CAPITOLO 3.

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APRIL'S POV

" Mi trovavo spaesata davanti all'entrata dell'università. Fuori era buio pesto e non sapevo nemmeno perché fossi li, l'ora sul cellulare era quasi invisibile come se non volesse essere vista. Mi guardai intorno, il buio non mi permetteva di vedere niente ma riuscivo a sentire rumori sospetti. Qualcosa tra i cespugli si muoveva, un leggero venticello si intrufolava tra le foglie facendo in modo che gli alberi prendessero vita, avevo l'impressione che il fruscio delle foglie pronunciasse il mio nome. Ero all'aperto ma era come se mi mancasse l'aria. Ansimavo dalla voglia di scappare ma in qualunque direzione guardassi, non riuscivo a scorgere una via d'uscita che potesse portarmi in salvo da questo incubo. Mi voltai verso l'enorme edificio e pensai che all'interno sarei finalmente stata al sicuro, così decisi di entrare. Salii in preda al panico le scale e con una forte spinta di braccia, aprii la porta d'ingresso. Ciò che riuscii a vedere davanti a me, fu una luce così inespressiva che partendo dal soffitto non illuminava abbastanza il lungo corridoio e mi sembrava di essere bloccata in mezzo ad una fitta ed incolore nebbia.
Sentii un violento rumore provenire dalle scale d'entrata, sobbalzai e capii che ero in pericolo. D'istinto mi voltai, non vedevo niente ma iniziai a correre con una forza che non sapevo di avere. Percorsi il corridoio che sembrava non finisse mai, sembravano chilometri infiniti e avvertivo che la presenza alle mie spalle non avrebbe rinunciato finché io stessa non avrei ceduto. In quella situazione sapevo che non potevo assolutamente fallire.
Proprio quando inziai a percepire che la debolezza, sia fisica che mentale, stava avendo la meglio su di me una voce rassicurante chiamò il mio nome. Immediatamente focalizzai un' ombra che sembrava essermi amica, essa mi incitava a continuare a correre e nonostante fossi stremata e priva di forze, accellerai i miei movimenti sapendo che poi mi sarei salvata. Avvicinandomi mi concentrai sul volto, aveva un non so che di familiare: la mandibola marcata, le labbra carnose, gli occhi tenebrosi e pieni di mistero sotto quella luce fioca risultavano di un marrone scuro, il naso piccolino e ben pronunciato ed infine i capelli castano scuro scompigliati che ricadevano disordinati sulla fronte. Mi sembrava di aver visto Justin ma le mie supposizioni si rivelarono sbagliate e non appena arrivai davanti a lui, mi resi conto che era solamente Jake. Sollevata nel vederlo corsi ad abbracciarlo, ero finalmente al sicuro fra le sue possenti braccia e ricambiò l'abbraccio stringendomi forte.
- Grazie, mi hai salvato- sussurrai timidamente. Alzai il viso lentamente per poterlo guardare negli occhi ma il ragazzo che vidi non era lo stesso che mi aveva salvato.
 - Justin?- la mia domanda non ebbe risposta...


Mi svegliai urlando, la fronte e la mani sudate, le gambe tremanti. La mia mente era colma di domande, come se fosse un labirinto senza via d'uscita. I miei pensieri viaggiavano senza sosta ed era tutto un subbuglio di ansie. Sentivo freddo nonostane fossi sotto le lenzuola bianco panna, guardai spaventata il soffitto come se fossi ancora rinchiusa dentro quel brutto sogno. L'incontrollabile forza dei miei pensieri era spaventosa, la testa continuava a girare come se non volesse darmi tregua. Le tempie bruciavano e pulsavano esasperazione. Avevo ancora netto il ricordo di quello strano sogno e non riuscivo a definirlo come un incubo per il semplice fatto che avevo sognato Justin nei panni di Jake. Chiusi gli occhi e li raprii pochi istanti dopo, tutto era al suo posto e tutto sembrava esattamente come prima. L'ora sul display del mio cellulare segnava le otto di mattina, proprio come immaginavo. Mi stavo umiliando da sola, ero convinta che sarei riuscita a dimenticare Justin e invece come mesi fa, continuava ad apparirmi in sogno come una specie di incubo. La mia non era una semplice vita da studentessa universitaria, ma ben altro. Sentivo il bisogno di doverne parlare con qualcuno, l'aver detto stop allo psicologo si stava facendo sentire, io stessa non riuscivo più ad aprirmi e ora come ora non conoscevo nessuno con cui poterlo fare.
Mi alzai dal letto mettendo in ordine le coperte, il cuscino e mi chiusi in bagno. Mi lavai la faccia con l'acqua fredda, sentivo il mio corpo ancora tutto sudato. Passai la spugnetta impregnata d'acqua sul collo e così feci anche sulla fronte e le braccia. Il freddo di quell'acqua mi fece distogliere per un istante dai miei colmi pensieri e in quel momento mi focalizzai soltanto sulla fredezza del mio corpo.
Le lezioni sarebbero iniziate domani ma era come se non mi sentissi necessariamente pronta. Qualcosa mi diceva che sarei dovuta tornare in Canada e frequentare un'università vicino a casa mia ma, era anche vero che avrei dovuto affrontare le mie paura e soprattutto superarle. Mi ero dimostrata all'altezza di ogni cosa, avevo sconfitto fin troppe barriere e ora non potevo tirarmi indietro. Boston mi aveva rifiutata ma Atlanta vedeva una possibilità in me.
Dopo essere uscita dal bagno, presi i vestiti da dentro l'armadio e guardando fuori dalla piccola finestra, mi sembrava che l'aria fosse calda contrariamente al mio sogno. Mi stavo incentrando molto su questo aspetto e non avevo intenzione di passare tutta la mia frenetica giornata a meditare e cercare di capire che cosa stava a significare quel sogno così definito ma surreale.
Sospirai chiudendomi la porta alle spalle e guardando più volte sia a destra che a sinistra. Avevo una certa fame che aveva bisogno di essere saziata perciò non ci misi molto a raggiungere il bar. In lontananza vidi Jake servire ad un tavolo e solamente ad osservare i suoi movimenti mi vennero i brividi, il ricordo di quella notte era ancora nitido. Mi avvicinai insicura, avrei potuto trovare un'altro bar ma continuare a scappare era da codardi. Mi avvicinai al bancone e feci un cenno a Jake con la testa che ricambiò sorridendomi e successivamente venne da me con in mano due tazzine da caffè sporche.
- Quindi ti vedrò qui spesso?- mi chiese sfoggiando un ampio sorriso.
- Buongiorno anche a te- risposi abbassando il capo ma non mostrandomi troppo misteriosa - mi sono dimenticata di pagarti il toast di ieri- affermai frugando dentro la borsa e prendendo qualche spicciolo.
- Non importa, non ti preoccupare- rispose prendendo da dietro una tazza da caffè leggermente più grande e versò un po' di latte all'interno - cappuccino ti va bene? Sai, sono quelli italiani, ne vale la pena- rise porgendomi la tazza.
- Oh e così mi offriresti anche questo cappuccino così che domani possa tornare?- chiesi dubbiosa ma con fare scherzoso.
- Ti sbagli, questo me lo paghi- disse facendo l'occhiolino - vuoi altro?- mi chiese e feci di no con la testa - allora? Ti sei ambientata o fatto conoscenza ieri?-
- Ritieniti fortunato, sei il primo che posso considerare amico- risposi sorseggiando il cappuccino - non so, la gente è strana da queste parti... mi aspettavo più concorrenza-
- Tempo al tempo, ora scusami ma devo prendere gli ordini o tutti non metteranno più piede nel mio bar- concluse prendendo il taccuino dalla tasca.
- Ah Jake, ti consiglio più schiuma nel tuo cappuccino italiano- commentai in segno di critica e fortunatamente la prese bene annuendo con il capo. Feci per alzarmi quando sentii dei rumori strani provenire da dietro una porta proprio di fronte a me, era leggermente aperta ma non riuscivo a scorgere chi potesse esserci all'interno, pertanto lasciai le monete sul bancone e mi diressi da Jake per salutarlo.
- Tranquillo, ho lasciato i soldi sul banco- gli dissi abbozzando ad un sorriso.
- Ti avrei fatto causa se solo non mi avessi pagato anche questa volta- rise - vieni a pranzo?-
- Probabile e se sarà così sai già cosa voglio- dissi sistemandomi la borsa in spalla - tu abiti qui vicino?- domandai curiosa.
- No, non è in zona. E' sempre dentro il College ma non nel quartiere degli studenti. Un giorno ti farò fare un giro dell'isolato- concluse e annuii per poi allontanarmi da quel posto.

Non avevo le idee molte chiare su dove volessi andare quella mattina. Avevo vagato per almeno un'ora nei pressi di quell'università e tutto mi sembrava così monotono. Da quando avevo affrontato quel viaggio insieme a Justin, Cody, Chris e Dylan ero diventata più intraprendente e adesso mi sentivo come un pesce rinchiuso nella boccia d'acqua. Giravo con la consapevolezza di essere già stata in un determinato luogo e la mia mente voleva esplorare più a fondo. Avrei voluto andare a fare shopping per Atlanta, fare il bagno in mare o in qualsiasi posto con dell'acqua. Mi chiedevo per quanto altro tempo sarei stata da sola, conoscevo Jake eppure non mi bastava per sentirmi a mio agio. Ovunque mi voltavo vedevo ragazze camminare a braccetto coi libri sottobraccio, vedevo ragazzi impegnati a ridere, vedevo persone solitare occupate a leggere pile di libri. Decisi di sedermi sotto un albero situato nel grande parco di fronte all'università. Quell'albero era così possente e pieno di foglie che mi faceva rivivere il sogno di stanotte: il fruscio delle foglie, il venticello rumoroso e tutto sembrava prendere vita. Respirai cercando di non sembrare troppo sospetta e presi dalla borsa il mio cellulare sperando che nessuno mi avesse cercato e così fù. Guardandomi intorno notai le solite cose e impacciata cominciai a tastare sullo schermo del mio telefono cancellando vecchi messaggi e uno catturò la mia attenzione.

A Cody: Vorrei parlare con te uno di questi giorni, hai bisogno di sapere delle cose. April.

Da Cody: So già tutto. I giornali, la televisione...non ho bisogno di sapere niente e tanto meno di vederti.

Era incredulo come Cody ce l'avesse con me dopo il tremendo incidente capitato a Justin e Chris quel giorno. Avrebbe dovuto prendersela con mio fratello, io avevo fatto di tutto, o quasi, per poterli salvare. Presi fiato e cancellai definitivamente quei messaggi, non vedevo Cody da quasi un anno e non sapevo nemmeno che fine avesse fatto. Ero stata lontana perfino da ogni cosa che succedeva a Stratford. Non sapevo niente di nessuno, era come se in quella cittadina io ci vivessi solo perché dovevo continuare a vivere, per me ogni persona era diventata invisibile ai miei occhi. Era inconcepibile come l'amicizia fra Justin e i suoi amici si fosse sgretolata così, con una catastrofe. Cody era l'unico sopravvissuto e potevo immaginare come si dovesse essere sentito dopo la notizia su tutti i giornali. Probabilmente io mi sentivo come lui, totalmente persa e non solo perché avevo perso il mio unico punto di riferimento, la mia forza e la mia salvezza interiore. Non credevo nemmeno che Justin avesse questo potere enorme su di me, sebbene fosse morto continuava ad essere vivo e non sopportavo più l'idea di avere qualcuno che comandasse costantemente e quotidianamente i miei sogni e le mie azioni. Mi mancavano tutti quanti e quel viaggio era stato una parte fondamentale per me, ero riuscita a scoprirmi completamente, a far fuoriuscire la mia vulnerabilità. Ero stata capace di fare molte cose e intraprendere questo nuovo cammino doveva essere la cosa più facile del mondo e invece stava diventando la più ardua.
Infilai nuovamente il telefono dentro la borsa e m'incamminai lentamente verso l'entrata dell'università. Mi ritrovai con tanta altra gente che vagava senza una meta precisa fra quei corridoi. Presi fuori la piantina del college e mi diressi verso la biblioteca, avevo intenzione di prendere un libro riguardante la comunicazion sociale. Se fuori l'edificio era abbastanza grande, dentro lo era ancora di più e io amavo questo tipo di scuole. Non dovevi chiedere permesso, ogni corridoio era abbastanza largo per farci passare tanta gente e fortunatamente quel giorno non era poi così pieno. Mi fermai davanti ad una porta con attaccata l'insegna enorme con inciso "biblioteca" e sotto degli avvertimenti che a me non interessavano. Entrai e un odore di vecchio m'intasò il naso, respirai quell'odore fino a farlo diventare mio, fin da piccola amavo leggere e poter prendere in mano un libro significava avere potere. Leggevo e m'immergevo nella pura fantasia, ogni sogno diventava realtà e stavo bene con me stessa. La stanza era quadrata con al centro un tavolo enorme in legno, ai lati partivano le file di scaffali colmi di libri di ogni genere, dalla storia moderna a lettere antiche e così via. Dentro quella stanza ero sicura di poter essere me stessa e nessuno poteva impedirmelo. Controllai ogni scaffale per cercare di trovare il libro perfetto, quello che più si addiceva alla mia personalità e alla mia voglia di leggere. Rimasi quasi folgorata dall'enorme quantità di libri sulla sociologia in generale e rimasi immobile muovendo solo gli occhi per provare a cercare un libro adatto a me. Regnava il silenzio più totale dentro, ogni ragazzo era seduto su una sedia o sulle poltroncine un po' più distanti. Solo il rumore delle pagine disturbavano in modo positivo quella pace.
- Se fossi in te cambierei libro, quell'autore non è uno dei migliori e non capisco perché quel manuale è ancora in circolazione- mi voltai sentendomi presa in causa e un ragazzo dai capelli scuri e occhi azzurri mi fissò con le braccia incrociate. Mi sembrava di averlo già visto, probabilmente il primo giorno di ambientazione.
- L'hai letto?- chiesi curiosa continuando a fissare interessata la copertina.
- Ho dovuto fare una specie di tesi una volta, non mi ha colpito per niente- si giustificò - anche le critiche lo dicono- mi fece l'occhiolino e si avvicinò di più.
- Beh, magari a me può interessare- continuai a parlare sperando di non disturbare nessuno.
- Se poi al terzo capitolo ti stancherai non venirmi a cercare- fece spallucce frugando in un ripiano - ti piace la sociologia per caso?-
- Ho scelto questo corso, tu?- domandai sperando che non avesse scelto il mio perché come persona era abbastanza strana.
- Lo stesso corso- rise facendomi spostare - ti consiglio questo libro, sei alle prime armi e affrontare subito il primo che hai scelto è abbastanza coraggioso- concluse porgendomi il libro che aveva scelto lui. Alzai gli occhi al cielo ma lo afferrai comunque, pensavo avesse ragione - non mi hai detto come ti chiami- mi domandò squadrandomi dalla testa ai piedi.
- April- risposi sicura.
- Oh, i tuoi genitori ti avranno associata al tuo mese di nascita, giusto? Sei nata ad aprile?- chiese ridendo ma io non avevo afferrato il concetto.
- Come scusa?- domandai porgendomi in avanti.
- Come non detto, è difficile avere senso dell'umorismo ma non è colpa tua- disse il ragazzo con aria quasi seducente. Quasi mi stava irritando e avevo già perso abbastanza tempo con lui, non avevo mangiato nulla e il mio stomaco ne risentiva.
- Mi dispiace interrompere la tua allegria e le tue battute sul mio nome ma non ho mangiato quindi se non ti dispiace...- lo sorpassai ma mi afferrò per un braccio e in quell'istante mi si gelò il cuore.
- Sono Nick, è stato un piacere. Col passare del tempo diventerò più simpatico- concluse sorridendomi. Aveva degli occhi assolutamente perfetti, l'azzurro ghiaccio t'intrappolava e non appena li guardavi cominciavi a sentire i brividi. Il sorriso era dannatamente carino e aveva un viso troppo dolce anche se il carattere te lo faceva quasi odiare. Era una persona piuttosto strana ma non negavo che ero curiosa nel volerlo conoscere fino in fondo. Con il libro sottobraccio mi fiondai in mensa che fortunatamente era ancora aperta anche se non serviva più piatti caldi. Sarei potuta andare da Jake ma avevo troppa fame per fare altri cinque minuti a piedi così presi due mele dalla cucina e mi diressi nuovamente fuori per tornare in stanza a riposarmi e uscire nel tardo pomeriggio. Stava diventando tutto troppo monotono.

In meno di cinque minuti arrivai esattamente davanti alla porta di "casa mia" e non esitai ad infilare la chiave nella serrattura. Feci per entrare quando - quasi - caddi inciampando in un ingombrante valigia marrone aperta. Da essa straripavano vari vestiti e jeans, stavo quasi incominciando a preoccuparmi quando dal bagno sentii l'acqua della doccia scorrere. Quella stanza da perfetta e in ordine era passata a inguardabile. C'erano cassetti aperti e l'anta dell'armadio spalancata, ricordai solamente un minuto dopo che condividevo la stanza con un'altra persona e che questa non mi sarebbe andata troppo a genio.
- Sono la tua compagna di stanza!- sentii urlare dal bagno. La sua voce sembrava così affettuosa e tenera che probabilmente mi ci sarei affezionata. Ero curiosa di sapere chi fosse e nel fratempo spostai la sua valigia dall'entrata così da non inciampare una seconda volta. La ragazza uscii dalla porta del bagno con l'asciugamano attorno al corpo, potevo vedere due perfetto gambe magre e due braccia sottili e fini. Il viso era angelico, i capelli lunghi e mori le ricadevano di lato lungo la spalla. Gli occhi di una forma veramente bella, come se fossero a mandorla e di un colore molto scuro simile al marrone scurissimo. Sorrise e lasciò trasparire una perfetta dentatura, ai lati della bocca sporgevano due fossette carinissime, era una ragazza troppo carina. Corse ad abbracciarmi come se mi conoscesse da una vita e rimasi un po' spiazzata da quel gesto così amico. I capelli bagnati mi infradiciarono la maglietta che portavo adosso e subito dopo sciolse quell'abbraccio fin troppo amichevole porgendomi la mano.
- Sono Becky- disse e le strinsi la mano - tu devi essere April, giusto? E' davvero un piacere conoscerti- concluse tirando fuori dalla valigia dell'intimo a caso. Era dannatamente socievole che avrei voluto anche io essere come lei, non avrebbe ritardato a fare amicizie, anche perché aveva un viso e un corpo fin troppo perfetto. Levò l'asciugamano che le ricopriva il corpo e lo buttò sul suo letto, potei vedere il suo corpo nudo e non si vergognava affatto anzi, mi sorrise e si girò di spalle non curandosi della mia presenza. Giuravo di non aver mai visto un lato b così unico, ben curato e...tondo. I glutei erano sodi e non accennava nemmeno ad un pizzico di cellulite, quello era il corpo che tanto avevo desiderato avere ma senza successo. Io ero April, lei Becky.
Si infilò velocemente gli slip che somigliavano quasi ad un perfetto tanga e si allacciò il reggiseno. Prese dalla valigia dei pantaloncini verde militare e una canotta bianca attillata che fasciava il seno. Rimasi disorientata da tutto questo e mi chiedevo come avrei resistito un anno con una che sembrava uscita dalla sfilata di Victoria Secret.
- Mi sento leggermente in soggezione se continui a fissarmi, qualcosa non va?- mi chiese Becky sedendosi sul letto.
- Oh no, assolutamente no. Devo solo farmi l'abitudine di condividere la stanza con qualcun'altro ma è tutto a posto-
- Sono sicura che ci ambienteremo presto noi due, a partire da questa- disse alzandosi e frugando in una tasca della valigia, la più nascosta. Da essa tirò fuori un pacchettino trasparente contenente qualcosa che a prima vista non mi convinse.
- Che dici? Ne vuoi un po'?- mi chiese sventolandomela in faccia.
- Che roba è?- chiesi schifata, sembrava quasi del muschio tritato.
- Erba, schiocchina- rispose aprendo il pacchettino ma la fermai immediatamente, evidentemente non era al corrente delle regole.
- Ma sei scema, chiudilo immediatamente. Regola numero uno, è assolutamente vietato fumare, sniffare o farsi in vena all'interno del college e nei dintorni- risposi. Mi guardò stranita e scoppiò a ridere, quasi mi spaventò per la forte e rimbombante risata.
- Dimmi che è uno scherzo e che stai facendo così solo perché sono appena arrivata. April, compagna e amica mia, non ci sono telecamere qua dentro e la finestra è aperta. Nessuno noterà che ci stiamo sballando, ok? Dovrò insegnarti parecchie cose...ah a proposito, entrando ho notato un bigliettino sull'uscio della porta e c'era scritto il tuo nome. Non l'ho letto ma te l'ho lasciato sul letto in caso ci fosse scritta una proposta allettante- concluse riaprendo il sacchettino. Non la guardai e la lasciai fare fiondandomi sul mio letto e aprendo quel bigliettino, questa volta scritto a mano.

" Non fidarti troppo delle persone qui, non sono chi pensi che siano"

Alzai il mio sguardo tenendo la bocca leggermente aperta dallo stupore e mi concentrai su Becky che si stava sniffando in pace l'erba polverizzata. Non mi degnò nemmeno di uno sguardo e rilessi quel bigliettino più volte e mi focalizzai su tutte le parole continuando a non capire chi potesse avermi avvertito. Era uno strano corsivo e non mi pareva di averlo mai visto, la penna nera quasi scarseggiava verso la fine e l'anonimo ancora non si firmava. Piegai il bigliettino in quattro e lo misi sotto il cuscino, tutto questo furtivamente come se non volessi che Becky lo notasse.
- Spasimante anonimo o che altro?- mi chiese Becky stoppando i suoi movimenti.
- I-io non lo so- conclusi alzandomi e andando in bagno a rinfrescarmi la faccia. Cominciavo a preoccuparmi di varie cose a partire dai bigliettini anonimi e dalle persone qui. In qualche modo mi stavo fidando di chiunque ci fosse dietro a questo anonimo."


BECKY'S POV

" April era piuttosto strana, una ragazza dall'aria veramente misteriosa e piena di segreti. Avevo letto quel bigliettino prima che lei entrasse in stanza e ci stava se non voleva raccontarmi nulla ma l'avrei convinta a farlo. Volevo essere sua amica anche perché con tutte le volte che ero stata trasferita, meritavo di essere felice e meritavo un'amica. Sarei rimasta ad Atlanta finalmente, non mi sarei più spostata e non sarei stata più soprannominata "Foster", mai più.
Non avrei svelato la mia identità, non avrei raccontato le cattiverei subite e non avrei rivelato nulla che riguardasse me stessa. Ero qui per ricominciare, non per rivivere qualcosa che mi aveva fatto detestare le mie origini e soprattutto me stessa. Ero bella, sapevo di esserlo ma non per questo avrei mandato a puttane la mia vita. L'avevo fatto, ma perché ero stata obbligata.
April, mi piaceva quella ragazza. Le avrei insegnato molte cose, avevo bisogno di una che sapeva essere esattamente come me e ci avremmo lavorato insieme.
Tutto ciò che riguardava Elizabeth Becky Mendez era il passato, ora ero solamente Becky Mendez... una qualunque e soprattutto innocua studentessa."

(Backy sarebbe lei:http://www.google.it/imgres?imgurl=http%3A%2F%2Fthunderbird37.com%2Fwp-content%2Fuploads%2F2014%2F03%2F1257558-939x936.jpg&imgrefurl=http%3A%2F%2Fthunderbird37.com%2Fvanessa-hudgens-many-styles-and-looks%2F&h=936&w=939&tbnid=o7KQLiACwmbQ-M%3A&zoom=1&docid=zpUsaGMZhS4FyM&ei=y6F_U9S1HJLe7AbosIDQAQ&tbm=isch&ved=0CHUQMygJMAk&iact=rc&uact=3&dur=463&page=1&start=0&ndsp=15)

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