Chapter V

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DOPO LA CHIACCHIERATA CON IL SIGNOR WATSON, non riuscii a pensare ad altro e trascorsi l'intera mattinata a rimuginare sul fatto di presentarmi o meno nel suo ufficio al termine delle lezioni

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DOPO LA CHIACCHIERATA CON IL SIGNOR WATSON, non riuscii a pensare ad altro e trascorsi l'intera mattinata a rimuginare sul fatto di presentarmi o meno nel suo ufficio al termine delle lezioni. Sapevo che non era un invito, ma un vero e proprio ordine, eppure non riuscivo a prendere una decisione. Da una parte la mia curiosità vorrebbe esser sfamata, dall'altra l'angoscia mi spingeva a correre dritta a casa e stargli lontano il più possibile, benché me lo fossi promessa più volte con dei risultati piuttosto invani.
Non avevo mai provato quelle emozioni per nessun ragazzo, nessun mio coetaneo era capace di toccarmi o parlarmi nel modo in cui lo faceva lui: tutto ciò era sbagliato e malato, me ne rendevo conto, eppure il mio corpo lo bramava più di qualunque altra cosa.

Durante il pranzo mi sedetti insieme a Lily e Rick, ancora una volta avevano servito il pasticcio di carne e come al solito ero riuscita a divorare solo l'insalata ed una mela, portate da casa. Giocai con la carne sul piatto, stuzzicandone alcuni pezzetti con la forchetta, la mia mente non era ancora riuscita a prendere una decisione per quel pomeriggio ed il tempo scarseggiava man mano che ci rimuginavo. Fortunatamente Rick e Lily non s'accorsero del mio comportamento poiché erano troppo indaffarati nel leggere un libro romantico: Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austin. Non ero una grande amante della lettura, anzi, in tutta la mia vita avevo avuto modo di finire solo pochi libri, preferivo di gran lunga i film.
« Flora, dovresti leggerlo, è magnifico », tentò di convincermi Lily, gli occhi le luccicavano per la contentezza.
« No, grazie! », scossi il capo con un sorriso. « Non mi serve un libro per sapere che il pregiudizio sia una cosa sbagliata », scrollai le spalle, guadagnandomi un'occhiataccia dalla mia migliore amica.
« E' una storia d'amore », aggiunse Rick e non feci altro che emettere un verso di disgusto.
« Un motivo in più per non leggerlo », detto ciò presi un sorso d'acqua dalla bottiglietta, osservando l'orologio da polso con insistenza. Sembrava che il tempo non passasse mai.
« Hai impegni? Guardi l'orologio come se volessi divorarlo », Rick se n'era accorto ed esitai prima di rispondere.
« Devo – feci una piccola pausa – aiutare mia madre nel preparare alcuni dolci », fu la prima menzogna che mi passò per la testa. « Luke sta per tornare », aggiunsi con un sorriso e Lily spalancò la bocca per la felicità: aveva avuto una cotta per lui da piccola, ma in fondo, chi non l'aveva?, mio fratello maggiore era un giovane uomo di bell'aspetto.
« Non ci credo! E' meraviglioso », esclamò lei.
« Chi è Luke? », chiese in completa confusione Rick, così ridacchiai per la sua espressione perlplessa.
« Mio fratello maggiore. Si è laureato in medicina e prima di iniziare a lavorare vuole passare alcuni giorni a casa », almeno avevo detto qualche pizzico di verità nella marea di menzogne di quel giorno. Non facevo altro che mentire, se avessi continuato così avrei mentito pure a me stessa.

Non potevo aspettare sino al termine delle lezioni per recarmi da Mr. Watson, sarei impazzita, così una volta terminata la pausa pranzo mi diressi a passo svelto in direzione del suo ufficio, trovando la porta chiusa.
Respirai a fondo prima di bussare sulla superficie di legno ed attendere una risposta, la quale arrivò dopo brevi istanti.
« Avanti », e così spalancai la porta, entrando all'interno del suo ufficio, guardandomi intorno. Tutti i mobili erano in mogano, vi erano due librerie nella parete più lunga, un piccolo tavolino, una scrivania in vetro con sopra un pc portatile e due comode sedie dinanzi ad essa.
« Non ha saputo resistere, Miss Blackwell? », mi beffeggiò, accennandomi con la mano di avanzare e prendere posto in una delle due poltroncine dinanzi a lui, seduto dall'altra parte della scrivania; alcune scartoffie erano posate in maniera ordinata sulla superficie e notai solo in un secondo momento un contenitore con all'interno dei dolciumi. Mentirei se vi dicessi di non volerne uno, il mio stomaco non ingeriva zuccheri da quella mattina.
Notando il mio sguardo devoto, William ridacchiò, scuotendo il capo: gli sarei dovuta sembrare una bambina in quell'istante.
« Si serva », mi incoraggiò, avvicinando il contenitore alla mia figura e senza esitare afferrai un lecca-lecca alla fragola dalla forma tondeggiante e dal colore rosso.
« Di cosa voleva parlarmi, Mr. Watson? », esordii prima di portare il dolciume all'interno della mia bocca, assaporandone il gusto: erano anni che non ne mangiavo uno.
Lo sguardo del mio professore era focalizzato sulle mie labbra e dal movimento che compivano attorno al lecca-lecca, potei notare la sua figura irrigidirsi ed assumere una postura più composta.
« Perché ha pensato che volessi Mrs Amber come mia sottomessa? », arrivò al punto più velocemente di quanto avessi immaginato e quasi non mi strozzai nell'udire quella frase. Non vi era una precisa motivazione, mi era solo passato per la testa. Così, scrollai le spalle come risposta, continuando a gustare il lecca-lecca e non interrompere il contatto visivo con il mio interlocutore. Potevo notare quanto stesse risultando difficile concentrarsi sulla conversazione piuttosto che sulla mia bocca.
« Usi la voce, Miss Blackwell », mi intimò, sporgendosi sulla scrivania. Io stetti ancora in silenzio, mettendo a dura prova la sua pazienza.
« Non mi costringa ad usare la forza ».
Lo sfidai con lo sguardo, ma prima che lui potesse scattare in piedi, rimossi il dolciume dall'interno della mia bocca, provocando uno schiocco rumoroso.
« Era solo una supposizione », parlai, ma egli m'interruppe quasi subito.
« Davvero?, io sono di un parere differente, Miss Blackwell », il tono si abbassò man mano che la sua figura avanzasse verso la mia, giungendomi dinanzi. Quando si chinò su di me, potei percepire le di lui labbra stuzzicare il mio orecchio prima di udire le seguenti parole: « Lei vuole essere la mia sottomessa ».
Il mio cuore perse un battito per poi accelerare il suo corso, ma il mio corpo era immobile, non riuscendo ancora a realizzare ciò William che avesse detto. Il problema, però, era il fatto che ci stessi riflettendo, quando avrei dovuto negare immediatamente, senza alcun ragionamento.
Finalmente alzai lo sguardo per incontrare i suoi occhi ed in men che non si dicesse, mi riportai il dolciume in bocca per evitare di rispondere a quella provocazione.
« Ma come le ho già comunicato, il mio mondo non è fatto per delle ragazzine come lei », potei notare del disappunto nel suo tono di voce, intanto entrambe le sue mani vennero portate all'interno delle tasche dei pantaloni.
« Allora perché sono qui? », quella domanda mi sorse spontanea.
« Dovrebbe dirmelo lei, Miss Blackwell », eppure non riuscivo a trovare alcuna risposta.
« Aveva paura che mi potessi arrabbiare con lei e punirla nuovamente, voleva colmare la sua curiosità. So quanto le costi ammettere di esser attirata dal mio mondo », mi provocò, incastonando il mio sguardo color cioccolato col suo color del cielo.
A quel punto il mio volto andò a fuoco sia per l'imbarazzo che per la rabbia: tutto ciò che avevo letto e visto sul web era troppo per me, non volevo adoperare quello stile di vita.
« No! », esclamai, alzandomi dalla poltrona con fin troppa enfasi, il lecca-lecca era ben tenuto nella mia mano destra, il mio alito sapeva di fragola.
« Lei è solo una persona malata che si eccita nel far del male alle altre donne, se la polizia scoprisse di lei la arresterebbe immediatamente e – », la mia sfuriata venne interrotta da William, il quale, nero dalla rabbia per le parole da me appena pronunciate, strappò via dalla mia mano il dolciume e mi afferrò per un braccio con forza, trascinandomi sin dall'altro lato della cattedra.
« Non osare parlarmi in quel modo, non sai niente di me », alzò il tono di voce, ma non mi lasciai intimidire, non quella volta, infatti, tentai di sfuggire alla di lui presa. La cosa più insolita era che passassimo dal darci del lei, a darci del tu in un battito di ciglia.
« Invece lo so. E' un pervertito che usa le donne per soddisfare i suoi bisogni sessuali e non le importa nemmeno se sono maggiorenni o minorenni! Mi fa schifo », conclusi con tono alterato; lo sguardo William si fece più intenso, i lineamenti del volto si irrigidirono ed il respiro si fece pesante. Senza indugiare oltre, egli mi afferrò per la vita e mi fece stendere sulle sue ginocchia, provocandomi un urlo di sorpresa.
« Lasciami », mi dimenai, ma egli fece in modo di tenermi ferma sino a quando non smisi di muovere il mio corpo, conscia del fatto che sarebbe stato inutile ribellarsi. La sedia di pelle scricchiolava sotto i nostri corpi e William respirò profondamente.
La mano dell'uomo cominciò ad accarezzare il mio fondo schiena con delicatezza e premura e quei gesti mi fecero rilassare, per quanto fossero ambigui. Avevo smesso di lottare, avevo messo a tacere i miei valori, restando sotto il controllo di Mr. Watson.
« Flora, solo Dio sa quanto desidero punirti in questo momento », le sue parole calde e straripanti di lussuria accesero una fiamma nel mio basso ventre, pronta a dipanarsi in tutto il resto del mio corpo. Così, per una volta accettai ciò che stessi provando e mi rassegnai al fatto che volessi conoscere un pizzico del suo mondo, che bramassi le di lui mani sul mio corpo.
« Fallo », sussurrai, arrossendo sulle gote per l'imbarazzo: non riuscivo a credere nemmeno io alle mie parole. William ne rimase stupito ed ebbe ragione, un minuto prima lo avevo insultato ed il secondo dopo mi lasciavo andare così; stavo letteralmente impazzendo.
« Puniscimi e dimentichiamo questa storia », conclusi, il mio sguardo era fisso sul pavimento, nel frattempo le mani del mio professore mi sfilavano i jeans sino al ginocchio, rivelando le mie mutandine di pizzo rosa confetto.
Lo sentii respirare pesantemente quando mi accarezzò la pelle nuda delle natiche, strizzandola per alcuni secondi. Mi morsi un labbro per trattenere un sospiro di piacere a quel contatto, le mie palpebre erano serrate per l'imbarazzo del momento.
« Per quanto vorrei non trattenermi, non posso esagerare, non sei la mia sottomessa, né fai parte del mondo BDSM, perciò, quaranta andranno bene. – fece una pausa – Per quale motivo ti sto punendo, Flora? », sentii il fruscio del tessuto della sua giacca, segno che se la fosse sfilata, gettandola da qualche parte. Strabuzzai gli occhi per il numero di sculacciate che stessi per ricevere e quando la sua mano si scontrò contro la mia natica per la prima volta, urlai più per la sorpresa che per il dolore.
« Rispondimi », ordinò, stringendomi una natica ed immediatamente parlai.
« Per essere stata maleducata con lei, mi dispiace », respiravo pesantemente ed il mio cuore batteva per l'angoscia e l'eccitazione.
« Mi dispiace, cosa? », mi fece eco e compresi che mancasse un termine al finire della frase, un nome che egli voleva udire a tutti i costi.
« Mi dispiace, signore ».
« Brava ragazza », commentò sottovoce, accarezzandomi la nuca con dolcezza, poi, si schiarì la gola prima di tornar a preferir parola.
« Dovrai contare ogni mio colpo e se non lo farai, ricomincerò daccapo », mi informò ed io annuì semplicemente per fargli comprendere che avessi capito, ma un altro schiaffo sul sedere mi fece sobbalzare.
« Voglio sentirti, Flora », mi ammonì.
« Sì, ho capito, signore », deglutii nervosamente, attendendo quella tortura.
La prima sculacciata arrivò sulla natica destra e sobbalzai di poco per il dolore: la mano di William era grande e possente, sarebbe riuscita a provocar dolore a chiunque stesse nella mia posizione. « Uno », dissi con voce flebile e subito egli colpì la mia natica sinistra, facendomi strizzare le palpebre e le gambe. « Due ».

Man mano che i colpi di Mr. Watson proseguivano con alcune pause di due secondi per accarezzarmi le natiche, la sua mano si scagliava con sempre più forza sulle mie natiche, le quali erano rossastre e mi pizzicavano per il dolore; pur di trattenere le urla e le lacrime il mio labbro inferiore si era leggermente spaccato per quanto lo avessi torturato e le mie mani stringevano con enfasi il pantalone scuro di William. Alla ventesima sculacciata non ce la feci più e lasciai che le lacrime fuoriuscissero dai miei occhi, bagnandomi le guance arrossate: William mi afferrò per il collo e mi fece voltare di poco verso di lui, il suo sguardo era duro.
« Non iniziare con quelle fottute lacrime, Flora », commentò prima di continuare la punizione, facendomi urlare e piangere dal dolore. Per quanto tutto ciò fosse doloroso, una parte di me lo considerava eccitante e potevo percepire l'umidità sul tessuto delle mie mutandine, così come riuscissi a percepire l'erezione dell'uomo che premeva contro il mio corpo; tutto ciò era completamente assurdo e malato, ma eccitante.
« Quaranta », finalmente era giunto l'ultimo colpo, le mie lacrime ancor scendevano senza sosta ed immediatamente portai una mano a sfiorarmi il sedere, ma dal dolore la allontanai subito. Mr. Watson afferrò un tubicino dalla scrivania, si versò un po' del contenuto bianco sulle mani ed iniziò a spalmarlo sulle mie natiche, recandomi un po' di sollievo.
Quando il suo pollice sfiorò la mia intimità attraverso la stoffa delle mutandine, sorrise compiaciuto.
« Ti ho a malapena toccata e sei già bagnata. Le punizioni ti eccitano », la sua voce non si scompose. « Forse dovrei punirti ancora », a quella frase scattai subito in piedi, sistemandomi i jeans con difficoltà a causa del dolore.
« Stia lontano da me », sussurrai, passandomi una mano tra i crini corvini, egli si alzò dalla sedia e tentò di raggiungermi, ma mi ritrovai ad indietreggiare ancora.
« Flora, non voglio che tu abbia paura di me. Meritavi quella punizione e sei stata tu a volerla », ribadì, non preoccupandosi nemmeno di chiedermi se stessi bene o meno. Piansi ancor di più nel realizzare ciò che gli avessi permesso di fare con il mio corpo, piansi per il dolore, per il suo comportamento, ma piansi soprattutto per la vergogna che provavo per me stessa. Quell'uomo mi confondeva il cervello, non sapevo più che cosa volessi e non riuscivo a comprendere il perché il dolore si avvicinasse al piacere con lui.
Volevo solo staccare per un po', pensare e non vederlo per alcuni giorni. La verità, però, era che provassi un minimo di paura per ciò che avrebbe potuto farmi se fossi stata la sua sottomessa, la punizione sarebbe stata peggiore.
« Flora, ascoltami », ma non avevo intenzione di farlo, così afferrai lo zaino e corsi il più lontano possibile da lui e dalla scuola, scoppiando in un pianto disperato.

note dell'autrice:Spero vi sia piaciuto questo capitolo, il prossimo prometto che sarà un po' più lungo! ✨💖Grazie a tutti/e! Baci 😘

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note dell'autrice:
Spero vi sia piaciuto questo capitolo, il prossimo prometto che sarà un po' più lungo! ✨💖
Grazie a tutti/e!
Baci 😘

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