Haphephobia

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Com'è dolce, vederlo dormire è una gioia per gli occhi. Lo osservo nel silenzio. Le sue piccole mani sono chiuse in pugnetti, le ditina cosí carnose. È calmo, innoquo, quasi quanto un batuffolo di cotone. Mi allontano e lo lascio riposare. Un brivido bollente mi percorre le gambe, mi brucia la schiena. Come a percepire il minimo movimento lo sento scoppiare, urla, si dimena, il suo pianto rimbomba in tutta la stanza. Le mie tempie pulsano, quasi a voler ripetere l'esplosione appena avvenuta. Mi avvicino alla culla, lo guardo. Lui protende le braccia. D'improvviso una scossa, poi un'altra ancora, le gambe tremano, le caviglie si spezzano, il mio corpo si ritrae, crollo a terra in ginocchio. La gola chiusa non mi permette di fiatare. I pensieri si fanno sempre più confusi, affannati, come il mio respiro. Mi aggrappo alla sponda del lettino, richiamo le forze, ma la presa alle mie spalle si fa sempre più potente, la sento trascinarmi lontano da lui. "No"! Grido fermando per pochi istanti quelle urla tremende. "Sta zitto, sta zitto". Scuoto istericamente la culla riprendendo controllo del mio corpo, ma senza alcun risultato. La mia mano si allunga verso il suo viso, mi afferra l'indice. Lo strattono, tanto forte da ricadere su me stessa. Mi trascino verso il muro. I nervi nelle mie mani, nelle braccia, vacillano, si dimenano, le vene pulsano, tanto quasi da coprire quel pianto infernale. Gli occhi senza meta ricadono sul mio indice, si scurisce, posso intravedere la forma della sua manina su di esso. Tremo. Quelle minuscole dita mi si intrecciano nei  capelli, li tirano, li strappano. Le sue mani sono ovunque sul mio corpo. Quelle impronte violacee si disperdono su ogni singolo centimetro della mia pelle. Le sfrego. Cerco di cancellarle. Più strofino, più la pelle brucia. Percepisco quelle forme scavarsi sulle mie guance, mi corrodono, persino le ossa si disintegrano. Mi sta prosciugando. La gola si stringe, mi strangola piano, risucchia la mia aria, la mia anima, il mio corpo. Poi il nulla, niente più lacrime, niente più pianti, solo il buio. Tutto è come prima.  Anche quelle mani demoniache sono nella culla. Esatto, sono ancora lí.


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Ciao a tutti, per chi non dovesse conoscerla, l'Afefobia è la paura del contatto fisico. È piuttosto diffusa, ed è conosciuta anche con il nome di Chiraptofobia. Solitamente chi ne è afflitto tende a nasconderlo, come è per molte altre fobie che affronterò presto, proprio per questo motivo se ne sente parlare meno. Comunque a chi avesse bisogno di ulteriori delucidazioni, o desidera darmi consigli e pareri, chiedo di scriverlo pure nei commenti e sarò molto felice di rispondere. Detto questo, al prossimo capitolo. Andrea.

PHOBIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora