Cantare, piangere, baciare

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Quello che amava del caos era la sua imprevedibilità. Un’arma a doppio taglio ma efficace se sapevi farne buon uso e lui era sempre stato piuttosto abile a maneggiarla.
Era andato tutto secondo i piani. Si era sbarazzato di Ned Stark e di Lysa. Aveva fatto un buon lavoro anche con Sansa. Guadagnarsi la sua fiducia, portarla ad aver bisogno di lui, era stato facile. Una ragazzina sola, spaventata, con anni di lutti e soprusi alle spalle.
Quando era arrivata a Nido dell’Aquila Sansa Stark non aveva più niente e poteva contare solo sull’affezionato amico di Catelyn. L’uomo che aveva amato l’adorata madre tutta la vita. Si era lasciata guidare, convincere. Non aveva altra scelta.
Povera, piccola Sansa. Povero uccelletto. Così ingenua e così inutile. Con la testolina piena di sciocchezze. Era stato costretto a venderla ai Bolton. Consegnarla a chi l’avrebbe spezzata per poterla rimodellare a immagine e somiglianza di chi avrebbe fatto al caso suo. Al caso suo e a Grande Inverno.
Ancora una volta aveva previsto ogni cosa. Sansa era fuggita e si era ripresa il Nord, ma il pesciolino si era rivelato più lupo di quanto avesse immaginato e i lupi non si possono domare. Non che gli dispiacesse – in Cat c’era una ferocia che lo aveva sempre affascinato – il problema era che aveva sottovalutato il bastardo.
Sansa avrebbe dovuto servirsi del fratellastro per poi sbarazzarsene una volta ottenuto ciò che voleva, come le aveva insegnato a fare con le pedine diventate inutili.
Non l’aveva mai sentita parlare di Jon Snow e sapeva che Cat lo odiava. Aveva contato sul fatto che la madre avesse trasmesso il suo odio alla figlia o almeno indifferenza.
Forse era stato così. Era stato così prima ma Sansa era cambiata. Se lui era stato il fautore del cambiamento, Jon Snow lo aveva ribaltato. La principessa del Nord si sentiva al sicuro con lui e l’istinto di sopravvivenza aveva lasciato il posto a un ritrovato senso di appartenenza famigliare e alla fiducia in un uomo che era troppo perfetto per essere vero.
Un eroe.
Uno Stark.
Jon Snow era bello come Brandon e Lyanna, forte e onorevole come Eddard. Ditocorto poteva solo sperare che fosse altrettanto ottuso, ma ne dubitava. Il ragazzo aveva fatto parecchia strada, i suoi uomini lo amavano. La sorella lo amava.
Anche in questo era come sua madre. Sansa desiderava le cose più belle e più dolci. Le cose migliori. Quando l’aveva fatta fuggire da Approdo del Re, nonostante le amorevoli attenzioni di Joffrey, era ancora una bambina. Bolton avrebbe dovuto spazzare via quello che era rimasto di una Sansa che non sarebbe servita a nulla, quella che non si sarebbe mai unita a lui. I sogni di valorosi eroi si sarebbero scontrati con la realtà e il loro infrangersi avrebbe forgiato la donna oscura, dedita al caos, che stava aspettando.
Ma il bastardo aveva rovinato tutto.
Un altro maledetto Stark. Di nuovo.
Si sarebbe sbarazzato di lui come degli altri?
Cat non glielo aveva perdonato. Nemmeno Sansa lo avrebbe fatto. Sansa meno di Catelyn. C’era una devozione in lei, un bisogno che non aveva mai visto in sua madre. Non nei confronti del marito. Solo dei figli.
Ditocorto aveva progettato di ottenere una donna spezzata e il risultato era stato quello di far venire alla luce una Regina, sì vulnerabile ma anche arrabbiata e implacabile.
Jon Snow era l’uomo perfetto per lei, perché avrebbe protetto quella vulnerabilità invece di approfittarne. L’aveva servita invece di servirsene, sacrificandosi senza chiedere in cambio sacrificio. L’aveva resa forte e legata a sé senza volerlo. E lui, il grande burattinaio, si era trovato a essere il burattino. Se gli Stark erano tornati in possesso di Grande Inverno era solo merito suo. Sansa avrebbe fatto bene a ricordarlo.
Le sue spie all’interno del Palazzo sussurravano che i fratellastri condividessero il letto, senza consumarlo. Si era chiesto a che gioco stessero giocando e aveva iniziato a domandarsi come usare la più letale delle debolezze, il più potente alleato del caos: l’amore.
Se lo stava domandando anche il quel momento, mentre li osservava senza essere visto dalla porta socchiusa della Sala Grande.
Il bastardo le aveva preso la mano e l'aveva baciata. Non poteva vederlo in faccia ma nemmeno gli interessava, sapeva cosa ci avrebbe trovato. L’onorevole e valoroso Jon Snow non era capace di resistere alla sua bella sorella, ma nemmeno di prendersela.
Per Ditocorto aveva poca importanza, contava solo l’espressione sul volto di Sansa. Un’espressione che non aveva mai visto sebbene avesse osservato quel volto a lungo.
Lo baciò sulla guancia senza allontanare il viso dal suo. Durante i loro ultimi colloqui lo aveva respinto duramente. Con il fratello, invece, sembravano non esistere distanze o restrizioni. Lo toccava, permetteva che lui la toccasse. Petyr sentì bruciare sotto il farsetto la cicatrice che Brandon Stark gli aveva lasciato a Delta delle Acque.
Le redini del caos gli stavano sfuggendo di mano. L’inaspettata piega che gli eventi avevano preso non era disordine da sfruttare a proprio vantaggio, ma un’ironica inaspettata circolarità. Di nuovo, un altro Stark, stava per essere scelto al posto suo.
Non avrebbe ripetuto gli errori del passato, non sarebbe stato tanto sciocco.
Se uccidere Jon Snow era troppo pericoloso, si sarebbe preso sua sorella. Senza chiedere.

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