CAPITOLO TRE

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La stanza insonorizzata è ampia, colma di stuzzichini, alcool e di uno schermo gigante fissato sul fondo di un palchetto rialzato. Ovviamente, i ragazzi rendono l'atmosfera rilassata e divertente nonostante Wonho e Grace siano andati a letto, facendomi dimenticare un poco il fatto che sono qui principalmente per stare accanto a lei.

GD mi porge un crostino, stravaccato come me sul divanetto di velluto nero. Scuoto la testa con un sorriso, accavallando le gambe fasciate dai collant.

"Perché non canti tu?"

Incredibile: sto davvero parlando con G-Dragon come se fosse un amico?

Grazie, Dio, per averci dato l'alcool.

Lui ride apertamente, i bei capelli che ondeggiano quando inclina la testa all'indietro, scoprendo il collo. Dio, che leccat...

"Ehm, cosa?"

"Vuoi cantare con me?"

"Grazie, Kwon Ji Yong, ma non sono davvero in grado..."

"Che peccato." Alzandosi, GD mi posa una mano sulla coscia.

Che?!

Poi si dirige sul palco: un concentrato di sesso che minaccia di farmi impazzire.

Contegno, contegno...

E inizia a cantare "Heartbreaker".

*** *** ***

Rileggo il foglietto per la centesima volta e mi rigiro nel letto dell'albergo, abbracciata al cuscino più morbido della mia vita, che però non compensa minimamente il dolore atroce che mi attanaglia la testa. Grace ha ovviamente soggiornato da Wonho, mentre per me i ragazzi – i Monsta X, per la miseria! - hanno prenotato una suite squisitamente arredata, benché un po' troppo sfarzosa per i miei gusti, a pochi passi dalle vetrine di Tiffany e Valentino.

"Cazzoooooooooooooooo... che mal di testa."

Mi costringo seduta, al centro del lettone king size, e noto che fuori è una splendida giornata d'autunno. Brancolo verso la caffettiera e poi, mentre aspetto che si scaldi, apro la porta a vetri scorrevole ed esco sull'ampio terrazzo squadrato, fermandomi sotto al gazebo grondante un'edera verdissima.

'Canti bene', c'è scritto.

Già, ma chi l'ha scritto? La mia razionalità suggerisce che dovrei sentirmi lusingata e basta – malgrado non ricordi affatto di aver cantato – mentre la HotElena... "Fa che l'abbia scritto lui, fa che l'abbia scritto lui..."

Mi sorprendo delle mie stesse parole. Scuoto la testa e torno dentro. Per fortuna l'aroma inconfondibile dell'espresso combatte bene i fumi dell'alcool e, dopo una doccia lunga un secolo, mi sento quasi umana. O, almeno, abbastanza in forma da affrontare un'intera giornata all'atèlier, dato che per niente al mondo potrei ritardare la consegna dell'abito per Grace.

*** *** ***

I miei tacchi rimbombano nell'ampio salone al piano terreno, adesso in penombra. Evito l'ascensore perché mi sento tesa e ho bisogno di muovermi, così salgo la prima rampa di scale, illuminata dai finestroni affacciati su un traffico intervallato da piccole, rotonde aiuole fiorite. Continuo su per la seconda rampa.

Ancora, il 'canti bene' non mi abbandona, come non lo fanno quegli sguardi sottili e quel suo respiro sul retro del mio orecchio. La terza, e...

"Accidenti!"

Mi sarei dovuta fermare al secondo piano. Sono proprio un'idiota.

Infine, sospirando, scendo e poi imbocco il giusto corridoio, accendendo tutte le luci, e faccio per infilare la chiave nella toppa della grande porta di metallo.

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