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Massimo mi fissava mentre io finivo la sigaretta affacciata alla finestra di camera mia. I suoi occhi erano incollati su di me, l'aria era piena di pesanti pensieri, ma le sue labbra non avevano nessuna intenzione di trasformare quei pensieri in parole, non avevano intenzione di parlare.

Così presi coraggio e iniziai io a parlare. Ormai volevo solo delle risposte, volevo soltanto capire qualcosa in tutto quel marasma. Prima ancora di riuscire a capire se volessi fargli una domanda o dire la mia su tutta la situazione le parole uscirono pesanti come dei macigni dalla mia bocca. "Io non ricordo nulla dell'altra sera. Devi aiutarmi a ricordare. Non voglio più provare questa sensazione di vuoto. E so che tu puoi aiutarmi."

Lui sospirò pesantemente e strinse le mani attorno ai braccioli della poltrona. Poi si alzò in piedi e iniziò a camminare per la camera.

"Sai tenere un segreto?"

"Certo." Risposi subito, forse ancora prima che lui finisse di formulare la domanda.

"Bene. Allora è meglio che tu ti sieda. Ho bisogno di dirti parecchie cose."

Ubbidii. Spensi la sigaretta e mi sedetti sul letto con le gambe incrociate mentre lui continuava a fare avanti e indietro cercando le parole giuste per dirmi qualcosa di importante.

"Il motivo per cui non ti ricordi praticamente nulla dei nostri incontri è che... Sono stato io. Ti ho cancellato gran parte dei tuoi ricordi perché hai scoperto cose che non avresti dovuto sapere."

Lentamente iniziò a raccontarmi ogni cosa, tutto quello che sembrava sparito dalla mia memoria tornò lentamente al suo posto.

"La prima volta che ti ho visto ho sentito qualcosa. Pensavo non fosse più possibile per me sentire qualcosa dal momento che non ho un cuore che batte, non ho sentimenti, sono morto. Invece tu hai acceso qualcosa in me. Non so dirti cosa. Ma sapevo che provavo qualcosa, sapevo che tu mi avresti aiutato a ritrovare la mia parte umana ormai troppo lontana nel tempo. Il giorno in cui ci siamo visti per la prima volta ti ho seguito fuori dalla discoteca, abbiamo parlato, ti ho portato a fare un giro per le strade deserte di Bologna e poi ci siamo baciati, ai giardini Margherita." Fece una pausa, ripensando a quel tenero ricordo che mi aveva rubato. "Poi ti ho riportata qua. E son rimasto a guardarti mentre dormivi. Sei così bella quando dormi. Per parecchie notti ti ho guardata dormire. Poi andavo via, poco prima dell'alba."

Ecco perché molte mattine trovavo la finestra aperta. Era lui che entrava e usciva da casa un po' come cazzo voleva. Ma non riuscii a finire di formulare bene il mio pensiero che lui riprese il racconto.

"Poi ho assaggiato il tuo sangue. Da quel momento son diventato letteralmente dipendente da te, dal tuo sapore, dal tuo sangue. Mi sembrava di impazzire quando tu non eri con me. Cesare, ovviamente, l'ha scoperto, così come Morgana. Nessuno dei due era particolarmente contento di quello che avevo combinato. Ma io non potevo farne a meno."

Sanguisuga, mai soprannome fu più azzeccato di quello.

"Cosa c'entrano Cesare e Morgana?" Chiesi con un filo di voce. Domanda retorica. Erano delle sanguisughe pure loro due, era ovvio.

"Morgana è la mia creatrice. E anche la mia ex fidanzata." Le sue parole mi colpirono dritte al cuore.

"E Cesare invece?" Provai a far finta che le parole che aveva appena detto non mi avessero ferito in quel modo, ma non ero mai stata brava a mascherare le mie espressioni facciali.

"Cesare è il creatore di Morgana. Ma è anche il nostro capo. Si assicura che nessuno di noi commetta delle cazzate. Cerca di mantenere l'ordine. Di mantenere segreta la nostra identità."

