capitolo 10

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Peter pov.

Il tempo sembra essersi fermato, le nostre labbra rimangono unite.

Sento come una strana sensazione, o devo dire, sento una certa agitazione in Alex. È qualcosa di profondo, una gran senso di nostalgia che l'avvolge e non so come, lo percepisco. Non credo che sia per il mio senso di ragno, ma per intuito.

Forse non apprezza il mio bacio, forse sto sbagliando.

Sento una mano toccarmi il viso, quel tocco freddo ma delicato mi fa rizzare i peli delle braccia, le circondo un braccio attorno alla vita e la stringo a me. Il bacio diventa passionale, più sciolto e naturale. È una sensazione incredibile che, ahimè, non può durare per sempre.

Alex si stacca, abbassando lo sguardo verso i piedi e allontanandosi di qualche centimetro. La guardo e dio, l'ansia è ritornata più distruttiva di prima.

«Scusami» è l'unica parola uscita dalla mia bocca, involontariamente.

«E per cosa dovresti scusarti, Parker?»  disse lei con tono divertito e alzando il viso verso il mio, i suoi occhi brillano alla luce del lampione vicino.

Non ho la minima idea di come risponderle, la mente è annebbiata e ogni cosa che penso si distorce su se stessa nel no sense. Infondo ho solo appena baciato una delle ragazze più belle e eccellenti della scuola, la ''ragazza della porta accanto'', perché mai dovrei andare nel panico?

La sento ridacchiare a bassa voce e il volume aumenta sempre di più fino a diventare una grande risata. Sono parecchio, molto confuso.

«Santo cielo, Peter! Non farmi sbregare in questo modo dopo una scena così romantica!» ride, mentre si tiene una mano nel basso ventre. La sua risata è maledettamente contagiosa, non riesco a non trattenermi.

«Sono più il tipo a cui piace l'azione, non sono abituato a scene di questo tipo e sono andato nel panico!» le confesso tra le risate.

«Non sai da quanto tempo aspettavo questo momento» disse Alex mentre, lentamente, si riprendeva.

«Intendi vedermi andare in confusione e fare una grande figura di merda o-».

«Il bacio, scemo!» mi interrompe la ragazza prima che finisca al frase, attirando il mio viso verso il suo e lasciandomi un veloce bacio a mezza luna.

Sento la tasca vibrare, qualcuno mi sta chiamando. Sarà zia May, ne sono certo.

«Scusami» prendo dalla tasca il cellulare, ma quello che vedo sullo schermo mi lascia esterrefatto.

«I-Il signor Stark?!» sussurro incredulo e balbettante, muovendomi a premere l'accettazione della chiamata.

Alex pov.

Non me lo ero aspettata, lo devo ammettere. Credo di essere ancora confusa, stranita e stupita, ma dalla faccia di Peter credo che non lo abbia capito e forse, è meglio così. Non dico che non mi sia piaciuto anzi, è stato fantastico. L'unico problema è che il mio peggior nemico mi ha baciato, e io ho ricambiato.

Che mi sta succedendo, la vecchia me lo avrebbe respinto, è mio nemico maledizione!

Faccio un segno con le mani per dirgli che non c'era nessun problema, anche se il nome Stark non mi è nuovo. Che dico, chi è che non conosce Tony Stark, il proprietario della Stark Industries?

Qualcosa non quadra, perché mai Stark dovrebbe chiamare un semplice ragazzino? Non è che siano parenti o simile?

Senza nemmeno volerlo, mi ritrovo ad ascoltare la conversazione, un lato negativo di avere l'udito sovrumano. Non riesco a capire molto bene quello che vogliono intendere, da quel che sto sentendo Peter deve incontrarsi il più presto possibile con il signor Stark essendo una cosa urgente. Sono perplessa.

«Ehm, senti...devo andare, ho una cosa da fare urgentemente» disse lui subito dopo aver chiuso la chiamata, e non riesco a capire dal suo tono se sia dispiaciuto o entusiasta.

«Tranquillo, avviserò io gli altri» gli sorrido, dandogli un paio di piccole pacche sulla spalla.

«Grazie Alex!» mi abbraccia velocemente, per poi andarsene salutandomi con un allegro ''ciao'' insieme al movimento ripetitivo del palmo di una mano.

Dovrei seguirlo? Indagare? No, che dico, non sono una stalker ma un cattivo, e da tale potrei approfittare procurare qualche piccolo malanno alla Echo, ma non ho ancora finito di realizzare il nuovo costume. Questo, in realtà, non dovrebbe essere molto importante ma, se mi scoprisse Peter, potrei sentirmi male e lui peggio.

Dopo aver pagato ed aver salutato sia Michelle che Ned, io e Aaron ci incamminammo verso il ''bar''. Non ha un nome, viene appunto definito così, per non dare sospetto. È infondo un luogo segreto, dove i criminali si incontrano e dove i mutanti creano delle vere e proprie bande, ma solitamente si svolgono delle semplici lotte illegali. Dovrei anch'io un giorno tentare, Aaron non fa altro che guadagnare soldi combattendoci e sinceramente non mi dispiacerebbe andare a vivere da sola.

Sospiro e sposto lo sguardo verso Aaron, inclino la testa leggermente di lato e incrocio le braccia sotto il seno.

«Sai una cosa, Aaron? Credo che un giorno di questi parteciperò a una delle lotte».

Lo vedo accennare a un sorriso, mentre ancora tiene lo sguardo verso la strada buia, sporca e nauseante.

«Quindi finalmente ti fai avanti eh? Sai benissimo che sono presenti anche normali civili e potrebbero riconoscerti, si dice che alcuni siano pure agenti dello S.H.I.E.L.D. o dell'FBI» disse lui, come in segno di sfida.

Accidenti, già è un miracolo se sono scappata dallo S.H.I.E.L.D. una volta, figuriamoci questa... no, che dico, non credo che diano ancora la caccia a chi porta dentro di se parte di una sostanza aliena.

«Volevi fregarmi eh? Bastardo» sa benissimo del mio passato, quando l'anno scorso ci incontrammo avevamo fatto un accordo e dovevamo sapere tutto dell'altro.

«Penserò io alla tua iscrizione, tu pensa solo a nascondere un po' il tuo vero aspetto, Echo».

''Echo'', questo è il mio nome da criminale ed è stato proprio il corvino stupido a darmelo, inizialmente come soprannome. Non ha in realtà chissà quale collegamento con i miei poteri, è più un nome dato per bisogno e potrebbe questo sembrare stupido, ma a parere mio ha un bel suono. Forse un giorno, quando magari dovrò cambiare di nuovo stato e nome, cambierò anche il nome da supercattivo ma per ora mi piace questo.

«A proposito, non te lo ho mai chiesto ma perché mi hai soprannominato ''Echo''?» gli chiedo e lui si limita a stringersi sulle spalle, spostando lo sguardo verso di me.

Santo cielo, l'anno scorso non era così figo.

«Potresti pensare che sia una cazzata e probabilmente non ne avevi mai fatto caso, ma quel vecchio locale abbandonato dove ci siamo incontrati per la prima volta era chiamato ''Echo Club'', quindi per quei pochi giorni che ci hanno separato dal secondo nostro incontro nella mia mente eri ''la ragazzina mutante nell'Echo'' e, siccome poi mi dimenticavo troppe volte il tuo nome, ho iniziato a soprannominarti così anche se tu non ne avevi la minima idea del motivo».

Rimango stupita, non tanto perché non si ricordava il mio nome, ma per quanto fosse banale e particolare la scelta e il motivo del soprannome, il fatto che mi collegasse a un luogo come se esso fosse importante, come se io sia per lui molto importante.

Double Face - Spider-Man/Peter Parker Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora