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12 gennaio 2007

Ed eccomi qui al The Black Ball, il locale dove si gioca a biliardo a Viale Angelico.
Era la prima volta che ci andavo e a trascinarmici è stata Lea, che aveva un flirt col figlio del proprietario. Fino a qualche mese addietro non pensavo che l'avrei più vista e tantomeno avrei immaginato di ricominciare ad uscirci assieme. E invece... Ci eravamo incontrate alla festa di Capodanno a casa di un mio amico. Qualche shot di tequila e amiche come prima.
Iniziammo a giocare con un gruppo di amici suoi... o meglio, loro giocarono; io li guardai e basta. Annoiata, mi allontanai un attimo in cerca del bagno quando urtai il dorso di un ragazzo intento a colpire la pallina bianca.
«Scusa» feci imbarazzata.
Lui non si scompose: colpì la palla e ne mandò una in buca. Solo allora si voltò e non appena lo ebbi riconosciuto il mio cuore sussultò. Era Jack, in carne ed ossa; affascinante come sempre e con un po' di barbetta a coprirgli le guance soffici.
«Sofia?» disse lui, sorpreso.
«Jack...»
Non feci in tempo a preoccuparmi di cosa aggiungere che lui mi aveva già abbracciato con le sue braccia avvolgenti. Inspirai profondamente cercando di farmi inebriare dalla sua colonia e mi sentii a casa dopo tanto tempo, in quell'abbraccio. Finalmente.
Mi presentò ai suoi amici, dei ragazzi che sembravano fatti con lo stampino e molto simili a lui nei modi e nel vestire. Poi indicò una ragazza, una certa Gaia, la quale mi squadrò da capo a piedi e disse di aver sentito parlare di me.
Ci scambiammo due parole, quindi Lea mi fece segno che la loro partita era finita e che stavano andando via.
«Devo andare» gli dissi e sul suo volto comparve una espressione dispiaciuta.
«Okay. Teniamoci in contatto, ti va?» fece lui, accarezzandomi il braccio. Annuii senza nemmeno aver realmente capito cosa mi avesse chiesto, tanta era l'emozione.
Uscita dal locale, mi avviai verso la macchina di uno del gruppo sconvolta da quanto era appena accaduto... Avevo davvero rincontrato Jack? Era proprio lui? E mi aveva abbracciato?
Il flusso dei miei pensieri fu interrotto bruscamente dal suono della sua voce. Mi stava chiamando.
Mi voltai. Vederlo mentre mi veniva da me mi fece rabbrividire. Era tutto reale?
«Sofi, aspetta!»
Ci sono occasioni che bisogna cogliere al volo. Conscia di ciò, zittii tutte le vocine nella mia testa, gli corsi in contro e lo baciai. Sì, lo baciai. E per quanto breve fu bellissimo. Scrivo breve perché lui mi scostò poco dopo, dicendo: «sono venuto per darti il mio numero». Era imbarazzatissimo e come biasimarlo...
«Ah, giusto, il numero...»
«Sto con Gaia» fece impacciato.
«Scusa. Forse è meglio che vada» farfugliai quindi, cercando di mascherare il mio imbarazzo.
«Forse sì, ma non sparire. Tieni, questo è il mio biglietto da visita. Scrivimi, ti prego.»
«Va bene.»

Entrata in macchina, chiesi al conducente di portarmi il più lontano possibile. Lea mi domandò se cosa avesse visto fosse vero e poi se fossi completamente impazzire. Anche l'altra ragazza seduta dietro con noi mi porse alcune domande, ma io non risposi. Tutto quello cui riuscivo a pensare era alla pessima figura che avevo fatto e a quel bacio... sì, quel bacio per quanto breve era stato fantastico e lui aveva ricambiato.
Se solo lo avessi baciato ad Amsterdam...




24 gennaio 2007

Non avevo avuto il coraggio di chiamarlo, come prevedibile. Troppo era, in fin dei conti, l'imbarazzo. Però non avevo fatto che pensare a lui, a quel bacio, alle sue labbra.
E più ci pensavo, più aumentavano la frustrazione e il mio senso di impotenza. E, ovviamente, aumentava anche il mio consumo di stupefacenti. Era un circolo vizioso: a ogni pasticca che ingerivo o marijuana che fumavo mi sentivo ancora più senza speranze e lontana da lui; dunque continuavo, alla ricerca di un modo per zittire i miei pensieri e scacciarlo dalla mente. Impossibile.
Temevo di non uscirne.





3 febbraio 2007

Il 3 febbraio di quell'anno successe una cosa inaspettata: fu lui a contattarmi. Il mio numero, d'altronde, era sempre rimasto lo stesso.
Mi scrisse un messaggio, il cui testo non dimenticherò mai...
"Sei sparita. Ti avevo chiesto di non farlo."
Non risposi e due giorni più tardi ne arrivò un altro: "Capisco l'imbarazzo, ma credo non sia il caso di perdersi nuovamente. Non voglio".
"Neanche io".
"Allora non sparire."
"D'accordo. Scusa."

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