05. Buona vita

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Amore mio.

Amore mio.

Amore mio.

Quelle due parole mi rimbombavano in testa, come un eco che non ha intenzione di cessare. Quest'ultima iniziò a girare, la vista divenne mano a mano sempre meno nitida.

Il cuore nel mio petto prese ad accelerare come mai prima d'ora. Rimasi immobile alcuni secondi, ad elaborare. Forse stavo sognando, forse da un momento all'altro mi sarei svegliata e sarei tornata alla realtà. O forse era semplicemente quello che speravo perché io, debole com'ero, non mi sentivo pronta per affrontare quello che sarebbe successo di lì a poco.

"Lydia..." sussurrò Noah. Già, mi ero dimenticata di lui. Alzai lo sguardo ed incrociai i suoi occhi colmi di preoccupazione.

Istintivamente mi allontanai, con un balzo felino. Fu lo sguardo pungente di Noah che mi fece capire che non stavo sognando. Per un istante mi sentii spoglia, quando la mano di colui che era appena tornato nella mia vita come un acquazzone in pieno agosto, scivolò via dal mio petto.

Ebbi paura a voltarmi, paura di guardarlo negli occhi. Presi un gran respiro e ripetetti a mente che tutto sarebbe andato bene, per quanto non ne fossi convinta.

Mi voltai.  Justin era lì, proprio di fronte a me. Per un istante sperai che fosse sul serio soltanto uno dei tanti sogni che mi avevano perseguitata in quelli ultimi mesi ma, quando la sua mano si posò sulla mia guancia, non potetti fare a meno che lasciare libero sfogo alle mie lacrime. Una, due, tre, mi bagnarono il volto senza che io potessi fare nulla per fermarle.

Justin mi guardò dritto negli occhi: mi stava implorando con lo sguardo di non piangere. Portai una mano sul dorso della sua, che ancora poggiava delicatamente sulla mia guancia. Era bagnata, non solo a causa delle mie lacrime. I capelli erano cresciuti nuovamente, finalmente del suo colore naturale. Li ricadevano sul viso, gocciolando a terra. Aveva gli occhi lucidi. I suoi occhi caramellati che mi pietrificarono all'instante: mi sarei mai stancata di ammirarli? Probabilmente no. E in quei mesi, mi erano mancati tremendamente. Ero riuscita finalmente a vederli, ancora una volta. A perdermi dentro quelle iridi che parevano l'ottava meraviglia del mondo.

Justin si sporse, accarezzandomi la guancia. Socchiusi gli occhi e per alcuni secondi, nella mia testa si susseguirono le immagini colme di disperazione e dolore di quei mesi in cui ero stata abbandonata. Proprio dalla persona che avevo considerato la mia salvezza.

Sgranai gli occhi, Justin era fin troppo vicino. Con uno scatto felino scansai la sua mano, poi indietreggiai. Scossi il capo ripetute volte, lui rimase immobile, preso alla sprovvista.

"Amore mio?" domanda sputando veleno. Scoppiai a ridere leggermente, fissandolo dritto negli occhi: volevo che vedesse quanto dolore mi aveva provocato, per quanto fosse possibile farglielo intendere attraverso due occhi carichi di lacrime e un'espressione di delusione mista allo stupore. "Hai il coraggio di chiamarmi così?" proseguii. 

Justin prese un gran respiro e, deluso, abbassò lo sguardo sulle sue scarpe per alcuni secondi. Poi lo alzò, deciso.

"Devo parlarti di tante cose, Lydia. Ascoltami" provò ad avvicinarsi ancora una volta ma io portai una mano aperta in avanti, bloccandolo prima che potesse sfiorarmi e di conseguenza, prima che io perdessi nuovamente lucidità.

"Ascoltarti è l'ultima cosa che voglio" strinsi i denti e i pugni. Nel contempo, percepii la mano di Noah posarsi sulla mia spalla ma mi scansai: non avevo voglia di vedere nessuno. 

"Lydia..." sussurrò il mio nome come solo lui era in grado di fare.

"No, tu non capisci!" gli puntai il dito contro, urlando. Mi voltai di scatto, correndo verso quella che era stata la mia stanza in quell'ultimo periodo. Per sbaglio urtai Noah, il quale mi lasciò andare, abbassando lo sguardo.

The Feeling 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora