Questa settimana è stata abbastanza difficile da superare, ho affrontato il primo giorno di scuola in un paese completamente nuovo, e non è stato facile, anzi, è stato abbastanza imbarazzante, a scuola sembrava che già tutti mi conoscessero e non facevano altro che riferirsi a me come "la ragazza dei due gemelli" se avevano toni gentili e "la ragazza dei due gemelli fastidiosi dell'anno scorso" se invece utilizzavano toni meno graziosi.
Per di più questa settimana non sono stata molto con Ethan e Grayson perché erano impegnati a filmare video e a editarli per potersi così ritagliare del tempo libero durante la prossima settimana, solo per poi passare la settimana dopo di nuovo a lavorare per avere dicembre un po' più libero.È finita la prima settimana di scuola e ora come ora ho solo bisogno di una pausa, ho solo bisogno di tornare a casa, bermi un tè caldo e mangiare qualcosa di dolce.
«Grayson, Ethan» urlo i loro nomi non appena entro a casa, lascio la cartella in ingresso e mi tolgo le scarpe sostituendole con un paio di ciabatte anti sesso a forma di mucca.
«Grayson, Ethan» li chiamo nuovamente solo per potermi accertare che mi avessero sentito.
«Sono qui» risponde la voce che dopo poco identifico come Ethan.
«Grazie per essere specifico nel dirmi dove sei» borbotto in risposta mentre lentamente mi muovo per i corridoi della casa cercando di identificare da dove la sua voce provenga.«In studio» urla.
«Grazie» gli rispondo allora dopo essermi addentrata nella stanza dove si trovava lui.Era seduto su un divanetto con in mano il computer come il suo solito.
Mi siedo al suo fianco e rimango lì ferma con lui ad aspettare un qualche segno vitale.«Come è andata a scuola?» mi chiede allora per poi chiudere il computer e poggiarlo davanti a se, su un tavolino.
«È andata» gli rispondo tagliando corto, infondo non serve che venga a sapere tutto, non lo vorrebbe neanche sapere.
«Sai che se hai bisogno io sono sempre qui» mi ripete per poi darmi un po' di attenzione voltandosi verso di me.«Grazie, allora come sta andando con i video?» gli chiedo.
«Stavo per prendermi una pausa, sei arrivata al momento giusto, ti va di andare a mangiare qualcosa?»
«È sempre un buon momento per il cibo» mi limito a rispondergli con un sorriso a trentadue denti sulle labbra.In macchina non facciamo altro che cantare canzoni improbabili, come il solito.
Arriviamo in un piccolo bar molto carino in mezzo al nulla, probabilmente nessuno va in quel posto più da anni, al di fuori di tre persone abituali.«Sai, ogni tanto mi sento incredibilmente giù senza un motivo specifico, come se improvvisamente cadessi nel nulla» gli dico di punto in bianco sentendo il bisogno di parlarne.
«Perché?» mi chiede allora concentrando tutta la sua attenzione su di me, lo noto dal fatto che chiude rapidamente il menù e liquida il cameriere con un segno della mano.«Non è casa» gli rispondo più semplicemente.
«Come possiamo farla sentire casa?» chiede allora Ethan.
«Non so» gli rispondo tagliando corto.Nel suo viso vedo quel briciolo di amarezza che mi fa venire le guance rosse dal senso di colpa.
Riesco a vedere nei suoi occhi quella tristezza portata dal non sentirsi abbastanza, e dall'impotenza nei miei riguardi, come se si sentisse in ogni maniera descrivibile inutile.«Ethan, ascoltami, non è una cosa relativa a voi, non riguarda te, è solo che sono passati due mesi e inizio a sentire la mancanza di casa, mi mancano i tè caldi che mi prepara ogni sera mia mamma, mi manca poter parlare in classe senza aver paura di sbagliare tempo verbale, mi manca uscire per strada e trovare gente che si urla dietro perché uno non ha messo la freccia per girare, mi mancano così tante cose e infondo lo sapevo che sarebbe stato difficile» gli dico tutto d'un fiato, ora la situazione si è invertita, sono io che sto cercando di tranquillizzarlo.
Non risponde, rimane in silenzio lasciandomi tutti i dubbi sul fatto che avesse capito cosa volessi dire.
«Ethan, te la sei presa?» gli chiedo portando una mano sulla sua premuta sul tavolo.
«No, tranquilla» mi risponde per poi alzarsi e sedersi al mio fianco invece che davanti a me.
«Sei sicuro?» gli chiedo nuovamente come se non mi avesse convinto la sua risposta.
Non mi risponde ma invece di usare le parole si avvicina al mio corpo e circonda il mio busto con le sue braccia come ad abbracciarmi.«Non so quanto possa essere difficile per te, ma voglio che questa sia come casa per te» mi risponde per poi lasciare che le sue braccia mi stringano appena più forte.

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home//e.d. STANDBY
Fiksi Penggemar«sei diventata parte della famiglia ora, e la famiglia non si lascia indietro, neanche se urlano in macchina, neanche se non sanno preparare il tè, neanche se quanto dormono parlano e ti tengono sveglio tutta la notte, la famiglia non si lascia indi...