Giro di boa

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Un ticchettio insistente contro il vetro della finestra della mia camera mi sveglia. Che ore sono? Mezzogiorno. Mi passo una mano tra i capelli grattandomi la nuca e con gli occhi ancora mezzi chiusi cerco di raggiungere il bagno. Ho come la sensazione di essermi scordato qualcosa, ma non ricordo cosa. Il cervello fatica a riattivarsi. Ieri sera abbiamo suonato con la band: Tommy ha detto che ci sono diversi contatti con locali un po' in tutta Italia. Forse è la volta buona che facciamo il salto! Il disco sta vendendo abbastanza bene. Intendiamoci, non facciamo sicuramente i numeri di Vasco o Ligabue, ma diciamo che riusciamo quasi a mantenerci con la nostra musica: da quando Tommy ha deciso di lasciare il bar si è buttato anima e corpo nei Jumpin’ Frog e il suo lavoro sembra stia iniziando a dare i suoi frutti. Al concerto c'era parecchia gente: ormai abbiamo il nostro gruppetto di fedelissimi, quelli che tutte le volte sono lì, sotto il palco, ma ogni sera ci sono anche tante facce nuove. Guardare la gente che si muove, che canta le tue canzoni è esaltate. Li vedi ondeggiare come una marea che sprigiona energia e te la butta dritta sul palco e tu gliela restituisci in uno scambio continuo. Quando è così, è meraviglioso.

Il ticchettio contro il vetro continua: è come se qualcuno stia tirando dei sassi contro la finestra. In effetti, mi accorgo che è così e sento pure una voce che mi chiama: Frank.

“Frank… che Diavolo ci fai lì sotto?”

“Come che Diavolo ci faccio? Non ti ricordi che dovevamo trovarci al garage stamattina? Tommy mi ha mandato a chiamarti: preparati che èleggermente alterato!”

Il pensiero di ricevere una strigliata da Tommaso appena sveglio non è che mi esalti molto… cerco di vestirmi il più in fretta possibile e vado a raggiungere Frank.

“Perché non hai usato il telefono invece dei sassi?”

“Se tu l’avessi tenuto acceso magari…”

“E il campanello?”

“E’ rotto: stanotte qualcuno ha visto bene di farlo saltare… poi tirarti sassolini alla finestra era un modo più romantico per svegliarti.” E mi guarda facendo la boccuccia a culo di gallina.

“Francesco, te l’ho mai detto che mi fai quasi schifo?”

“Amore, lo sai che mi eccito quando mi tratti male. Forza, continua a infierire. Continua così che mi piace!”

“Sei un cretino! Come fa Francesca a sopportarti? La faranno santa!”

“Si si, dimmi del cretino! Picchiami dai!” E scoppia a ridere mentre saliamo in macchina e andiamo verso il garage.

Tommy ci ha chiamato tutti a raccolta perché dice che deve comunicarci una grande notizia. Da un mese a questa parte, da quando ha detto a Max che avrebbe lasciato il bar, non ha fatto altro che cercare contatti per la band, organizzare concerti: abbiamo suonato di più nell’ultimo mese che nell’anno precedente! Credo abbia trovato finalmente la sua ragione di vita, la sua linfa vitale. E’ come rinato, tanto che ha quasi smesso pure con il suo amico Jack Daniel’s: non dico che sia sempre del tutto sobrio (in fondo ha ancora i suoi demoni, le sue inquietudini con cui combattere), ma almeno non è attaccato alla bottiglia ventiquattro ore su ventiquattro come prima. Però i suoi monologhi non mancano mai di ammorbarci… 

Arriviamo al garage: mi preparo a ricevere una ramanzina da Tommy per il ritardo, ma lui invece ci accoglie con un sorriso da un orecchio all’altro.

"Finalmente ci siete tutti e possiamo fare quello per cui vi ho chiamati qua. Ragazzi, è fatta!"

Tommy è euforico: a quanto pare deve dirci qualcosa d'importante e, a giudicare dalla sua faccia, deve essere una cosa fantastica.

"Che è successo?" Gio gli si avvicina, cercando di capire. Io e Frank ci guardiamo poi rivolgiamo lo sguardo verso Jack che allarga le braccia come a confermarci che neanche lui ne sa niente.

Lo so che il mio amore è una patologiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora