Di solito sono una persona loquace, forse troppe volte sfociò nell'essere logorroica ma per ora rimango in silenzio a guardare il cielo traslare lentamente dal grigio al nero della notte, lasciando che i contorni dei condomini situati di fronte a me lentamente svaniscano lasciandoli visibili solo grazie alle luci di chi vive all'interno di essi.Restare o andare?
Questa è la domanda che mi è stata posta, ho la risposta?Restare sarebbe fare un passo avanti, andare a casa sarebbe buttare via tutto l'anno passato a cercare di vincere la borsa di studio, sarebbe fare non solo un passo, ma sarebbe farne dieci indietro.
Afferro la busta in meno del tempo previsto, mi dirigo a passo spedito verso l'ufficio, ho la mia decisione definitiva.
«Vado in New Jersey» mi limito a dire mentre tutte le persone nella stanza si voltano a guardarmi, Aaron si limita ad alzarsi e sorridermi come se fosse fiero della mia scelta finale.
L'aereo mi ha sempre causato problemi, in parte perché stare sospesi nel nulla è qualcosa che non mi da tranquillità, in parte perché non ho mai nulla da fare e, infine, in parte perché al mio fianco mi trovo sempre delle persone strambe con comportamenti al limite del sopportabile e dell'immaginabile; per quanto riguarda l'aeroporto invece ho sempre avuto dei problemi per quanto riguarda il senso dell'orientamento se mi perdo al supermercato dietro casa mia di una grandezza pari a dieci metri quadrati, immaginiamoci cosa vuol dire lasciarmi vagare da sola in un aeroporto.
In lontananza vedo una bandiera americana e una bandiera che mi scalda decisamente il cuore, la bandiera di casa mia, la bandiera italiana.
Mi avvicino cautamente al gruppo di persone che reggevano quella bandiera, le valige creano quel rumore di rotelle conti piastrelle disconnesse che non auguro a nessuno di sentire così a lungo.«Benvenuta Uma!» urlano in coro per poi assalirmi in un abbraccio di gruppo, era da così tanto che non ne ricevevo uno, il mio cuore sta chiedendomi di uscire dalla mia gabbia toracica ma quel forte abbraccio la sta mantenendo al suo posto.
I miei nuovi genitori ospitanti sono i primi a presentarsi, dopo di che c'è mia sorella ospitante e infine i miei due fratelli ospitanti.
«Io sono Grayson, non diffidare da quella imitazione qui accanto, io sono l'originale» afferma per poi placarsi davanti a me facendomi l'occhiolino.
«Io sono Ethan, e essendo il più vecchio possiamo definire lui la brutta copia» controbatte il fratello gemello, si piazza davanti al fratello standomi pericolosamente vicino, mi porge la mano aspettando solo che io la stringa, così lo accontento.
«Hai le mani calde, si vede che sei italiana» mi dice con un sorriso inspiegabile sulle labbra, come se fosse fiero della sua stessa frase, continua a stringermi la mano senza distogliere lo sguardo dal mio rendendo la situazione semplicemente imbarazzante, così lentamente allento la presa dalla sua mano.
«Io sono Uma, grazie mille» mi limito a dire non avendo ancora molte parole per spiegare ciò che sto provando in questo preciso istante.Ci separiamo subito fuori l'aeroporto, io e i miei due nuovi fratelli andremo all'appartamento con la macchina di Ethan e Cameron e i miei nuovi genitori andranno alla casa di famiglia.
«Allora, come è andata la tua esperienza fino ad ora?» mi chiede Ethan voltandosi per un istante a guardarmi mentre siamo fermi ad un semaforo rosso.
«Sí, dai, dicci un po' come è stato fino ad ora il tuo scambio» insiste Grayson dal sedile posteriore subito dietro il mio.Nella mia mente i ricordi della vecchia famiglia salgono a galla, come se fossero urla che echeggiano in una stanza mal isolata e priva di mobili.
Lentamente perdo i contatti con il mondo esterno fino a quando non sento una mano prendermi il polso e stringermelo con quella dose giusta di forza e di delicatezza, quell'equilibrio perfetto che basta a farti sapere della presenza indelebile di qualcuno al tuo fianco.«Scusa, non volevo farti entrare in questo argomento solo per renderti triste, mi dispiace» dice Ethan sotto voce come a non volersi far sentire dal fratello.
«Non ti preoccupare» gli rispondo imitando il suo tono di voce una volta tornata nel mondo dei vivi.
«Per ora nulla di incredibile, poteva andare meglio ma almeno un mese è passato» dico questa volta alzando il tono di voce per fare in maniera tale da far capire anche a Grayson questa parte del discorso.Per il resto del viaggio in macchina le conversazioni si sono tenute sul presentarsi e poi su un certo video da editare di cui non ho capito un acca, ma suppongo che più avanti capirò.

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home//e.d. STANDBY
Fanfiction«sei diventata parte della famiglia ora, e la famiglia non si lascia indietro, neanche se urlano in macchina, neanche se non sanno preparare il tè, neanche se quanto dormono parlano e ti tengono sveglio tutta la notte, la famiglia non si lascia indi...