DEMI'S POV
" La forte attrazione che si stava creando fra me e Justin era così intensa che riuscivo a sentire il mio corpo farsi sempre più attivo e voglioso. Mi prese il viso fra le mani e la sua fronte si posò sulla mia. Il poco distacco fra le nostre labbra rimase tale, non mi baciò ma guardarlo intensamente negli occhi fu la mia più grande vittoria. Quel colore caldo sotto la distesa del cielo grigio era una vittoria, lui era con me e mi stava accarezzando. La vitalità che proveniva dalla sua pelle, dal suo respiro e dai suoi sguardi mi portava ad essere ancora incredula. Se la mente continuava a dirmi " è morto ", il cuore mi dava la spinta a fidarmi di lui. Non c'erano più finte ragioni, non c'erano più dubbi perché io sapevo ed ero certa che Justin non era più frutto della mia immaginazione. Potevo scattargli foto, stamparle e portarle ovunque. Mi alzai e lui fece lo stesso, raccolse i resti di cibo, piegò il telo su cui eravamo seduti e chiuse tutto all'interno del cestino. Ero colpita dal modo in cui si muoveva, la maglietta era aderente sulle braccia e i suoi tatuaggi catturarono la mia attenzione. Era buffo come l'immagine di ragazzino innocente fosse scomparsa dando spazio ad un uomo e, quei tatuaggi lo rendevano ancora più attraente di quanto non lo fosse già.
- Grazie per il pranzo- dissi e alzò lo sguardo puntandomi gli occhi contro. Curvò le labbra e le aprì mostrando un sorriso.
- Potrei ripetere tutto questa sera, ti va?- mi domandò e abbassai lo sguardo.
- Si ma vedi...se non ti dispiace avevo detto che avrei cenato con Nick e Becky questa sera- risposi timidamente e notai il corrugarsi della sua fronte.
- Nick?-
- Il ragazzo che hai visto prima, fuori dall'università-
- So chi è, me lo ricordo- il suo tono di voce si fece più forte, quasi da occupare l'intero spazio intorno a noi. Non mi presi paura ma il modo in cui lo disse mi fece gelare il cuore. Era quello il Justin che più detestavo, quello egoista e impertinente. Era così che non avrei voluto ricordarmelo, la sera stessa del mio rapimento mi aveva rivolto parola con lo stesso tono di voce.
- Se ti infastidisce così tanto posso disdire, non c'è problema- dissi. Mi misi nella posizione di volergli dare ragione, come sempre d'altronde. Scesi dal mio piedistallo e mi posizionai in una posizione più favorevole per lui.
- Lascia stare, a che ora ti devo passare a prendere? Sempre che tu voglia- domandò come se fosse colpa mia e a dire il vero, non lo capivo.
- Justin, ti ho chiesto io di voler stare con te questa notte. Mi spieghi che ti prende?- avevo dimenticato del suo umore, poteva cambiare da un momento all'altro - voglio stare con te, non sono attratta da nessun'altro a parte te. Ho sofferto un anno pensando che la mia vita non avrebbe più avuto senso e ti prego di non fare il ragazzo geloso solo perché ceno con la mia compagna di stanza e il mio compagno di banco- alzai il tono della voce come se ci fosse una rotellina pronta ad essere girata e far scattare la mia ira.
- Pensi di essere l'unica ad aver sofferto? Io sono stato un anno a capire che cosa dovevo farne di me, volevo tornare in Canada e volevo chiamarti. Dopo quella lettera non mi hai nemmeno cercato, cosa potevo pensare? Credevo potesse esserci davvero un futuro, poi ho aperto gli occhi e mi sono detto che era meglio separarci per darti la vita che meglio meriti- sputò su due piedi e rimasi spiazzata.
- Di che lettera parli?- domandai piuttosto curiosa.
- L'ospedale aveva spedito a casa tua una lettera dicendo che io ero vivo. Eri l'unica che doveva saperlo, l'unica che faceva ancora parte di me nonostante tutto. Volevo che fossi al corrente che io c'ero ancora, che non ero morto. Sono stato giorni dentro a quell'orrendo posto sperando di ricevere tue notizie ma niente, per te continuavo ad essere morto. Ho pensato che ne avessi abbastanza di me e ho lasciato perdere, tornare in Canada sarebbe stato solamente un errore e ho rinunciato- concluse sorpassandomi ma lo afferrai per un gomito.
- Non ero al corrente di quella lettera e sei davvero uno stupido se credi che me ne sarei stata zitta e ferma se solo l'avessi letta- dissi, la mia voce tremava. Il suo sguardo era così freddo e amaro, da criminale.
- Hai finito?- chiese fissando la mia mano che teneva il suo gomito. Mollai la presa e sconfitta lo guardai per poi annuire.
- Vieni alle dieci, se ne avrai ancora voglia- lo guardai allontanarsi e poi sparii. Sospirai e portai i capelli da una parte. Afferrai il cellulare dalla tasca dei jeans e stranamente non c'erano chiamate perse o messaggi. I miei genitori avevano deciso di darmi tregua, finalmente. Guardai fisso davanti a me e cercai di riportare la mia memoria in Canada, come mai non avevo ricevuto quella lettera? Non mi sembrava ci fossero stati ritardi con le consegne e il postino era sempre stato puntuale sebbene dopo l'accaduto non ricevevamo altro che bollette su bollette. Eppure la lettera non era arrivata a casa mia, non mi diedi la colpa di niente anche perché Justin poteva aver sbagliato indirizzo.
Avevamo iniziato quel pranzo nel meglio dei modi e l'avevamo concluso nei peggiori, non c'era nulla di strano. Quelli eravamo noi, perfetti nelle nostre imperfezioni e non c'era giorno in cui non ci beccavamo. Sorrisi sapendo che sarebbe venuto a prendermi alle dieci e m'incamminai verso la mia abitazione. L'aria si stava facendo più fredda ma non sarebbe venuto a piovere. Fissare il cielo mi piaceva perché, insieme alle nuvole, il più delle volte rispecchiava la mia relazione con Justin. Non eravamo su una linea retta dove tutto andava liscio, senza interferenze o litigate, noi eravamo una liena curva. Eravamo quella linea dagli alti e bassi che non aveva mai una posizione, passavamo dal detestarci al volerci abbracciare. Catalogarci era difficile ma io non ero stupida come pensava, mi piaceva per davvero e no, non me ne sarei restata con le mani in mano se gli fosse successo qualcosa. Da sempre ero stata quella insicura, etichettata come quella indifesa ma dopo la dichiarazione di Justin, quello perplesso su ciò che provava e su ciò che provavo io... era lui. Misi le mani in tasca pensando a come farmi perdonare, lui non lo avrebbe fatto. Non si sarebbe inginocchiato pronto a chiedermi scusa perché sapeva di aver ragione e nonostante questo suo particolare difetto, lo amavo.
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HAZARDOUS.
FanfictionRicorda April, i sogni continueranno a rimanere vivi dentro di te e non ti abbandoneranno mai finché saranno loro a comandarti. Anonimi, incertezze, paure, passione, incontri casuali, persone inaspettate...attenta, il terrore è dietro l'angolo. J...