Ma che cazzo. Non gli era riuscito molto bene di mantenere il segreto, mi erano bastate alcune settimane lì a Bologna e avevo scoperto ogni cosa, anzi, ero finita in mezzo a tutta questa storia tanto impossibile da credere che poteva perfino essere vera.

"I vampiri non esistono..." Dissi più per me che per lui, ma Massimo sentì le mie parole.

"Sei sicura?" Chiese sorridendo e mostrandomi i canini affilati. Un brivido di puro terrore mi percorse la schiena.

"E Ramòn? Perché conosci Ramòn?" Chiesi ancora con voce tremante.

"Conosco un sacco di gente a Bologna, ormai vivo qua da parecchio. Ma non è importante perché conosco Ramòn, o almeno adesso non lo è."

"In che senso?"

"Nel senso che non mi va di parlare di lui." Disse digrignando i denti.

Bene, non voleva parlare di lui ma non c'era bisogno di incazzarsi tanto. Cosa mai poteva aver fatto Ramòn per far arrabbiare tanto un vampiro? Gli aveva portato via la fiaschetta di sangue? Deliravo. Ma tutta quella serata era delirante. Non potevo che adeguarmi.

"Morgana... Perché ti ha trasformato?"

"Anche questi non credo che siano fatti tuoi." Rispose sbrigativo.

"Va bene, rilassati." Mi pentii subito di quelle parole. Non avevo nessuna intenzione di farlo arrabbiare. Non avevo intenzione di diventare la sua cena per l'ennesima volta. "Quando... Quando è successo?" Continuavo a fare domande inopportune, non riuscivo a capire perché ma allo stesso tempo non riuscivo a smettere di farlo. E ad ogni domanda il disappunto di Massimo cresceva nonostante cercasse di mantenere il controllo.

"Molto tempo fa." Rispose. Avrei tanto voluto chiedergli esattamente quanto tempo fa, ma evitai una ulteriore domanda. "All'inizio dell'800." Aggiunse poi come se avesse letto l'ennesima domanda dipinta sul mio volto.

"Hai tipo 200 anni?" Dissi sbalordita. Non era possibile. Non riuscivo a crederci per quanto volessi farlo la mia mente continuava a rimanere aggrappata a quel briciolo di razionalismo ancora presente.

"Sono nato nel 1798." Continuò a dire Massimo, questa volta più tranquillo, meno incazzato del solito, più disponibile al dialogo. "Nel 1823 son stato trasformato. Ho 25 anni da quasi due secoli." Disse. E poi sorrise. Per fortuna aveva ritrovato il suo fantastico sorriso.

Io non replicai. Non sapevo cosa dire. Ero spiazzata, sconvolta, stupefatta. Continuavo a torturarmi i capelli intrecciandoli compulsivamente nel tentativo di calmarmi. Ma l'ansia e la paura mi stavano divorando lentamente.

"Perché mi stai dicendo tutto quanto adesso?" Bisbigliai poi.

"Perché con te voglio essere sincero. Perché mi piaci, come persona, mi piace tutto di te. Ho bisogno di te." Rispose avvicinandosi a me e sedendosi sul letto a pochi centimetri dal mio corpo.

Io scattai in piedi spaventata. "Vattene via." Dissi sottovoce.

"Ti prego Vittoria non farlo. Non allontanarmi. Io voglio solo il tuo bene."

"Ti ho detto che devi andare via. Ho bisogno di stare da sola." Dissi con lo sguardo basso e gli occhi lucidi.

Lui si alzò dal letto dove si era appena seduto, elegante come sempre, lo dovevo ammettere. Si avvicinò a me. Il sangue si congelò dentro le mie vene e le mie mani iniziarono visibilmente a tremare.

"A presto." Disse avvicinando le sue labbra al mio orecchio. Poi mi diede un tenero e gelido bacio sulla guancia e sparì fuori dalla finestra, avvolto dal nero della notte.

Plenilunio di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora