A mezzanotte arrivai ai Giardini Margherita, alla nostra solita panchina. Lui arrivò in ritardo, imprevedibile come sempre. Trovai rifugio tra le sue braccia. Poi la curiosità si impossessò nuovamente di me. Cosa ci facevamo in quel luogo a quell'ora? Non aveva senso. Perché non ci eravamo visti a casa mia come ormai facevamo ogni volta?
"Che ci facciamo qua?" Chiesi.
"Tra poco lo vedrai, seguimi, voglio mostrarti una cosa." Sorrise e i suoi canini brillarono sotto la luce della luna.
Iniziò a camminare, stringendo la mia mano nella sua, in completo silenzio. Un ululato profondo squarciò la notte silenziosa. Io mi voltai preoccupata, convinta che quel rumore, che non prometteva niente di buono, provenisse proprio dal buio alle mie spalle. Ma dietro di me non riuscii a vedere nulla. Eppure una strana sensazione tornò ad impossessarsi di me. Mi pareva quasi di essere seguita, di essere osservata, mi sembrava che qualcuno stesse controllando ogni mio singolo movimento. Mi voltai verso Massimo in cerca di conforto ma quella che trovai dipinta sul suo volto fu una smorfia di disgusto.
"Tutto bene?" Chiesi, ma sapevo che non avrebbe risposto, o almeno non avrebbe risposto con la verità.
"Si, tutto bene. C'è la luna piena. Bologna non è un posto sicuro." Rispose sintetico, telegrafico, guardando verso l'orizzonte, cercando di scrutare oltre gli alberi e le case che si stagliavano in quel buio e confuso orizzonte, come se volesse scoprire chi era il lupo che avevamo sentito prima, come se sapesse che quel lupo era più vicino di quanto dovesse essere e di quanto io credessi.
Uscimmo dai Giardini Margherita e le luci della città tornarono ad illuminare di nuovo la nostra via. Poche macchine correvano per la strada, sul marciapiede nessuno, solo noi che continuavamo a camminare, fuori dalle mura, ancora oltre, camminando in silenzio una accanto all'altro.
"Siamo arrivati." Disse Massimo quando fummo davanti ad un cancello. Dietro si poteva intravedere una costruzione, una villa, con un grande portone in legno scuro che contrastava con le pareti bianche illuminate da lampioni sparsi per tutto il giardino. "Benvenuta a casa." Aggiunse lui vedendo dipinto sul mio volto un enorme punto interrogativo.
"Questa è casa tua?" Chiesi sconvolta. "E ci vivi da solo?"
"Si, è casa mia, o almeno era di un mio lontano parente, ma ormai è morto, non è importante. E no, ho alcuni coinquilini ma oggi non ci sono, la casa è tutta per noi."
"Coinquilini come te?" Chiesi.
"Si, sono usciti. Ma perché ti interessa tanto?" Chiese con una punta di fastidio.
"No, ero solo curiosa. Lo sai che sono una tipa curiosa." Sorrisi e lo seguii dentro la villa. In realtà c'era qualcosa che continuava a non convincermi in tutta quella situazione. La sensazione di essere osservata non spariva, gli ululati si erano fatti più forti e più frequenti e la storia dei coinquilini non mi convinceva. Secondo me era solo uno il coinquilino e aveva pure un nome particolarmente odioso e fastidioso.
Appena varcata la soglia della villa mi si presentò davanti uno spettacolo quasi indescrivibile. Il salone era grande, luminoso, con degli ampi divani al centro e un'imponente scala al lato. Le finestre erano tutte coperte da tendaggi pesanti e neri. Il soffitto era alto.
"Dove è camera tua?" Chiesi. La curiosità prese il sopravvento. Tutto il resto passò in secondo piano.
Lui non rispose, mi prese per mano e mi portò al piano di sopra. Lì vi era un lunghissimo corridoio, pieno di porte. Ne aprì una e mi fece accomodare dentro. "Questa è camera mia." Disse alla fine. I tendaggi neri uguali a quelli del salone erano presenti anche lì,un enorme letto a baldacchino rosso era sistemato al centro della stanza. L'armadio occupava tutta la parete ai piedi del letto e di lato vi era una piccola scrivania.
"Me la aspettavo diversa." Ridacchiai. "Non c'è nemmeno una bara. Son quasi delusa."
"In realtà..." Disse lui lasciando la frase a metà e andando al lato del letto. C'era una piccola porta. "...dovresti controllare qua dentro." Aggiunse aprendo quella porta.
Sulla soglia di quella porta più chiara delle altre sbirciai all'interno della stanza. Vi era effettivamente una bara, aperta, con del velluto rosso che ne ricopriva l'interno. Quasi mi mancò l'aria, il mio cuore iniziò a battere veloce. Dormiva davvero dentro una bara. Cercavo di calmarmi ma tutta quella situazione mi aveva lasciato dentro un'inquietudine immensa.
Un urlo proveniente dal piano di sotto mi riportò velocemente alla realtà. Massimo uscì veloce dalla camera lasciandomi là in preda a mille paure e mille domande. Presi coraggio e iniziai a scendere lentamente al piano terra.
"Lasciami. Strega." Ginevra cercava di liberarsi dalla presa, ma Morgana la teneva stretta per la gola a dieci centimetri dal pavimento.
"Lasciala. Cosa ti ha fatto lei?" Urlai io.
Morgana rise sistemandosi con la mano libera i capelli, spostandoli dal viso."Oh ma guarda chi altro c'è." Sorrise passandosi la lingua sulle labbra rosse, visibilmente sporche di sangue.
"Morgana, smettila." Disse Massimo serio. "Cosa ci fai qua?"
"Abbiamo finito di cacciare presto, Davide è andato a ballare, non so, forse voleva l'ennesima preda." Sorrise rivolta verso Ginevra. Poi la lasciò cadere in terra. "Piuttosto. Cosa ci fanno loro due qui, a casa mia." Disse piuttosto alterata. Provai a fare un passo nella direzione di Ginevra, per raggiungerla e assicurarmi che stesse bene, ma lei mi fulminò con lo sguardo. "Ferma." Ringhiò. E poi si avvicinò a me. "Ripeto, cosa ci fate qua?" Chiese ancora ma non più rivolta a Massimo, questa volta era rivolta a me e alla mia amica.
Avrei voluto rispondere alla domanda, ma non avevo idea del perché Ginevra fosse finita in quella casa. Come ci era arrivata?
"Morgana, smettila. Cesare non sarebbe per niente felice se dovesse sapere questa storia." Disse Massimo cercando di placare la sua furia. "Che ti importa di cosa ci fanno qua, sei gelosa di due umane?" La provocò.
"Cesare qua e Cesare là, non sai dire proprio altro, inizi ad essere monotono. Dovrei farti fuori, inizi ad annoiarmi. Tu e queste stupide umane che ti porti dietro. Ti ho dato il dono dell'immortalità, ma la verità è che non te lo meriti. Ma proprio per niente."
"Davvero, basta, non ne vale la pena. Vuoi davvero che Cesare sappia di questo tuo comportamento?"
"Non me ne frega un cazzo di Cesare. Forse non ti è chiaro." Poi tornò verso Ginevra e la strinse di nuovo intorno alla gola. "A me interessa solo divertirmi un po' stanotte." Inspirò profondamente, respirando il profumo di Ginevra. "Hai proprio un buon odore cara." Sorrise passandosi la lingua sui canini e avventandosi sul suo collo.
Ginevra urlò e la porta si spalancò bloccando Morgana che rimase immobile con una mano attorno al collo di Ginevra e i canini scoperti.
"Lasciala o ti uccido." Tutti si girarono verso la porta. Ramòn comparve sulla soglia. Io corsi verso Massimo cercando protezione, confusa, ci capivo sempre meno.
"Non ci credo." Rise Morgana lasciando andare Ginevra che rimase immobile accasciata in terra. "Ma da quando i licantropi si intromettono in questioni serie?" Rise ancora.
Ramòn non rispose subito. Prese Ginevra tra le braccia e si diresse verso la porta. "Cesare lo verrà a sapere." Disse e poi sparì nel buio della notte.
Io guardai Massimo confusa e in un attimo sentii la terra mancarmi sotto i piedi.
La mattina dopo mi svegliai nel mio letto, sola e più confusa che mai.
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Plenilunio di sangue
Vampire"Tra tutte le creature che si trovavano in quel periodo per le strade di Bologna due erano le più pericolose. I non morti, conosciuti anche con il nome di vampiri, e gli schiavi della luna, i licantropi." Bologna. Dopo una battaglia sanguinosa vampi...