Respirai lentamente, cercando di calmarmi, ma sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. Dentro la villa la festa proseguiva, nessuno sembrava essersi accorto della mia assenza, nessuno sembrava essersi accorto che ci fosse un vampiro nel giardino.
"Cosa ci fai qua?" Chiesi lentamente, con tutta la calma che riuscii a trovare dentro di me.
"È capodanno, festeggio con te."
"Nessuno ti ha invitato."
"Giusto. Ma so che in fondo sei felice di vedermi." Disse puntando i suoi occhi iniettati di sangue dentro i miei e io mi persi per un attimo. E aveva ragione, in qualche modo ero felice di vederlo. "Dunque ho pensato bene di autoinvitarmi a questa festicciola, spero non ti dispiaccia." Aggiunse con un sorriso macabro.
"No... Mi mancavi." Ammisi. E lui mi baciò di nuovo. Le sue labbra, quelle sì che mi erano mancate sul serio. "Dobbiamo parlare." Dissi rendendomi conto che erano rimaste delle cose in sospeso dall'ultima volta che c'eravamo visti.
"Non qui, non ora Vittoria, voglio solo godermi la serata con te." Disse sorridendo.
Lo presi per un braccio e lo trascinai dentro la villa, così come lui aveva trascinato me fuori e tra la folla iniziammo a ballare. Fu una notte magica, una delle migliori serate di capodanno di sempre. Mi addormentai poco prima dell'alba tra le braccia di Massimo.
Al mio risveglio lui era sparito.
Tornai a casa e mi buttai sotto la doccia, cercando di riprendermi dalla serata precedente, sperando che l'acqua calda eliminasse tutto l'alcool ingerito la sera prima.
Era il primo giorno dell'anno e non volevo iniziare quell'anno completamente sfatta dall'alcool.
Con il tramonto comparve di nuovo Massimo. Si presentò alla porta di casa mia.
"Ma allora sei uno stalker." Dissi aprendo la porta e trovandomi il suo sorriso candido davanti.
"Chi è?" Urlò mia madre dalla cucina e all'improvviso comparve alle mie spalle. Iniziavo a sospettare che pure lei fosse una creatura sovrannaturale, dotata di un qualche potere, sicuramente quello del teletrasporto. "Oh, e tu saresti?" Disse fissando in malo modo Massimo.
"Massimo, signora. È un piacere conoscerla. Sono un amico di Vittoria."
"Non credo che tutto questo sia necessario." Dissi imbarazzata. "Accompagno Massimo a fare un giro, non ha mai visto questa zona." Balbettai a mia madre spingendo Massimo per strada, lontano da casa mia.
Mia madre, poco convinta, rientrò in casa e si chiuse la porta dietro.
Noi camminavamo per le strade di Ravenna. Massimo mi prese la mano e la strinse con la sua. Era fredda ma piacevole.
"Quindi, volevi parlare, ora possiamo. Dove mi porti?" Chiese.
"Là." Dissi indicando un giardino oltre la strada.
"Ottimo."
Attraversammo la strada ed entrammo nel parco. Ci sedemmo nella panchina più isolata e mi resi improvvisamente conto di non avere più tanta voglia di parlare di certe cose, volevo solo godermi il tempo in sua compagnia. Lo fissavo in silenzio. Cercavo di fissare ogni minimo particolare del suo viso nei miei ricordi. Avrei voluto che quell'istante durasse per sempre, ma lui aprì la bocca, interrompendo la magia che si stava creando.
"Non devi dirmi nulla?"
"No... Ho cambiato idea, non voglio parlare di cose serie, niente vampiri, licantropi o streghe o fate o che so io. Voglio solo stare con te." Dissi. E nello stesso istante in cui quelle ultime parole uscirono dalla mia bocca mi resi conto di quanto sembrassero patetiche, di quanto mi stessi mettendo a nudo con lui, di quanto stessi esponendo il mio cuore, i miei sentimenti.
"Che tenera!" Disse lui sorridendo e baciandomi sulla guancia. "Allora le domande le farò io. Parlami della tua vita qua a casa. Quello che succede a Bologna lo so, ma Vittoria a casa chi è? Cosa combina?" Sorrise ancora e io risposi alla sua domanda iniziando a raccontargli qualcosa della vita che avevo lasciato trasferendomi a Bologna, raccontandogli qualche aneddoto del liceo o della mia infanzia. Fu una serata molto piacevole e fin troppo breve. Avrei voluto rimanere ancora con lui, ma l'alba si stava avvicinando e lui doveva tornare a Bologna prima del sorgere del sole. Ci salutammo con un bacio passionale, più spinto del solito. E poi lui andò via, lasciandomi davanti al portone di casa mia.
Il giorno dopo ebbe luogo l'interrogatorio di mia madre. Chi è, cosa fa, come vi conoscete, di dove è, cosa fanno i genitori e altre domande sulla sua famiglia. Mi venne quasi da ridere pensando all'attuale famiglia di Massimo. Chiunque poteva dire di avere una famiglia disfunzionale, ma la sua le batteva tutte. Famiglia di vampiri, la sua creatrice, cioè madre in qualche modo, era anche la sua ex fidanzata. Materiale per Freud.
Risposi in modo evasivo alle domande di mia madre, cercando di non farmi sfuggire nessun particolare strano sulla vita di Massimo, come il fatto che uscisse solo dal tramonto all'alba.
Dopo qualche giorno presi il treno per tornare a Bologna. Non vedevo l'ora di arrivare, di rivedere tutti gli altri, le coinquiline, gli amici, i posti che avevo abbandonato per oltre due settimane.
Arrivata a casa la trovai vuota e mi resi conto che prima di un altro paio di giorni a Bologna non sarebbe tornato nessuno. L'università era ancora chiusa e le vacanze non erano ancora finite. Ero solo io che ero stata attirata a Bologna prima del dovuto. Ma non era colpa mia, era come se io ormai appartenessi a Bologna, mi stava chiamando.
Scesi al solito bar sotto casa. Non mi andava di stare da sola in una casa vuota. In più era ancora pomeriggio, Massimo non sarebbe spuntato sicuramente.
Mi sedetti in uno dei tavolini e ordinai una cioccolata calda.
"Bentornata a Bologna, vicina." Disse qualcuno sedendosi davanti a me.
In quella città avevano tutti questo brutto vizio di piombare senza un minimo di preavviso davanti a te lasciandoti priva di via di fuga.
"Ramòn, ciao. Cosa mi son persa in queste due settimane di assenza?" Chiesi cercando di essere simpatica e salutando Wolf che, come sempre, era al seguito di Ramòn. All'improvviso però mi tornarono in mente tutte le cose che avevo letto nel libro preso dalla biblioteca, tutte le cose che avrei voluto chiedere a lui, a Cesare e a Massimo. C'era ancora qualcosa che mi sfuggiva e volevo mettere fine una volta per tutte ai miei dubbi.
"Niente di che, come sono andate le vacanze?" Chiese lui.
"Bene, le tue?"
"È un segreto." Disse e un sorriso ebete gli si dipinse sul volto.
"Iniziano ad esserci troppi segreti in questo posto." Dissi veloce.
"Che intendi dire?" Chiese quasi preoccupato.
"Io lo so. Io so qual è il tuo segreto." Dissi sempre più sicura di me. Ero io adesso ad avere, per la prima volta dal mio arrivo a Bologna, la situazione in mano, il coltello dalla parte del manico.
"E quale sarebbe il mio segreto?" Chiese sfidandomi.
"Sei un licantropo. E io ti ho visto l'ultima notte di luna piena prima delle vacanze di Natale. Eri con Wolf, a caccia. Probabilmente pure tu sei un licantropo." Dissi rivolgendo l'ultima affermazione al cane che iniziò a ringhiare.
"Luis. Zitto. Taci." Disse Ramon e Wolf smise all'improvviso di ringhiare, tornado docile come sempre. "Per quanto riguarda te, mia cara Vittoria..." Aggiunse fissandomi negli occhi e accarezzandomi la mano che tenevo sul tavolo. "Credi di sapere tutto, in realtà non sai un bel niente." Sorrise, tranquillo, padrone della situazione. "Ma se vuoi, un giorno potrò raccontarti come stanno davvero le cose in questa città." Aggiunse alzandosi dal tavolo. Prese il mio telefono e ci scrisse sopra il suo numero. "Chiamami se avrai voglia di sapere la verità." Mi stampò un bacio sulla guancia mentre mi rendeva il telefono. "A presto Vittoria, a presto." E uscì dal locale seguito dal cane, o lupo, o qualsiasi cosa fosse.
Io rimasi ancora una volta da sola e più confusa che mai.
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Plenilunio di sangue
Vampire"Tra tutte le creature che si trovavano in quel periodo per le strade di Bologna due erano le più pericolose. I non morti, conosciuti anche con il nome di vampiri, e gli schiavi della luna, i licantropi." Bologna. Dopo una battaglia sanguinosa vampi...