Appendice - Cosa fare e non fare per aiutare chi è in un episodio depressivo

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Ho deciso di aggiungere una sorta di postilla ai capitoli già pubblicati dopo averne parlato con alcune persone a me vicine. Ci sono stati utenti che mi hanno contattata per dirmi che spesso non sanno cosa fare quando un amico confida loro di stare attraversando una fase depressiva.

Da qui il quesito: si può davvero aiutare un amico in difficoltà senza essere in possesso di alcuna competenza medica o psicologica? Sembrerà strano, ma sì. Certo, non è paragonabile all'aiuto di un esperto, ma qualcosa si può fare senza dubbio. E senza dubbio si possono evitare degli errori purtroppo molto comuni che, nonostante siano dettati dalle migliori intenzioni, finiscono col ferire quanto e più della condizione di partenza.

Come ho già detto, io non sono un medico, quindi i consigli che sto per darvi non sono indicazioni terapeutiche ma semplici linee guida derivate dalla mia personale esperienza con questa condizione mentale. Ma, proprio perché la vivo in prima persona, so cosa mi aiuta  e cosa invece no tra quello che è alla portata di tutti. Cercherò di essere concisa, per quanto io sia consapevole di non avere il dono della sintesi, e raggrupperò i consigli in tre regole base.

Premetto che il tono lirico, ottimistico e emotivamente intenso dei post precedenti si tingerà di una vena apparentemente polemica. Giuro che non sono arrabbiata. Cerco solo di esporre le cose nel modo più schietto e chiaro possibile. 

Il punto di partenza

FEELINGS ARE REAL, BUT THEY AREN'T REALITY

Ok, questa non è mia. Questa è la rule of thumb - geniale a mio parere - che Dan Harmond, creatore di Rick & Morty, ha fornito qualche tempo fa ad una sua fan depressa in una serie di tweet che hanno fatto il giro del web.

Chi sta vivendo un episodio depressivo deve tenere a mente questo concetto: per quanto possa fare male, la percezione della realtà quando ci si trova in queste situazioni è distorta. L'equilibrio chimico del cervello cambia. Alcune sue funzioni cambiano. Altre ne vengono modificate. Il cervello non funziona come dovrebbe, e bisogna rendersene conto.

Chi desidera aiutare, invece, farebbe bene ad invertire le due proposizioni: feelings aren't reality, but they are real. Non minimizzate mai. È una malattia, non uno stato d'animo.

Può sembrare stupido, ma è questa consapevolezza a fare la differenza. La puntura di un'ape appare all'esterno come un ponfo delle dimensioni di qualche centimetro sul corpo di chi la subisce, ma per quest'ultimo fa fottutamente male. In alcuni soggetti può persino offuscare la vista e causare reazioni allergiche.

Chi guarda dall'esterno ha una percezione delle cose che è indubbiamente più oggettiva e distaccata di chi invece sta attraversando un abisso. Io stessa me ne rendo conto quando esamino il mio passato. Ma chi ci è dentro vive emozioni che variano dalla sconfitta al fallimento, alla rassegnazione, alla disperazione, fino al disinteresse più totale in maniera naturale. Questo può durare per settimane, mesi a volte, senza accennare a svanire. Per chi attraversa l'inferno, l'inferno è reale. 


1. TENETECI D'OCCHIO

Potreste essere voi stessi a rendervi conto che abbiamo bisogno di aiuto perché alcune abitudini cambiano. Spesso trascuriamo attività che per noi erano vita fino a poco prima. Semplicemente perdiamo interesse. Questo è estremamente controproducente: l'attività fisica o il dedicarsi a una passione sono spesso parte dei percorsi di auto-aiuto per i benefici che portano a livello mentale.

A volte prendiamo o perdiamo peso in maniera visibile nell'arco di poco tempo. Facciamo fatica a prendere sonno oppure ad alzarci al mattino. A volte scoppiamo a piangere e non sappiamo perché. Molte funzioni vengono pesantemente rallentate. La capacità di concentrazione, ad esempio, si riduce a quella di un gatto in mezzo a un trionfo di glitter e piume svolazzanti.

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