Chapter IV

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DA QUEL GIORNO AVEVO PRESO la decisione di stare il più lontano possibile da William Watson, quell'uomo per quanto potesse essere affascinante, attraente e di bell'aspetto, era completamente fuori di testa: aveva ragione lui, gli sarei dovuta star...

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DA QUEL GIORNO AVEVO PRESO la decisione di stare il più lontano possibile da William Watson, quell'uomo per quanto potesse essere affascinante, attraente e di bell'aspetto, era completamente fuori di testa: aveva ragione lui, gli sarei dovuta stare lontano.
Fortunatamente il venerdì non era una giornata pesante, ma stando agli avvenimenti accaduti il giorno precedente, me ne sarei rimasta volentieri a letto; non sapevo ancora come avrei fatto ad affrontare Mr. Watson per due ore e le parole che egli mi aveva riservato rimbombavano ancora nella mia testa. Come di routine mi vestii con un jeans semplice ed una maglia per poi scendere in cucina con i capelli ancora leggermente arruffati ed il volto stanco. Non avevo dormito granché quella notte: le immagini di quelle sottomesse legate ad un soffitto con delle corde intorno al corpo continuavano a tormentarmi, così come tutto il resto appartenente a quel mondo.
Afferrai un toast e vi spalmai sopra del burro d'arachidi, gustandomelo un secondo dopo.
« La principessa di papino è finalmente uscita dalla sua camera », commentò mio padre, facendomi quasi strozzare con il pezzo di pane; tossii rumorosamente e mia madre mi batté una mano sulla schiena per farmi riprendere.
« Che c'è? », si accigliò lui. « Da piccola ti piaceva essere chiamata così », terminò con un pizzico di nostalgia nella voce. Quel nomignolo era divenuto troppo ambiguo e per quanto non mi fossi mai lamentata dei soprannomi zuccherosi di mio padre, non sarei riuscita comunque a sopportarlo.
« Avevo cinque anni, papà», sottolineai, prendendo un sorso di spremuta d'arancia, intanto mia madre ridacchiava sotto i baffi. Amavo i miei genitori, erano sempre stati lì a sostenermi, nonostante non fossi la figlia perfetta o una studentessa modello come mio fratello Luke.
« Per me sarai sempre la mia bambina », continuò, prima di alzarsi dalla sedia e posare la sua tazza di caffè nel lavabo, successivamente si avvicinò a me e mi lasciò un piccolo bacio sulla nuca.
« Torno per cena, tesoro », e salutò la mamma con un bacio sulle labbra.
« Okay, io devo andare a scuola », dissi con un'espressione disgustata sul volto: ero felice che i miei genitori si amassero, ma non che lo dimostrassero in quel modo dinanzi a me. Entrambi risero di gusto ed infine mio padre uscì di casa con rapidità.
« Flora », mi richiamò il capofamiglia, nonché mia madre, arrestando i miei movimenti nel bel mezzo della cucina. Era sempre stata lei ad indossare i pantaloni in quella dimora. Mi voltai nella di lei direzione ed afferrai il sacchetto per il pranzo con un sorriso, infilandolo in borsa.
« Buona scuola », mi augurò con tono dolce ed io, che fino a quell'istante avevo trattenuto il fiato, uscii di casa esalando un sospiro di sollievo.
Essere silenziosa non aveva mai fatto parte della mia indole e benché non volessi ammetterlo, sapevo che mia madre avesse intuito qualcosa, ma non potevo fare altro che tacere, sarebbe stato meglio per chiunque.

Camminai velocemente per arrivare a scuola prima del trillo assordante della campanella, ma non smentendomi mai, già dal secondo giorno feci un ritardo di quasi dieci minuti; la porta dell'aula di matematica era serrata e potevo solo immaginare la mia morte quando Mr. Watson mi avrebbe vista entrare.
Con disinvoltura spalancai la porta dell'aula e la richiusi velocemente, attirando l'attenzione di tutti i presenti, ma il mio sguardo era rivolto solo a lui, il mio professore.
« Miss Blackwell, ha una valida giustificazione per questo ritardo? », la sua voce era intrisa d'un tono arrogante così fastidioso che se non vi fosse stato nessuno lo avrei preso a sberle. In effetti, non vi era una vera giustificazione e diedi voce al primo pensiero che mi passò per la testa.
« La sveglia non ha suonato », replicai, tentando d'esser più convincente possibile. Egli si aggiustò il maglione blu scuro, il quale risaltava il colore dei suoi occhi e mi osservò con scetticismo.
« Un secondo ritardo e la metterò di nuovo in punizione », si era svegliato piuttosto male quella mattina, a quanto pareva. Alzai gli occhi al cielo e quel mio gesto non fece altro che farlo spazientire, così mi indicò il mio solito posto, invitandomi a sedere.
Iniziai a camminare in mezzo ai presenti, incontrando lo sguardo di Lily, la quale mi sorrideva leggermente, io ricambiai e dopo aver posato i libri sul banco, la voce di Mr. Watson mi fece sobbalzare.
« Miss Blackwell, venga a risolvere questa equazione alla lavagna », mi ordinò: trovava gusto nel torturarmi, a quanto pareva. Mormorai delle imprecazioni poco carine sul suo conto prima di dirigermi dinanzi alla lavagna ed afferrare il piccolo gesso tra le falangi, intanto Deborah Anders ed il suo gruppetto formato da alcune Cheerleaders e giocatori di Basket sghignazzavano sotto i baffi. Avrei voluto strozzarla.
« Allora », iniziò Mr. Watson, compiendo alcuni passi verso la mia figura ed io rimasi immobile, tentando di non lasciarmi intimidire da quel suo comportamento.
« Dobbiamo trovare l'incognita x », terminò. Allungai la mano e disegnai un cerchio attorno alla x, sostenendo di averla trovata, così sorrisi in maniera sghemba e sperai solamente che mi rimandasse a posto.
Ma non fu così.
« Ragazzi, risolvete per conto vostro l'equazione nel frattempo che aiuterò Miss Blackwell a risolvere i suoi dubbi », e subito tutti si misero a lavoro nel frattempo che si avvicinò a me con lentezza, si posizionò dietro di me, facendomi mancare il respiro: il suo profumo era così afrodisiaco ed il suo respiro così caldo.
« Un'altra bravata come questa e non esiterò a punirti, per davvero », ero voltata di spalle, ma ero sicura che la sua espressione fosse austera, a giudicare dal suo tono di voce; nessuno aveva udito la sua frase grazie al brusio di sottofondo e ne approfittai per ribattere.
« Dovrebbe trattenersi, signore », potei sentire la sua postura irrigidirsi per come lo avessi chiamato, feci una piccola pausa e poi continuai.
« Sono minorenne, inoltre, è stato lei a dirmi che il suo mondo non fa per me », terminai. William afferrò un gessetto e si sporse in avanti per iniziare a risolvere l'equazione e compiendo ciò, fece aderire il suo bacino al mio fondoschiena, lasciandomi a bocca aperta.
« Miss Blackwell, con il punirla intendevo mandarla in presidenza », il tono era freddo, così come il suo corpo quando si staccò da me ed io rimasi immobile a fissare la lavagna.
Il perché avessi pensato immediatamente a differenti punizioni era sconosciuto perfino a me stessa, quasi dimenticando che William fosse prima di qualunque altra cosa, il mio professore.
« La signorina Blackwell ha una vuoto di memoria, perciò, signor Drust, venga lei a risolvere questa equazione », invitò il mio compagno di classe ad alzarsi ed il suo sguardo si posò su di me in un secondo momento.
« Miss Blackwell, può tornare al suo posto ».
Mi sedetti nel banco di fianco a Lily ed ella immediatamente mi chiese spiegazioni attraverso un fogliettino, ma lo accartocciai e le rivolsi un sorriso per rassicurarla: non le avrei detto nulla, troppo rischioso.

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