Capitolo 15

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Osservò il giovane, mentre alzava la testa e si guardava attorno, portandosi poi una mano alla testa e tirando indietro il berretto di lana, rivelando la capigliatura scura come l'inchiostro e completamente spettinata: una vittima ignara di ciò che lo attendeva e che proseguiva con tranquillità la sua vita.
Rimase ferma al suo posto, continuando a studiarlo e osservandolo mentre riprendeva il proprio lavoro: era il momento perfetto per agire, adesso che era distratto e non poteva notarla.
Strinse al petto il piccolo fagotto, facendo un passo verso il bordo della banchina e poi allungando un braccio, in modo che la sua vittima fosse sospesa sopra l'acqua: «Ferma lì, rossa!» il richiamo imperioso la fece sobbalzare appena, mentre spostava la propria attenzione verso Plagg e l'osservava saltare sul molo, lo sguardo fisso sul sacchetto di carta: «Tu non ucciderai i miei cornetti al camembert.»
Tikki l'osservò, stringendo lo sguardo e continuando a tenere, con ostinazione, il braccio teso oltre il bordo della banchina: «Ehi, cosa hai promesso riguardo le offerte da dare al Mare?» dichiarò Plagg, avvicinandosi lentamente e con le mani protese avanti a lui, osservando il volto della ragazza e quasi intuendo i ragionamenti che stava facendo: «Nelle offerte non rientrano i miei croissant.»
La vide storcere la bocca, battendo nervosamente un piede per terra e portando nuovamente al petto il sacchetto, facendolo sospirare di sollievo: «Brava ragazza» decretò, avvicinandosi e sfiorandole le labbra con le proprie, catturando poi la povera vittima indifesa e tirandola via dalle grinfie della perfida sirena.
Una sirena.
Ancora adesso, nonostante fosse trascorso più di un anno dal primo incontro con quella rossa con un caratterino tutt'altro che facile, gli era quasi impossibile pensare a tutto ciò che aveva scoperto: Ariel esisteva. Beh, non propriamente Ariel, ma le sirene esistevano e la rossa davanti a lui lo era stata.
Una qualcosa di talmente assurdo, irreale che pensava fosse frutto di una bevuta colossale nel bar di Nooroo, eppure ogni volta che vedeva Tikki sapeva semplicemente che quella era la verità: si era innamorato di una sirena e lei era tornata da lui perché, come gli aveva detto il dottor Fu, lui l'amava più del Mare.
Giovani fanciulle a cui un'entità misteriosa donava l'immortalità e la possibilità di vivere sott'acqua, figlie del Mare che, per tenerlo sotto controllo, donavano delle vittime al Padre e Sposo, usando il loro canto, con il quale irretivano le vittime e le costringevano a suicidarsi, gettandosi in mare.
Esattamente come era successo a Marie a suo padre.
Non aveva mai accusato Tikki per ciò che aveva fatto, era stata una vittima anche lei, costretta dal Mare a dargli quei tributi e si sarebbe sentito un verme a trattarla come un'assassina, cosa che invece la ragazza faceva con se stessa, soprattutto quando i ricordi diventavano troppo dolorosi, troppo forti, troppo tutto.
Non avrebbe mai potuto accusarla di qualcosa, visto quando già faceva lei stessa da sola.
Non voleva essere una fonte di dolore per Tikki, ma qualcosa a cui aggrapparsi e per il quale andare avanti: era tornata e, per lui, tutto era cominciato quel giorno in cui l'aveva ritrovata sulla spiaggia, nuda e infreddolita, circondata da Fu e Marinette.
Tutto ciò che era stato prima non esisteva, a parte i ricordi belli.
Le sorrise, chinando la testa e poggiandola contro la spalla di lei, assaporando il profumo di sale e fiori che la circondava: l'odore del mare non l'aveva mai lasciata del tutto e, se prima lo odiava, adesso lo trovava confortante perché era quello della ragazza: «Dì il mio nome» le mormorò, carezzandole la parte di gola, lasciata scoperta dalla sciarpa, con le labbra e sentendola irrigidirsi.
Tikki cercava di parlare il meno possibile, affidandosi ancora alla parola scritta o a quel suo linguaggio fatto di gesti e sguardi che lui aveva imparato a decifrare benissimo: aveva paura di essere la causa di morte di qualcun altro, di avere ancora quel potere letale nella voce, sebbene non fosse così.
La sentì scuotere la testa, un piccolo movimento che lo fece rialzare e fissarla negli occhi: «Non c'è nessuno» dichiarò, guardandosi un attimo appena e appurando che il molo fosse veramente deserto: «Ci sono solo io. E ti vorrei ricordare di quello che ho combinato al tuo abito preferito, stamattina: sai, quello dove ho inavvertitamente versato il caffè...»
«Inavvertitamente versato» lo scimmiottò, allontanandosi e posando le mani sui fianchi, guardandolo come se fosse pronta a dar battaglia: «Adesso si dice così?»
«Beh, la mia idea era di tirarti su il vestito e...beh, penso che tu avessi chiaramente capito le intenzioni che avevo, solo che ti sei mossa all'improvviso e quindi ho versato per sbaglio il caffè. Sono innocente, mia cara.»
«Quindi adesso la colpa è mia?»
«Se non saltavi su come un'anguilla, io non avrei fatto danno» sorrise, con il petto gonfio di orgoglio davanti a quell'arringa perfetta: era inaccusabile sotto ogni punto di vista. Non poteva dirgli niente. Assolutamente niente.
La sentì sbuffare, mentre pestava per una seconda volta il piede per terra e si allontanava a grandi passi da lui, sicuramente indignata per non avere nessuna possibilità di replica; ridacchiò, poggiando il sacchetto con i suoi croissants preferiti per terra e la raggiunse, fermandola e posandole le mani sui fianchi: «Prometto che stasera mi farò perdonare» dichiarò, osservando il profilo del suo viso e sorridendo, mentre si chinava e le sfiorava la guancia con le labbra: «Quindi...»
Tikki annuì con la testa, voltandosi fra le sue mani e fissandolo, scuotendo poi il capo e dichiarando così che lo aveva perdonato per la malefatta di cui era totalmente innocente: «Rossa...» la riprese, schioccando le labbra e sorridendo: «Dì il mio nome.»
Gli sorrise, gli occhi blu cobalto che lo fissavano mentre inclinava la testa di lato e le punte dei lunghi capelli rossi gli sfioravano appena il dorso delle mani, ferme sui fianchi della ragazza: «Plagg» mormorò lei con dolcezza, posando le mani sul volto di lui e carezzandogli gli zigomi con i pollici: «Colui che mi ama più del Mare.»
Storse le labbra, accentuando la stretta e voltando appena la testa, in modo da sfiorarle con la punta della lingua il centro del palmo di una mano: «Non tirartela tanto, sirenetta.»

La sirena || Miraculous Fanfiction {Completata}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora