padre, "Io.. mi sono.."dice la voce tremante di mia madre, sto pregando che non la tocchi,ad un certo punto una sberla fa eco in tutta la casa, in quel momento decido di aprire la porta per vedere cosa le ha fatto. La vediamo seduta sul divano con una mano sulla guancia, Habas corre da lei per abbracciarla. Sono arrabbiata, mi viene da piangere, non posso sopportare che metta le mani anche su di lei, non lo fa quasi mai, ma quelle poche volte che succede è come se picchiasse anche noi. "Ti avevo detto che volevo trovare il biberon di Miro pronto!" le grida in faccia. Non ci credo che faccia tutta questa scenata solamente perché il biberon del bambino quasi mio figlio non sia pronto. Le continua a gridare frasi poco comprensibili, prende la sua giacca e esce di casa. Mia madre sembra esausta, si alza e ci guarda con un sorriso che sembra dire "Mi dispiace per tutto questo",si dirige verso la sua stanza e si chiude dentro.

A volte mi piace sdraiarmi sul mio letto e immaginare una vita senza mio padre, non riesco a capire se mi potrebbe mancare o se non sentirei per niente la sua mancanza, so solo che significherebbe non  avere più paura di entrare a casa.

Colpa Della PerversioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora