CAPO TEMPESTA

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Capo Tempesta si trovava leghe e leghe al sud di Approdo del Re, ma era più fredda, più inospitale, più selvaggia. Il vento freddo del Mare dei Brividi si scontrava con quello arido del Mare dell'Estate, e le correnti erano infide e tremende. Dale sentiva il cuore esplodergli nel petto mentre si reggeva alle funi dell'albero maestro, bagnato fradicio e terrorizzato, rimanendo a osservare la figura sicura del padre sulla prua, il timone stretto tra le sue forti mani mentre la loro nave scivolava tra i grossi dromoni dalle vele brillanti. Dale non conosceva quei simboli. Un grappolo d'uva viola su campo blu, una rosa dorata sul verde, altri simboli che per il giovane ragazzo significano poco più che nulla.

Davos alzò un braccio, e l'equipaggio si mise a correre per il ponte della nave come uno sciame di api in un alveare, scontrandosi, scivolando sul legno bagnato dalla tempesta in corso, e Dale si affiancò al padre. A poco più che sedici anni, Dale era già più alto di lui, ma molto, molto più filiforme, con i capelli castano chiaro della madre e gli occhi grigi e profondi del padre, ancora però cristallini, inesperti. Non avevano ancora visto tutta la sofferenza del mondo, era a malapena un mozzo sulla nave nera di Davos.
-Capitano- sussurrò Dale, aggrappandosi istintivamente alla manica del padre. Davos non accettava nessun sentimentalismo a bordo della sua nave, anche se amava suo figlio maggiore più della sua stessa vita. Normalmente l'avrebbe scacciato, su una nave la disciplina è tutto, continuava a ripetere allo stesso Dale e all'ancora giovane Allard, ma vederlo così terrorizzato mosse qualcosa nel suo forse troppo tenero cuore. Prese la sua mano nella propria e la strinse forte, e il figlio ricambiò la stretta, disperatamente.
-Andrà tutto bene, Dale- gli disse, precedendolo. Gli sorrise e gli passò una mano tra i capelli bagnaticci e glieli tirò indietro, liberando la sua visuale. Il ragazzino sembrò rilassarsi, ma nei suoi occhi sgranati leggeva ancora il panico. -raggiungeremo quella caverna, e Lord Baratheon ci ringrazierà per avergli portato il cibo, e poi torneremo da mamma e da Allard e Matthos con tanti soldi! Vivremo bene e potremo prenderci tante cose, te lo prometto.-
Dale si concesse un mezzo sorrisetto. -Grazie pa- ah... capitano.-
Si rizzò bene in piedi e corse sul ponte della piccola nave, afferrando saldamente una corda e tirandola, aiutando la nave a procedere, fino alla caverna sotto il grande castello di Capo Tempesta.

-Ricorda, Dale- lo ammonì Davos, prendendo il figlio per un braccio e tirandolo avanti a tutti gli uomini dell'equipaggio, intenti a scaricare le provviste di pesce salato e cipolle nella piazzetta centrale del castello. -Ai lord piace quando uno come noi si inginocchia a lui. Quando gli dimostriamo di essere inferiori. Appena arriva il lord, tu abbassa la testa e inginocchiati, e vedrai che sarà felice.-
Dale annuì, poco convinto. Non voleva sottomettersi a un lord che dipendeva da lui. Era merito suo e di suo padre se quel lord sarebbe sopravvissuto altri giorni, se non sarebbe morto di fame. Eppure doveva sottomettersi, accettare quelle sue presunzioni.
Tutto ad un tratto l'aria gelida di Capo Tempesta sembrò farsi ancora più fredda quando, da dentro il castello, arrivarono voci e rumore di metallo. Uscirono diversi cavalieri, emaciati e dalle armature ormai larghe per i loro corpi sofferenti, e tra loro un ragazzino. Non doveva avere che pochi anni in più dello stesso Dale, alto oltre i due metri, superava di almeno una testa tutti i suoi cavalieri. I vestiti scuri cadevano sul suo corpo pelle e ossa male, facendolo sembrare ancora più gracile e malato di quanto il suo viso scavato e severo, troppo severo per la sua giovane età, già non sembrasse. La sua pelle diafana sembrava essere tanto delicata e sottile da poter essere rotta anche solo a sfiorarla, e su essa i suoi ribelli capelli neri e gli occhi blu come il cielo all'alba risaltavano, anche troppo.
Dale si inginocchiò, come disse il padre poco prima, ma, alzando appena la testa, notò che Davos non lo fece. Rimase a osservare il giovane lord negli occhi, con uno strano sguardo che ancora non gli aveva mai visto. Si inginocchiò lentamente, quasi controvoglia quando il giovane nobile gli fu a qualche passo di distanza. Sul suo viso austero si formò quasi un sorriso.
-Mio lord...-
-Non sono nessun lord, contrabbandiere.-
Anche la sua voce era immatura, ancora giovane. Questo è solo un bambino, pensò Davos, rialzando la testa. -Ser?-
-Preferisco i libri alla spada. Ritenta.-
Davos alzò un sopracciglio, divertito da quella sfida, anche se la situazione era tutt'altro che divertente. -"Mio signore" può andarti bene?-
Il ragazzino moro si lasciò scappare un mezzo sorrisetto soddisfatto sul volto austero. -Può andare.-
Davos si alzò in piedi, con una strana foga, e Dale subito dopo di lui.
-Sono qui per portarti questo carico di pesce e cipolle, mio signore.-
Il ragazzetto moro passò lo sguardo sulle casse stracolme di cibo dietro di loro, sfregando le dita sul mento ancora sbarbato. -E dove l'hai trovato?- chiese, con tono accusatorio. Davos alzò le spalle. -Ha importanza ora?-
-No, ora non ce l'ha.-
Gli occhi blu scuro del giovane nobile passarono su tutto il corpo del contrabbandiere, studiandolo con attenzione e con una certa nota di divertita curiosità. Nel modo in cui lo guardava, sembrava quasi confuso. Poi il suo sguardo passò su Dale, e il giovane sentì un brivido percorrergli la schiena. Il suo sguardo era cambiato, più rigido e distaccato. Si sentì perforare da quegli occhi, che con la luce dell'alba sembravano quasi cambiare colore. Quasi neri di notte, col sole che pian piano saliva in cielo cambiano tinte e sfumature, passando da un blu scuro a quasi un violetto, per poi tornare blu, più chiari e ancora più intensi. Dale abbassò istintivamente lo sguardo, e sentì il nobile sbuffare.
-Io sono Stannis Baratheon, castellano di Capo Tempesta e fratello minore di Robert, lord di questo castello. Ti ringrazio per questo carico, ci hai salvato la vita.-
Senza mostrare nessuna calorosità né gratitudine, si voltò verso i propri uomini, in attesa dietro di lui. -Spartite il cibo per tutti gli uomini della fortezza, in egual numero. Non voglio differenze.-
Si voltò appena verso Davos, uno strano sguardo negli occhi. -Seguimi. Abbiamo affari di cui discutere.-
Senza aspettarlo girò i tacchi e si diresse verso la torre principale del castello, a passi veloci, troppo veloci, seguito a malapena da Davos. Dale, terrorizzato e confuso, si aggrappò alla schiena del padre e lo seguì, esitante.
Il castello era buio, freddo e spiacevole, e al suo interno echeggiavano pianti ti donne e bambini. Dale sentì un brivido lungo la schiena, di nuovo. Quel posto non gli piaceva, ma non poteva far altro che seguire il padre.
Stannis si aggrappò con la mano scheletrica al corrimano e salì le scale di pietra due a due con le sue lunghe e affusolate gambe tremanti, seguito a poca distanza da Davos, ben più basso e con più anni sulle spalle del giovane Stannis, per il quale già un gradino era fin troppa fatica.
-Stannis!- gridò una voce, alla fine della rampa. Un uomo anziano, vestito da maestro, fece capolino dal muro alla fine delle scale. -Fai con calma, sei debole, non mangi da giorni!-
-Taci, Cressen.- ringhiò il ragazzo moro a denti stretti. Salì la scalinata sempre più lentamente, il viso sempre più congestionato e il fiato sempre più corto, ma arrivò in cima. Una volta al fianco del maestro, però, collassò a terra dalla fatica.
Davos corse quasi per raggiungerlo, stranamente preoccupato, e si inginocchiò al fianco del ragazzino. Il maestro sembrò quasi non reagire, inginocchiandosi a sua volta e passando una mano sulla fronte madida del ragazzo. -Succede troppo spesso, ormai.- sussurrò all'incredulo contrabbandiere.
-È sempre stato un bambino malaticcio... senza mangiare da così tanto tempo non ha fatto altro che peggiorare la sua condizione.-
Alzò lo sguardo su Davos, abbassando ulteriormente il tono di voce. -Per cortesia, aiutami a portarlo nelle sue stanze... sono troppo vecchio per sollevarlo, ormai...-
Davos annuì con sicurezza e passò le braccia sotto al corpo pelle e ossa del giovane, sollevandolo fin troppo facilmente. Era ben più alto di Davos, ma non pesava nulla.
-Dale, torna dagli altri, e rimani là.- lo ammonì suo padre, tenendo Stannis tra le braccia, protettivamente. Dale rimase a fissarlo, incredulo e contrariato.
-Dale!- gridò ancora Davos, ben più nervoso. -Fa' quel che ti dico, subito!-
Dale strinse i pugni e, contrariato, scese di nuovo le scale. Non voleva che suo padre fosse così preoccupato per un lord. Aveva rischiato di essere catturato e ucciso dai nemici pur di portargli dei rifornimenti, e ora questo. Uscì dal castello e non si voltò.

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