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Primo giorno. Primo giorno di lezione, in una nuova città, con nuove persone, nell'università più prestigiosa d'Italia. Non riuscivo a nascondere le mie sensazioni. Ciò che provavo mi si leggeva in faccia. L'emozione mista ad ansia si faceva largo in me. Era proprio il caso di dirlo, era il primo giorno di una nuova vita.

Ero appena giunta al dipartimento di storia dell'università di Bologna. Seduta su una delle panchine del giardino interno mi accesi una sigaretta mentre mi guardavo intorno. Avevo ancora quindici minuti prima dell'inizio della mia prima lezione universitaria, ancora una manciata di minuti per godermi quell'attimo. Mi sentivo grande, una persona matura che finalmente aveva uno scopo nella sua vita, anche se questo scopo non mi si era ancora palesato. Le persone affollavano quel giardino, impegnate in un dialogo costante, bevevano caffè,mangiavano un cornetto preso al bar sotto la facoltà, rollavano sigarette. Sembravano tutte persone così interessanti e affascinanti. E io mi sentivo così insignificante, quasi invisibile.

Una ragazza si avvicinò alla mia panchina con un sorriso stampato in faccia.

"Ciao,scusa, avresti per caso l'accendino?" Sorrise ancora. Pensavo che la sua faccia potesse spaccarsi a metà a causa dello sforzo sovraumano per mantenere quell'enorme sorriso che le riempiva il volto.

Io accennai un sorrisino poco convincente e le passai l'accendino.

"Grazie. Sei anche tu qua per seguire le lezioni?" Chiese continuando a sorridere.

Che domanda stupida. Certo che ero lì per seguire le lezioni, cos'altro ci avrei potuto fare alle nove del mattino davanti alla classe 1 ad inizio Ottobre?

"Si, tu?"

"Si, devo seguire storia medievale, anche tu?" Sorrise, di nuovo. Mi chiedevo se fosse possibile sorridere più di così.

Annuii. E lei riprese a parlare, senza preoccuparsi tanto del fatto che io le avessi risposto solo con un leggero movimento del capo e con un mugolio non meglio identificato.

"Finalmente conosco qualcuno che segue questa lezione. Conosco pochissima gente e nessuno deve seguire questo corso, almeno adesso conosco te!"

"Io non conosco praticamente nessuno, se non contiamo i miei coinquilini."

Rise, proprio di gusto.

"Io sono Ginevra comunque, piacere."

"Vittoria." Sorrisi anche io a quel punto. Quel suo sorridere continuamente era dannatamente contagioso. Il suo modo di fare spumeggiante ti coinvolgeva. Era come se la sua figura fosse circondata da un'aura di allegria e felicità. Faceva un po' a pugni con la mia di aura che trasmetteva soltanto ansia e cinismo.

"Oh guarda come è tardi, conviene entrare, non mi sembra l'ideale entrare in ritardo il primo giorno di scuola." Disse Ginevra, e continuava a parlare, nonostante io mi fossi già alzata da quella panchina, nonostante stessimo già camminando verso la classe.

Entrammo in classe. Era già piena. Ginevra individuò due posti liberi e vicini in seconda fila e vi si diresse a passo spedito, poi si sedette in uno dei due posti. Io stavo ancora in piedi sulla porta a fissare la gente che prendeva posto e socializzava, lei si sbracciava per far in modo che la raggiungessi e mi sedessi al suo fianco. La raggiunsi, lentamente, ancora stravolta un po' dalla valanga di parole che mi aveva riversato addosso e un po' anche per la nuova situazione in cui mi trovavo.

Non riuscii a riorganizzare i miei pensieri in tempo che nella classe calò il silenzio. Mi sedetti in fretta, appena in tempo. La professoressa entrò in classe.

"Buongiornoa tutti, benvenuti al corso di storia medievale di quest'anno. È il primo corso che seguite quest'anno giusto?"

"Veramente è il primo in assoluto prof!" Esclamò un ragazzo in fondo alla classe e fu seguito da una serie quasi infinita di risatine isteriche.

La professoressa sorrise malignamente. "Bene, ottimo! Benvenuti all'università allora. Non perdiamo altro tempo e iniziamo subito. Immergiamoci subito nell'epoca medievale. Così maltrattata dalla maggior parte degli studiosi, ma che ha un suo certo fascino..." Continuava a parlare, velocemente, e tutti si affannavano a prendere appunti. E io. Beh io, ero ancora intontita. Troppi avvenimenti, troppi cambiamenti, in troppo poco tempo. La mia mente cercava di abituarcisi, cercava di stare al passo, di non rimanere indietro. Compito arduo.

Fissavo un punto a caso sopra la testa della docente. E pensavo. Pensavo che quello era davvero il primo giorno della mia nuova vita. Pensavo, con una punta di impazienza, a tutte le avventure che mi aspettavano in quella nuova città, a tutte le persone che avrei conosciuto, a tutte le cose che avrei scoperto. Da quel giorno in avanti ogni giorno mi sarei recata in questo edificio, avrei seguito le lezioni, studiato in biblioteca, visto volti sempre nuovi, dato esami. Da quel giorno quella diventava la mia seconda casa.

A metà lezione aprii il quaderno e iniziai a prendere qualche appunto. Niente di troppo serio, solo qualche frase buttata su quel foglio bianco, qualche disegno sul suo margine, qualche riga tracciata con troppa forza.

Le due interminabili ore finirono. La lezione fu interessante fino ad un certo punto, niente di nuovo insomma, la storia medievale era rimasta la stessa da quando l'avevo studiata per la prima volta alle scuole superiori fino a quel preciso istante nel dipartimento di storia di Bologna.

Appena fuori dalla classe Ginevra si accese una sigaretta e io la imitai. Non c'era niente di meglio di stare ferma lì, a fine lezione, e accendersi una bella sigaretta.

Ginevra stette zitta, per quasi un intero minuto. Poi la sua bocca cominciò a muoversi nuovamente. Sorrisi. Iniziava a starmi simpatica. Mi convinse ad andare a prendere un caffè con lei nel bar sotto la facoltà. La seguii volentieri. Mi sembrava così strano essere riuscita a socializzare il primo giorno di lezione, ne ero piacevolmente colpita, l'aria bolognese iniziava a farmi bene. Iniziai perfino a sorridere quel giorno.

"Ti è piaciuta la lezione?" Ginevra iniziò a parlare di nuovo non appena i nostri sederi toccarono le sedie del bar. "A me èpiaciuta molto. Molto interessante il fatto che la prof abbia voluto mettere in luce il modo in cui le persone vivevano, tralasciando magari particolari noiosi su guerre o armi."

"Si,una lezione particolare." Risposi.

Ordinò due caffè senza che io avessi il tempo di realizzare che non avevo per niente voglia di un caffè in quel momento.

"Ci sei da molto qua a Bologna?" Chiese ancora.

"No, sono appena arrivata, tu?"

"Io sono arrivata un mese fa per sistemare tutto, finire il trasloco e cose del genere. Di dove sei? Qua vicino vero?"

"Ravenna, tu?"

"Io son del sud, son terrona bella. Che bella Ravenna. E come mai studi qua?"

"Voglia di cambiare aria, non è un po' la scusa che usiamo tutti quanti per trasferirci?"

"Come darti torto." Sospirò cadendo in un vortice di pensieri tutto suo, vortice in cui io non ero ammessa, vortice che non esternò e per la prima volta in quella giornata fui io a portare avanti la conversazione con lei.

Le raccontai un po' la mia vita precedente a quel fatidico primo giorno.

Si riprese quasi subito dal suo vortice di assenza e malinconia e partecipò attivamente al mio racconto, aggiungendo commenti, brevi aneddoti simpatici sulla sua vita.

Iniziammo lentamente a conoscerci.

Giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, quel caffè a metà mattina divenne un'abitudine. Settimana dopo settimana ci conoscevamo sempre meglio. Velocemente il nostro rapporto progrediva, bruciando le tappe, con tempi accelerati. Ma tutto quanto in quella nuova città mi sembrava seguisse una propria dimensione, una diversa dimensione spazio tempo.

Plenilunio di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora