04. Sei tu?

3.1K 161 68
                                    

Lo so cosa state pensando: "e questa pensa di tornare dopo mesi come se nulla fosse?"
Però sì, in un certo senso il ritorno inaspettato ci sta tutto.
Che posso dire? Che mi dispiace, ma è troppo poco. Non basta. Però ho scritto un messaggio qualche giorno fa, lo trovate sul mio profilo. Non so quanto i miei problemi possano sul serio interessarvi ma se volete delle spiegazioni, leggete quel messaggio.
Per il resto vi lascio al capitolo, non voglio andare oltre, avete già aspettato abbastanza.
Buona lettura!

***

"Volete ordinare?" chiese la cameriera in tenuta da lavoro. Teneva i capelli rossi raccolti in uno chignon basso, una gonna lunga sino alle ginocchia rosso sangue e una camicia bianca. Sul petto era agganciata una tessera con il suo nome. Si chiamava Susanne. Bellissimo nome -pensai.

"Prendiamo due uova strapazzate con bacon e due caffè-latte" disse Noah, chiudendo il menù. Lo fulminai con lo sguardo. Non avevo nessuna voglia di mangiare uova strpazzate, né tanto meno volevo bere del caffè.

"Altro?" chiese la ragazza, decisamente giovane, mentre era intenta a scrivere sul taccuino le ordinazioni.

"No, va bene così" di nuovo la voce di Noah mi precedette. Fui tentata nel tirargli un calcio da sotto il tavolo, colpendo dritto il ginocchio, ma mi limitai a mostrare la mia espressione furiosa.

La cameriera ci sorrise e portò con se i due menù.

"Saresti così gentile da ricordarmi il momento in cui ti ho detto che avevo fame?" chiesi a denti stretti, constatando se effettivamente la ragazza si era allontanata abbastanza.

"Non me lo hai detto" si strinse nelle spalle, facendo finta di niente. Sbuffai.

"Appunto" iniziai a picchiettare le dita sul tavolo. Nonostante ci trovassimo in quel locale da ormai un quarto d'ora, erano ancora fredde le mie mani. Lo stesso il mio naso.

Noah stava cercando di aiutarmi, ero consapevole di ciò. Sapevo che avrebbe voluto il mio bene, ma accettarlo avrebbe significato essere consapevole del fatto che non stavo bene. E nella mia testa continuavo a ripetermi che ce l'avrei fatta da sola. 

Noah mi fissò tutto il tempo, in silenzio. Continuavo a torturare le mani sotto il tavolo, strofinandole tra di loro. Avevo ancora freddo, tremendamente. Sentii il suo sguardo scrutarmi accuratamente e cominciai a sentirmi in soggezione, nella speranza che qualcuno venisse a rompere il ghiaccio che si era venuto a creare. Non alzai mai lo sguardo, lo sentii sospirare un paio di volte, segno che stava cercando di dialogare ma puntualmente, tirava indietro le parole.

"Ecco a voi" annunciò la stessa cameriera, poggiando sul tavolo i piatti. "Vi porto da bere" ci sorrise e io ricambiai, vedendola andare via.

"Voglio che mangi tutto" sentii dire da Noah, autoritario.

Abbassai lo sguardo sul piatto e quella era davvero tanta, troppa roba. Il mio stomaco non avrebbe retto. Sbuffai e afferrai la forchetta, iniziando ad infilzare le uova.

"Devi mangiarle, non devi giocarci" insistette Noah. Lui aveva già iniziato a gustare la sua portata. Alzai lo sguardo incontrando il suo, inarcò le sopracciglia incitandomi e io mi costrinsi a portare in bocca il minimo possibile. Masticai lentamente. La fame era inesistente. Mi sentivo sazia, anche troppo.

"Bravissima" sorrise, tornando a concentrarsi sul suo piatto. Nel frattempo la cameriera poggiò sul tavolo i due caffè. Alla vista del liquido un coniato di vomito mi invase. Saltai sull'attenti, portando il tovagliolo davanti la bocca.

"Che succede?" chiese Noah preoccupato. Scossi il capo, facendogli intendere che non potevo parlare. Tirai la sieda indietro, producendo non poco rumore. Alcuni dei presenti si voltarono nella mia direzione ma non me ne curai. Avevo bisogno del bagno urgentemente.

The Feeling 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora