L'inizio.

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Inizio a toccarmi i capelli nervosamente, lo faccio sempre quando sono agitata. Eddio se lo sono.
Mi sta venendo un fottutto attacco di panico e stare qui dentro non mi fa stare meglio. Sento i rumori dei clacson che rimbombano nelle mie orecchie, pensano seriamente che facendo questo rumore il traffico andrà avanti?no ma davvero?fatemi capire.
Chiedo gentilmente a Louis di abbassare il finestrino della macchina in modo da poter prendere un po' d'aria e lui senza fare nessuna domanda lo fa. Avrà capito che non sto bene. Mi iniziano a tremare le mani , sento il mio corpo caldo, sto sudando e per di più non ho qui con me le mie pastiglie. Sono dentro la mia valigia, che ovviamente è dentro il bagagliaio, e se mi metto a cercarla tenendo per di più conto che li dentro avrò messo anche la pianta della mia vicina, non la troverò mai.
In questo momento vorrei avere con me la mia adorata bicicletta, in Italia la usavo sempre; Sia per andare a scuola, che per fare semplicemente un giro nell'immensa Milano.
La cosa più bella era quando vedevo tutte le macchine ferme, proprio come in questo momento, bloccate e senza poter muoversi di un millimetro. Osservavo le persone alla guida, che erano chiaramente nervose, mentre io , sulla mia bicicletta nera, potevo spostarmi liberamente. In quel momento mi sentivo al settimo cielo, e quando a 18 anni mia mamma mi chiese se avevo in mente di fare la patente per prendermi la macchina, io le rispose di no, che mi bastava la mia piccola bici, anche se era un po' transadata e segnata dagli anni, non l'avrei mai cambiata per nessuna macchina al mondo.
In questo momento vorrei averla qui con me, cosi da sfuggire da questo enorme traffico che mi soffoca.
Noto che Louis si sta togliendo la cintura di sicurezza e con passo svelto sta venendo nella parte dietro della macchina, da me.
《Hey, hey.
Devi respirare, guardami negli occhi.
Non capisco perché stai cosi, ma si risolverà tutto.
Devi pensare al meglio, dimentica per un attimo tutti i problemi che ti passano per la testa e ritorna come prima.
Ritorna a quando guardavi rilassata la pioggia, li stavi bene e si vedeva dai tuoi occhi.
Pensa a ciò che in quel momento ti faceva stare cosi.》
Mentra parla mi stringe le mani tra le sue, i suoi occhi sono puntati su di me, ho quasi paura che possano entrarmi dentro e scoprire ogni mia paura, ogni mio segreto. Sento le guance bagnate e capisco che sto piangendo.
Capisco che l'unica persona che mi farebbe stare meglio non c'è, posso solo pensarla, immaginare i suoi occhi dolci ed il  suo sorriso.È lei quella che pensavo poco fa e che penso sempre, è lei la mia unica cura ad ogni attacco di panico.
Sento il mio respiro regolarizzarsi, il cuore non mi batte più come prima ed è segno che mi sto calmando. È la prima volta che ci riesco senza dover assumere nessun farmaco e devo ammettere che è grazie a Louis ed alle sue parole:Lui mi ha consigliato di pensare a mia nonna , pur non sapendo nulla di me , è riuscito a capire cosa provavo poco fa.
Credo che non ci sia cosa più bella di quelle persone, che per capirti non hanno bisogno di leggere in mezzo alle righe della tua vita, perché  a loro basta guardarti negli occhi.
Gli occhi dicono più di mille parole.
《Stai bene?》 Mi chiede con tono dolce.
Annuisco con un debole sorriso.
《Grazie.》
E lo penso davvero, non so come ci sia riuscito ma gli sono tremendamente grata. Ricordo l'ultima volta che ho avuto un attacco di panico e non avevo con me le pastiglie, credevo di poter impazzire o di scoppiare da un momento all'altro come un palloncino, ricordo che sono finita in ospedale e solo cosi mi sono tranquillizzata.
Questa volta però è stato diverso, credo che se una persona ti sa prendere , anche nei momenti peggiori ti fa ritrovare la calma.
《Prego.》
Ci guardiamo per vari secondi fino a quando noto che le sue mani sono ancora ferme sullo stesso punto di prima. Sulle mie.
Se ne accorge anche lui e le ritrae velocemente, siamo entrambi in imbarazzo. È strano tutto ciò, non avrei mai pensato che in un semplice taxista avrei trovato una persona come lui.
È chiaramente speciale.
La nostra attenzione viene attratta dalle macchine, che iniziano a muoversi lentamente , fino a ritrovare un ritmo regolare. Louis intanto è ritornato nel posto guida e dopo nemmeno 2 minuti riusciamo a liberarci da quel traffico infinito.
Guardo l'ora per l'ennesima volta, sono le 15:20, magari in 10 minuti arriviamo, anche perché siamo in giro da un botto.
Decido di togliermi ogni curiosità e chiedo direttamente a Louis, in fondo è lui che conosce ogni strada di Londra.
Mica io.
《Quanto manca più o meno?》
Vedo che ci pensa un po' su.
《30 minuti.》
Risponde serio.
《Cosa?merda, merda.》 Urlo.
Non può essere, non cosi tanto.
Saranno già passati 30 minuti e ne mancano altri 30, non ci posso credere, è assurdo.
Capisco che abbiamo perso del tempo nel traffico, ma dove si trova sto posto?
In culo ai lupi?
《Perché è cosi importante per te arrivare li?》
Mi chiede confuso.
《È il mio primo giorno di lavoro e non è il massimo arrivare con 30 minuti di ritardo.
Penso seriamente che ci metterò di più per arrivarci che per essere licenziata.
Forse è meglio che mi aspetti fuori, almeno non devo chiamare un altro taxi.》 Rispondo ironicamente.
Ma la mia ironia nasconde soltanto 1000 sfumature di rabbia, mi sento una fottuta delusione.
Ci ho sperato cosi tanto, ho dovuto fare cosi tanti studi, ho dovuto convincere i miei e più che altro me stessa di riuscirci, ma niente.
Niente. Lo sento ridacchiare, e non capisco cosa ci sia di divertente.
《Lo sai vero che non verrai licenziata?
È il tuo primo giorno e quindi hai un sacco di tempo per dimostrare quanto vali. Poi già che ti hanno assunta in uno dei posti più importanti di Londra la dice tutta. Non mi è mai capito di portare qualcuno in questo posto, di solito lavoro nel centro della città .》
Noto un certo entusiasmo nella sua voce, a momenti è più felice di me.
Non sono molto sicura delle sue parole.
Mio padre prima di partire mi ha detto di non prendermela con comodo e di non sottovalutare niente , perché è cosi che si arriva al successo. Ma non voglio niente di tutto ciò, non mi interessano i soldi e ne tanto meno il successo, il mio unico obiettivo e quello  di aiutare, quello di fare del bene.
Decido di non rispondere e mi limito ad annuire.
Il mio sguardo si sposta su ogni edificio, mentre la macchina segue una strada diritta, poco a poco noto che la folla di persone diminuisce, non vedo più tutti quei  bambini che camminano con le loro famiglie, non vedo più le coppie di anziani che si prendono per mano, non vedo più niente.
Ogni cosa viene sostituita da alberi ed alberi, guardo a destra e vedo alberi, guardo a sinistra ed ancora alberi.
Non mi sembra più di essere nell'allegra Londra, tutto ciò mi ricorda i miei viaggi i montagna, dove potevo urlare parolacce a caso senza  paura di essere sentita , in fondo ero in mezzo al nulla.
《Sei sicuro che sia questa la strada giusta?》
Gli chiedo nella confusione totale.
Vedo che aggrotta la fronte, come se gli avessi appena chiesto la cosa più strana del mondo.
《Faccio il taxista da tre anni, tu che pensi?》
Il suo sguardo è fisso sulla strada, dalla sua espressione noto che è molto concentrato ed ipotizzo che sia per la troppa nebbia ,che gli impedisce di guardare cosa c'è oltre.
Se fossimo stati nella Londra di poco fa, probabilmente ci saremmo già inchiantati contro una macchina.
Dubito però che cui ci sia qualche anima viva, non ci sono persone in bici e ne tanto meno in macchina, ci siamo solo noi e gli alberi, ma credo che quelli non contino.
Potevo immaginare la sua risposta, chiedere ad un taxista se è sicuro della strada e un po' come domandare ad un prof di matematica se sa fare 2 piú 2.
《Suppongo che sei esperto visto che è il tuo mestiere, ma prima mi hai detto che non hai mai portato nessuno qui, quindi..magari..》
Non mi lascia finire la frase che ferma la macchina di scatto.
《Siamo arrivati.》
Vedo che scende dalla macchina, prende la mia valigia e mi apre la porta, permettendomi di uscire.
Sento un freddo assurdo, forse per il cambio di temperatura, in macchina stavo al caldo, ma qui sembra di stare al Polo Nord.
Mi faccio piccola dentro il giubotto, nel tentativo di coprirmi un minimo.
《Miranda.》
Sento la voce di Louis e noto che è già dentro la macchina, dovrà andare.
《Aspetta, ti pago.》
Faccio per tirare fuori il portafoglio, ma la sua voce mi interrompe.
《Tranquilla, se vuoi ripagarmi in qualche modo permettimi di portarti in giro, non oggi ovviamente, ma tornerò, non so quando e nemmeno a che ora, ma tornerò e ti porterò in giro per Londra.
Accetti?》
I suoi occhi sono fissi, bloccati sui miei.
Mi ha colta impreparada, di solito ho in mano la situazione di ogni cosa, ma questa non me l'aspettavo.
È stato gentile con me e dovrò pur fare amicizia con qualcuno, questo rientra nella mia nuova vita e non mi dispiacerebbe rivedere quei bellissimi occhi azzurri.
《Accetto.》
Rispondo sicura della mia decisione.
Lui mi sorride, un sorrisone che fa sorridere anche me, lo saluto mentre parte via, fino a sparire del tutto.
Mi guardo intorno, incredula di essere finalmente arrivata, ci sono alberi, alberi ed aspetta , aspetta.. alberi.
Ad  un tratto vedo spuntare qualcosa, è un uccellino. Oh, almeno non sono da sola, è sempre un essere vivente, no?
Heidi parla con le caprette, allora mi chiedo, cosa c'è di male se mi mettessi a parlare con un uccellino?
Per un secondo nella mia testa passa  la remota idea che Louis mi abbia fatto un piccolo scherzetto, lasciandomi in mezzo al nulla, ma tutto ciò viene smentito quando noto un grande edificio, anzi una villa enorme.
Capisco subito che è molto antica, infatti sembra che nessuno si sia mai preoccupato di ristrutturarla, sembra uno specie di castello ed è quella la forma che ha, si estende su un lungo giardino ed è completamente ricoperto dalla nebbia.
Tutto questo mi fa venire i brividi, questo posto mi ricorda un fottuto film horror ed il pensiero di dover lavorare qui, in un posto inquietante e lontano dalla parte bella di Londra non mi piace, per niente.
Forse però sto giudicando tutto troppo velocemente , sto facendo come quelle persone che al posto di aprire il libro e leggere ciò che c'è all'interno, si fermano alla copertina.
Giudicano dalla copertina.
Io non sono come loro e questa è la mia nuova casa.
I miei occhi ricadono su una grande scritta, che ricopre la villa:
"London Orphan Asylum."

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