Learning to fly

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"I'm learning to fly,
but I ain't got wings"

PoV Ambra

Usciamo dal locale dopo avergli raccontato di me e aver bevuto entrambi ancora un paio di drink, iniziando a vagare per Roma senza una meta precisa, fino ad arrivare ad una panchina, sulla quale decidiamo di sederci. Mi rendo conto che abbiamo parlato solo di me, e non mi sembra giusto.
«Parlami di te, Damiano», dico, guardandolo. Inizia a parlare mentre mi accendo una sigaretta. Dice che frequentava il liceo linguistico qui a Roma e che, come me, lo ha mollato per seguire la sua passione: la musica. Lui canta. Ha una band, suonano in Via del Corso e, quando ne hanno l'occasione, in locali o feste. Parla poco della sua famiglia, racconta solo di avere un fratello maggiore, poi sposta nuovamente il discorso sulla musica.
«Te giuro che semo i mejo de tutta Roma, i mejo de tutti», garantisce. Ne sembra così fiero e felice, come se per lui valesse più di tutto. Come se fosse fatto proprio per questo. Io, alla mia passione, mi approccio in maniera diversa. Recito per prendermi una pausa da me stessa, perché è l'unico modo per staccarmi dalla monotonia dei miei giorni, per respirare un po. La mia è una fuga dal mondo. La verità è che non mi piaccio, non sono libera. Sto vivendo la vita che voglio, facendo la cosa che amo, ma come mi vorrebbero gli altri. Io esisto, non vivo davvero. Vorrei essere libera davvero, senza catene, senza regole. E ora, mezza ubriaca, con Damiano, mi sento un po più viva davvero. Vorrei essere lui, che sa di novità ed ha le ali per volare. D'un tratto si alza dalla panchina e mi prende la mano.
«Recitame quarcosa»
«Come prego?»
«Hai detto che sei n'attrice, no? Famme vede»
«Cosa dovrei recitarti?»
«Quello che vvoi»
Questa sua richiesta mi coglie impreparata. Faccio mente locale tra i tanti testi imparati a memoria fino a trovarne uno che faccia il caso mio, dunque inizio.

«Un ragazzo, un bambino; ed io ero giovane giovane. Quando avevo sedici anni, ebbi la rivelazione - l'amore. Ma così di colpo, e in un modo così pieno, totale! E' come se all'improvviso tu accendi un faro nella penombra, così si trasformò il mondo per me! Ma ero sfortunata. Fu un inganno. Lui aveva qualcosa di diverso, una sensibilità, una mollezza, una delicatezza, che non erano da uomo, benché a vederlo non avesse un'aria effeminata- eppure- c'era qualcosa.... Lui cercò aiuto da me. Ma io non sapevo. Io non capii niente se non dopo il matrimonio, quando fuggimmo e tornammo io mi accorsi di averlo deluso, per non so che misterioso motivo. Sapevo solo di volergli bene, un bene immenso, ma senza poter fare niente, né per lui, né per me! Poi scoprii tutto. Nel modo più tremendo. Entrando in una stanza che credevo vuota: ma c'erano due persone - il ragazzo che avevo sposato, e un uomo anziano che da anni era il suo amico... Dopo di che, facemmo finta di niente. Tutti e tre andammo in macchina alla casina del Lago, e per tutta la strada giù a ridere e a bere. Ballammo la Varsouviana! In mezzo al ballo, il giovane che avevo sposato si staccò da me e scappò via; qualche minuto dopo, uno sparo! Corsi fuori, tutti corsero, ad affollarsi attorno alla cosa terribile in riva al lago! Non riuscii ad avvicinarmi, per la gente che c'era! Poi qualcuno mi afferrò per un braccio: "Non si avvicini! Venga via! Cosa vuol vedere!" Vedere! Vedere, cosa? Poi sentii delle voci: "Allan! Allan! Il giovane Grey!" S'era infilato la rivoltella in bocca e sparato -tanto che il cranio gli era schizzato via! Questo perché sulla pista da ballo, senza potermi frenare, mi era scappato detto: "Ho visto! So! Mi fai schifo!". E allora il faro che s'era acceso sul mondo, si spense di nuovo e mai più per un solo istante da allora, ha brillato una luce più forte di questo mozzicone di candela...»

Mi rendo conto solo ora che lui è tornato a sedersi, forse per godersi meglio la mia pseudo-esibizione, e che mi guarda. Comprende che ho finito, le sue labbra si aprono in un sorriso ed applaude.
«Pe' esse mbriaca, sei brava»
Mi lascio sfuggire una risata, mentre si rialza e continua ad applaudire.
«Grazie, ma ora voglio che canti qualcosa»
Mi guarda e ride. Ha una risata strana. Ecco, se dovessi descriverlo in una parola, sarebbe sicuramente "particolare". Sale sulla panchina e si schiarisce la voce, mentre rimango a guardarlo. Inizia a cantare una canzone che non credo di conoscere. Riconosco come il suo timbro di voce, così sporco, graffiante e crudo, si sposi perfettamente con tutto il resto di lui. È bello da far schifo ora, mentre canta per me. Noto la sua somiglianza con Pete Burns prima di "You Spin Me Round". È come se nulla esistesse più attorno a noi. Questa volta è il mio turno per applaudire, mentre lui salta giù dalla panchina e fa un inchino. Controllo il mio cellulare e mi accorgo di come il tempo è volato: sono quasi le tre di notte.
«Mi riaccompagni a casa, rockstar?»
Lo vedo accennare un sorriso malizioso ed annuire, ma non mi importa. Non otterrai nulla, ragazzo mio. Il tragitto verso casa mia lo passiamo ridendo e parlando, mi fa addirittura fare una piroetta, e in breve arriviamo.
«Grazie per la serata, Damiano», dico e gli schiocco un bacio sul collo, poi mi volto e apro la porta di casa, scomparendovi dietro mentre lo saluto nuovamente con la mano.

Spazio Autrice:

Ho aggiornato prima!

Canzone del giorno: Learning to fly- Tom Petty

Vi auguro una buona notte.
Vostra,
vicodinandcigs.

Les Formidables/ Damiano DavidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora