VIII

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Apro gli occhi e la vedo lì, che dorme al mio fianco. I suoi lunghi capelli neri disegnano un fiume di pece sul cuscino, i suoi occhi sono ancora chiusi, persi chissà dove. Non potrei immaginare visione migliore al risveglio. Era da tanto che speravo in un risveglio così: io, lei e il mondo fuori ad aspettarci. Potrei passare giorni, mesi a osservarla senza stancarmi. Poi la vedo muoversi appena e girarsi verso di me: i suoi occhi azzurri si aprono piano. Sbatte le palpebre per abituali lentamente alla luce. All’improvviso li vedo spalancati, puntanti nei miei. Laura si avvicina, mi bacia e…

“Buongiorno dormiglione!”.

Un tonfo e un dolore lancinante alla testa mi svegliano all’improvviso: com’è che sono finito sul pavimento? Che succede? Cos’è questa voce maschile che sento per casa? Mi guardo intorno smarrito: dov’è Laura?

Il cervello improvvisamente si accende: mi rendo conto che stavo solo sognando e che adesso mi trovo col sedere a terra perché sono caduto dal letto. Allungo le gambe e le braccia per cercare di svegliare i muscoli e stropiccio gli occhi.

Frank torna in camera e spalanca le persiane. La luce violenta del mattino mi fa strizzare gli occhi che non si sono ancora resi ben conto di cosa stia succedendo.

“Frank sei impazzito? Ma che ore sono?”

“Le 8.15 e Tommy ci aspetta tra mezz’ora al garage perciò alzati da quel pavimento e sistemati che oggi non ho proprio voglia di sentire le sue menate.”

Dolorante mi alzo e massaggiandomi la testa vado verso il bagno: l’umore del mio amico non è decisamente dei migliori stamattina e dal suo sguardo non mi sembra sia dovuto solo alle quattro ore scarse di sonno.

“Francesco, è tutto a posto?”

Frank si gira verso di me, ma non mi guarda: è come perso chissà dove.

“Come? Ah… si si… tutto a posto…”

Si passa la mano nervosamente tra i capelli e con lo sguardo fugge altrove.

“Senti… il caffè è in cucina. Tu… tu preparati e vai in macchina che io… io devo passare un attimo da Francesca poi arrivo ok?”

Non mi lascia manco il tempo di rispondergli: in un secondo si sta già precipitando per le scale. Frank ha qualcosa che non va, l’ho percepito anche ieri sera mentre parlavamo, ma poi sono stato troppo preso dalle mie cazzate per chiederglielo. Bell’amico del cazzo.

Accendo il cellulare e lo poso sul tavolo della cucina mentre cerco qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti. Il pavimento gelato sotto i miei piedi nudi mi provoca la pelle d’oca e a poco a poco anche i sensi si risvegliano. Il rumore di un messaggio in arrivo mi distoglie dalla mia infruttuosa caccia e mi fa sobbalzare. Mi avvicino al tavolo e leggo il mittente del messaggio in entrata: Laura. Sento il cuore fermarsi e un tremolio mi corre lungo il braccio. Rimango per un tempo interminabile a fissare il display: una parte di me vorrebbe leggere, ma l’altra mi dice di cancellare tutto, di lasciarmi lei e questa storia alle spalle una volta per tutte. Pian piano mi torna in mente cosa è accaduto la sera prima: immagini di Laura, la sua voce, il suo profumo riaffiorano prepotentemente. Ancora mi chiedo dove ho trovato la forza per mandarla via, ma dovevo farlo: non potevo andare avanti così e quello forse era l’unico modo per mettere fine a questa storia. I miei occhi non si vogliono staccare da quel display, da quel nome che scava solchi nell’anima. Serro le palpebre e scuoto la testa: non posso ricominciare da capo. Cancello il messaggio senza leggerlo poi mi vesto ed esco: da oggi si va avanti, senza voltarsi indietro neanche per mezzo secondo.

Your love is a razorblade kiss

Sweetest is the taste from your lips[1] 

Lo so che il mio amore è una patologiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora