Sparky

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I quartieri di Sparky erano in uno stato totale di caos, non sono un tecnico, ma vedevo attrezzature hardware ammucchiate in ogni angolo, era chiaro che Sparky doveva avere un modo, un sistema per catalogare e ordinare le sue cose, ma a me sfuggiva completamente, non ci vedevo nessun senso.

Parti di droni della polizia erano collegati a monitor e sensori, schede madri a processori olografici, evidentemente esperimenti in corso o andati male e messi da parte.

Dal soffitto calavano minacciosi sulle nostre teste cavi e fili che si incontravano e si confondevano in un labirinto caotico.

Per terra quasi inciampai su un enorme cavo di fibra ottica. Attraversammo quella foresta intricata cercando di non far cadere niente e arrivammo al fondo dove tutti i cavi confluivano o da dove partivano: un enorme server vicino al quale almeno una decina di proiettori olografici modificati emettevano immagini.

L'aria era quasi irrespirabile, avvertivo distintamente l'odore di plastica surriscaldata, notai con grande meraviglia che sebbene il locale fosse in totale confusione, la polvere, nemesi del mondo informatico doveva essere tenuta a bada dal suo vigile e costante protettore.

La luce era un pallido e fioco ricordo che aleggiava ai lati della stanza, anche perché le spie e i cavi dati che si illuminavano in continuazione bastavano per quello che Sparky doveva fare.

Nel frattempo il mormorio, quel balbettare che avevo sentito sommesso fin da quando ero entrato prese forma: era Sparky che si girò subito e ci fece un sorriso improvviso e quasi inquietante.

Era un individuo singolare e in effetti poco rassicurante.

Aveva le spalle curve e la testa sottile e allungata incassata tra le scapole, lunghi e sottili capelli gli scendevano giù toccando terra, il viso era pallido, segno che usciva ben poco da quella stanza, la pelle macchiata e grinzosa e indossava degli occhiali olografici aumentati, quando mi vide artigliò l'aria con le mani come per agguantarmi e smise di balbettare, mi accorsi che era scosso da tic nervosi che lo rendevano un personaggio quasi grottesco al limite del mostruoso.

Kurt era in piedi in un angolo tra le strumentazioni e mi guardava aspettando una mia reazione a quella vista, a quell'incontro.

"John mi, mi, mi ha de-de-tto che saresti arr-ri-ri-vato tenente" il suo volto si deformò in una smorfia, in un sorriso sghembo e sdentato, nel frattempo si era toccato già tre volte la fronte e aveva alzato il gomito sinistro due.

Sembrava non riuscisse a rimanere fermo.

"Nel fra-fra-frattempo no-non sono stato ad aspett-are" mi disse indicando quello che riconobbi come il mio omni-gear che lampeggiava segnalando una trasmissione dati in corso.

Chiaramente Sparky si era connesso tramite Wi-Fi al mio dispositivo personale, era riuscito a bypassare tutte le protezioni e i firewall criptati non lineari che avevo messo a difesa del gate di accesso.

Sentii la collera serrarmi la gola e il sangue pulsarmi nelle tempie per quella trasgressione e soprattutto per la facilità con cui era avvenuta.

Mi mossi verso il tavolo quando l'enorme schermo olografico che dominava la stanza prese vita e comparvero delle sequenze di numeri rossi pulsanti.

Erano le ultime registrazioni avvenute nell'albergo.

Le stringhe di codice che avevo salvato dal terminale di Gail poco prima di fuggire furono aggredite dal programma di decodifica che aveva lanciato Sparky e in pochi secondi i numeri rossi privi di senso che affollavano in modo disordinato la proiezione, si trasformarono in una sequenza azzurra che scorreva da un capo all'altro dello schermo.

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