Capitolo 18

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Thomas P.O.V

Quella notte non ero riuscito a dormire molto, o meglio: non avevo chiuso occhio a causa della discussione che Al e sua mamma avevano avuto a causa mia. In fondo me lo aspettavo una cosa del genere, semplicemente per il fatto che io e i genitori delle ragazze che ho frequentato non siamo mai andati d'accordo, ma questa volta pensavo sarebbe stata diversa, probabilmente perché ci tenevo davvero a lei e volevo fare una buona impressione anche a sua madre. Molte cose non andavano nel verso giusto nella mia vita, ma solo ora mi sembrava che stessero ingranando, che stesse arrivando il mio momento e non avrei rovinato questa cosa bella che mi aveva invaso.

Mi rigirai per l'ennesima volta nel letto vuoto. Guardai l'ora sul cellulare, segnava le 6.40 AM, non avevo chiuso occhio neanche per un secondo. Mi ero perso a fissare il soffitto per l'ennesima volta sperando di prendere sonno. Sembrava così difficile dormire senza di lei. Mi ero così abituato ad addormentarmi accanto al suo corpo caldo e ai suoi piedi ghiacciati che, quel vuoto di fianco a me, mi faceva sentire irrequieto.

Riguardai l'orologio, erano passati solo dieci minuti dall'ultima volta che lo avevo controllato. Per qualche strana ragione mi alzai, mi infilai il pantalone della tuta e una felpa e ebbi la malsana idea di andare a farmi una corsa. Una volta avevo letto che fare attività fisica permetteva di farti sentire a proprio agio col proprio corpo e che il cervello rilasciava endorfine che ti permettevano di farti sentire bene, e al momento ne avevo proprio bisogno.

Non fu facile però correre sotto il freddo di Baltimora con solo una felpa e un pantalone leggero.

"Cazzo, io sono della California, non sono preparato a questo freddo!", pensai soffiando aria calda tra le mani cercando di riscaldarle.

Era stata una pessima idea, ma non mi arresi. Feci il giro del quartiere un paio di volte, mi spinsi verso qualche isolato più in fondo, tutto per schiarirmi le idee. Non sapevo proprio cosa ci trovasse Travis a correre ogni mattina per più di cinque chilometri. Di sicuro non aveva mai corso a Baltimora durante un freddo così glaciale da nevicare a momenti.

La neve. Ally aveva detto che non si poteva festeggiare il Natale senza neve, ma non so se quest'anno l'avrebbe vista. Faceva davvero troppo freddo per la neve. Eppure quella ragazza riusciva a sorprendermi anche quando non era con me. Appena alzai lo sguardo verso il cielo vidi dei piccoli fiocchi cadere sul mio viso e li sentii sciogliersi immediatamente. Stava nevicando. Volevo tornare da lei e svegliarla per farle vedere quello spettacolo a cui probabilmente era abituata più di me. Non che non avessi mai visto la neve, ma volevo condividere questo momento con lei.

Tornai a casa, più infreddolito e più in difficoltà di quando ero uscito un'ora prima. In effetti correre mi aveva aiutato a far passare il tempo.

Aprii la porta sul retro e mi trovai Meredith indaffarata in cucina.

«Un caffè bollente?», mi chiese porgendomi una tazza fumante. Era esattamente quello di cui avevo bisogno in quel momento.

«Grazie», le dissi prendendo la tazza con entrambe le mani e me la portai al viso così che il vapore mi inondasse e riscaldasse.

Cadde il silenzio nell'intera stanza. Ally stava ancora dormendo e il mio cervello era congelato, non riusciva a pensare a nulla oltre a quello che era accaduto ieri sera. E una parte di me voleva tremendamente parlarne, chiarire la situazione.

Mentre mi tormentavo, Meredith stava iniziando a preparare il pranzo che avremmo mangiato oggi, così preso dall'imbarazzo della situazione le offrì il mio aiuto.

«Meredith...»

«Si, Thomas?», mi disse senza staccare gli occhi dalle patate che stava sbucciando.

«Ha bisogno di una mano?»

«Non ti scomodare, caro»

«Veramente mi farebbe piacere»

«Allora direi che in due si fa prima...», disse sorridendo e passandomi un coltello. «Tu peli e io affetto», annuii prendendo un coltello. Sembrava essere tornata la signora gentile e cortese che si era presentata all'inizio, ma avevo paura a giudicarla prima ancora di parlarci visto che in mano aveva un coltello e conoscendo la figlia dovevo partire preparato a qualsiasi possibile incidente.

«Senta, forse ai suoi occhi non sono il ragazzo giusto per Ally ma la amo davvero e la rispetto, sta riuscendo a rendermi un uomo migliore più di chiunque altro che ci abbia provato. È molto matura per la sua età, sa tenermi testa, è forte e indipendente, rende migliore le mie giornate», inizia a dirle senza pensarci troppo. «So di non piacerle e non so se questa sua decisione potrà mai cambiare, ma ho intenzione di continuare a stare con Ally finché non sarà lei a decidere di chiudere, ma fino ad allora voglio trascorrere il mio tempo con lei»

«Thomas...», disse sorridendo e posando il coltello. Una parte di me fu più sollevata. «Non è che non mi piaci, ti trovo un ragazzo fantastico ma mi preoccupo per la mia bambina. Hai dieci anni in più di lei, magari volete cose diverse», mi spiego pulendosi le mani su uno strofinaccio posato lì vicino. «Da quanto ho capito tu sei sempre in giro per il mondo a suonare e mi dispiacerebbe sapere che non c'è nessuno lì con lei se dovesse avere bisogno di qualcuno»

«Ally non sarà mai da sola, glielo posso promettere, a costo di far venire Peter durante tutta la mia assenza», la vidi sorridere.

«Sei un caro ragazzo, non lo metto in dubbio»

«Ma... immagino ci sia un ma»

«Ma vediamo come andrà, è la prima volta che mi presenta un suo ragazzo, significa molto anche per me, significa che comunque sei una figura importante per lei e ti chiedo solo di starle vicino e di non ferirla. Mai»

«Questo glielo posso promettere»

«Mi va bene così allora»

San Diego || Tom DeLongeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora