CORREVA

0 0 0
                                    

Si voltò per controllare che nessuno lo stesse guardando, aveva sfiorato lievemente un cassonetto e ora la maglia che aveva indosso, quella grigia e larga presa  in prestito da suo padre, presentava una chiazza di un grigio ancor più scuro vicino alla manica; a guardarla agitarsi al vento per via del correre frenetico sembrava quasi apparire come una bandiera appesa al decadente municipio di un film post apocalittico.

Poco importava, le sue scarpe erano in condizioni peggiori, anzi, sembrava che ad ogni passo si sfracellassero sempre di più. Eppure i piedi non facevano male, non c’era alcun motivo di portare a termine la corsa.

Dopo qualche ora realizzò di non sapere perché avesse iniziato a correre, qualcuno doveva averglielo comandato, era stato sicuramente intimato a farlo, minacciato, o qualcosa di più semplice, magari aveva iniziato a canticchiare una canzone e alla parte più travolgente si era catapultato in un corsa sfrenata e drammatica; capì che tuttavia non gli interessava il perché stesse correndo, sapeva solo che non avrebbe dovuto smettere di farlo, e la cosa gli bastava. Per quanto ancora avrebbe continuato a correre? Poco importava.

Pur sapendo che prima o poi sarebbe successo, si irrigidì turbato quando i primi sguardi inquisitori iniziarono a posarsi su di lui. La gente sente sempre il bisogno di interrogarsi sulla vita degli altri, vivere la vita degli altri, non è difficile ammettere che però, in effetti, vivere la propria di vita fa davvero schifo.

Aveva evitato l’ennesimo buco nell’asfalto, in un qualsiasi altro giorno di pioggia avrebbe preferito tuffarcisi sopra riempiendosi di fango, ma oggi non importava (stava piovendo?), tutto gli era totalmente indifferente. Più correva meno capiva e meno aveva voglia di farlo. Tornando al buco, a quanto pare la sua corsa doveva averlo incuriosito: continuava a ripresentarglisi davanti, accanto ad auto, cassonetti, case. Poco importava, era soltanto un buco nell’asfalto.

Gli era venuta in mente la voce di sua madre, stava parlando con lui, gli urlava contro. 

Era mattina e lei voleva che si svegliasse. Le coperte erano calde e pesanti, aveva sudato molto, la stanza era illuminata dal sole, i cui raggi, passando per la finestra, avevano raggiunto un angolo del letto. Malgrado ciò aveva i piedi freddi. Tutto era freddo. Sentiva il letto perdere tepore e diventare duro cemento; stava continuando a correre con la sensazione che un muro gli fosse schiacciato contro la schiena, o era lui schiacciato contro al muro? Sua madre piangeva.

 Aveva ascoltato musica, la sua canzone preferita era partita e lui, travolto da un impeto improvviso, aveva iniziato a correre cantando tra sé e sé, aveva notato il buco nell’asfalto e lo aveva evitato. Poco dopo un’automobilista aveva fatto la stessa cosa, si era reso conto della presenza dell’ostacolo e lo aveva schivato rapido. Era di quella del ragazzo che non si era accorto.

Sua madre gli urlava disperatamente di alzarsi, ma lui doveva continuare a correre. Non stava più correndo sull’asfalto ma poco importava, i piedi non facevano male.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 19, 2018 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

FrasiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora