Capitolo 6

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Non si capacitò di come ciò potesse essere accaduto.
Nel suo viaggio verso il basso, precipitando dalla tavola, non riuscì a capire cosa aveva sbagliato.
Non provò nemmeno a cercare di risaltare sulla D-Board, tanta era la confusione.
Invece rimaneva lì, in mezzo all'aria, a pochi metri che la separavano dal terreno, domandandosi come fosse possibile.
Nella sua testa svuotata di ogni pensiero il suono dei suoi Life Points che toccavano la fine le risuonava odioso ricordandole di come avesse fallito.
La luce del sole le pugnalava gli occhi, ma riuscì ugualmente a vederla festeggiare e schiamazzare riguardo la sua ennesima vittoria di fronte ai giornalisti.
Una vergogna, ecco cos'era.
Il vento le sferzava la pelle, la sensazione, più reale che mai, era terribile, ogni secondo che passava, il vento aumentava, la sua velocità aumentava, la distanza dal suolo diminuiva.
Nonostante ciò non fece nulla per cercare di ammortizzare l'impatto.
Quando arrivò, Meiko lo rimpianse.
Atterrò prima con il retro delle spalle, il contraccolpo le fece sbattere la testa sul duro cemento, il suo campo visivo si tinse di bianco mentre la sua caduta sul suolo continuava, grattò la spalla a terra, riusciva a sentire il tessuto della maglietta lacerarsi e la pelle andarsene strato dopo strato lasciandole un dolore tale che si irradiò in tutto il corpo, togliendole la facoltà di concentrarsi su altro che non fosse la tremenda sofferenza che provava.
Rotolò una, due, e così tante altre volte che perse il conto.
Si rese conto di non muoversi più quando si trovò con la guancia premuta sul cemento, così dolorante da non riuscire nemmeno a respirare, così rimase li, inerme.
Socchiuse gli occhi, sentiva la testa pulsarle, tutto ciò che vedeva era lo sfuocato suolo ondeggiare davanti a lei.
Richiuse gli occhi, abbandonandosi al crescente bisogno di sonno che sentiva.
Aveva bisogno di dormire.

La testa le faceva troppo male.
Il corpo le faceva troppo male.
Le sembrò che tutto le facesse troppo male.
Lentamente, cominciò a riprendere i sensi.
C'erano tagli e lividi e graffi un po' ovunque, tenne gli occhi chiusi, non perché non voleva vedere dove si trovava, ma perché credette che pure quello le avrebbe fatto male.
Capì che non si trovava più sulla strada, la superficie sotto di lei era fredda e liscia,ma non riusciva a sentire null'altro se non il suo respiro affannoso.
Lo zigomo, sul quale era scaricato tutto il peso della testa, era dolorante, chissà da quanto tempo era così.
Schiuse piano gli occhi, sembravano incollati tra loro.
Tutto ciò che riuscì a vedere però era un pavimento in marmo viola.
Provò ad alzarsi facendo leva con le braccia ma appena si alzò di anche solo un centimetro il dolore alle spalle la costrinse a stare per terra.
Lanciò un debole mugolio, sentendo l'ansia pervaderle il cuore.
Aveva perso.
Strinse i denti, non avrebbe nemmeno dovuto provarci.
Un lungo sospiro uscì dai suoi polmoni come se fosse sull'orlo del pianto, gli angoli delle labbra si contorserò verso l'alto formando quello che in altre circostanze si sarebbe potuto definire un sorriso, mentre il respiro si faceva mano a mano più rapido e breve.
Cercò di soffocare i gemiti meglio che potè ma non fece altro che rendere ancora più pietosa la scena a chi la guardava, provò disperatamente a prendere aria tra un singhiozzo e l'altro e a calmarsi, non aveva ragioni per piangere.
Riuscì a rotolare su un fianco e si portò le mani al viso, coprendo le goti rosse e l'espressione deformata mentre le lacrime cadevano copiose sul pavimento in marmo, passandosi più e più volte i palmi sulle guance per cercare di cancellare ogni traccia di questo suo sfogo.
Ignorando i tagli, si sistemò seduta con le gambe distese di fronte a lei, passandosi il braccio sugli occhi, asciugandoli.
Poi abbandonò le braccia sul pavimento, fissando vuota lo spazio davanti a sé.
<Hai finito?> la voce la fece sussultare, credeva d'essere sola.
Si morse il labbro, non voltandosi nemmeno a rispondergli.
Non lo vide, ma capì che stava girando gli occhi.
<Non capisco perché tu non sia in coma come gli altri sinceramente> disse schietto col suo solito tono di voce cantilenante.
Meiko continuò a non rispondergli, quell'uomo la terrorizzava.
Non era tanto un terrore inteso come paura, ma dopo averlo visto duellare, dopo aver visto il suo modo di comportarsi, tutto ciò le causava un senso di inquietudine e sconforto tali da non riuscire a non far altro se non restare immobili e sperare che la mancanza di rispose lo avrebbe potuto annoiare e farlo andare via.
Aprì la bocca tentata di dirgli di andarsene, ma le parole le morirono in gola a causa della mancanza di coraggio nel pronunciarle.
Spectre ridacchiò <Almeno così ti saresti potuta riunire con la tua adorata Vyra, non trovi?>
Meiko abbassò la testa e raggomitolò le gambe al petto, stringendo le palpebre e i denti così forte che le causarono dolore, perché doveva metterle sale nelle ferite?
<Va via> mugolò, ma così piano che credette che non l'avesse sentita.
<Temo di non aver capito> la sua voce questa volta era più vicina, infatti quando aprì gli occhi lo trovò inginocchiato davanti a lei.
Non se lo aspettava, così strisciò veloce indietro cercando di allontanarsi.
Come aveva fatto a muoversi così silenziosamente?
Poggiò una mano al terreno per sostenersi mentre portò l'altra davanti a sé istintivamente, quasi a proteggersi <V-Vai via> ripeté, questa volta con un tono di voce più alto.
Sperò di suonare almeno lontanamente autoritaria ma quella esortazione uscì flebile e acuta dalla sua bocca, mostrando ancora di più la sua agitazione, cosa che fece apparire un sorriso ebete sulla faccia di Spectre, che si rialzò in piedi e poggiò una mano sul fianco <Non ti piace la mia compagnia?> disse appoggiando l'altra mano al cuore, fingendosi offeso <temo che dovrai abituarti, non stiamo rimanendo in molti qui>
Meiko ingoiò a vuoto <Che intendi dire?>
<Guarda tu stessa> indicò alla sua sinistra, così spostò lo sguardo in quella direzione, cercando di capire a cosa volesse arrivare.
Notò solamente qualcosa che aveva già visto, le bare di Genome e Vyra.
<Sapevo già che eran-> iniziò, ma si interruppe, notandone una terza dopo le altre due.
Spalancò gli occhi incredula.
Si alzò in fretta e a fatica, barcollando verso il luogo prima indocatole da Spectre.
Quando vide Faust ridotto come gli altri, crollò a terra.

The door to her heart // Yu-Gi-Oh! VRAINSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora