Il tempo dell'eclissi

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Ho parlato spesso di ciclicità e di episodi. Solitamente gli squilibri chimici che provocano un abbattimento dell'umore non hanno una causa scatenante. Ma, se a una situazione mentale già compromessa vanno ad aggiungersi fattori ambientali molto stressanti, è facile intuire come il quadro possa complicarsi.

Nei primi mesi del 2018, complici una grave insoddisfazione derivante da non voluti cambiamenti lavorativi e una situazione economica pressoché disastrosa, ho attraversato una fase negativa sempre più intensa, con ideazioni suicidarie persistenti, che è culminata in un crollo emotivo una mattina in cui ho perso completamente il controllo dei miei pensieri e quasi quello delle mie azioni. Non so dove abbia trovato la ragionevolezza di chiamare il mio compagno in quel momento, ma questo mi ha probabilmente salvato la vita.

È stato durante questo periodo che ho buttato giù i consigli pubblicati nell'appendice all'ultimo capitolo. Quelle che seguono, invece, sono le riflessioni che ho messo su carta a intervalli affatto regolari nel corso di un mese, quando la situazione si è poco a poco aggravata fino a scoppiare, per poi acquietarsi lievemente. 

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Fare come la luna durante le eclissi che, quando l'ombra la sovrasta, si tinge di magnificenza e splendore. Come la luna durante le eclissi, che al centro dell'oscurità si ammanta di rosso e pretende rivincita. Prepotente, bellissima e fiera nel suo dolore. Ché nel momento più buio le meraviglie accadono.

Ma mai come ora mi risulta difficile vedere il lato positivo. Mai come ora mi risulta difficile credere. Non tornerò mai più ad essere quella che ero. Per un giorno soltanto ero di nuovo me stessa. Sotto un cielo copiato a pensare che sì, che quello era il mio posto nel mondo. Mi è scivolato dalle dita come se neanche fosse mai esistito.

Ché a perder qualcosa si sopravvive, ma a perdere se stessi...

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Se lascio andare anche solo per un attimo, ricominciano i pensieri. Con lucidità stavolta. Niente disperazioni, solo la consapevolezza assoluta che non riavrò più quel che mi rendeva felice. Se smetto di resistere anche solo per un attimo, riecco i pensieri. E al centro lei: la convinzione che fuori da questo mondo starò meglio.  

Sono come insetti che risalgono dalle spalle fin dentro la testa. Lunghe dita di oscurità che mi avvolgono e spengono e soffocano. La luce è di nuovo appannata. Tenerli a bada mi prosciuga di ogni energia. Fatico a restare al mondo. Ogni passo pesa come se le gambe mi sprofondassero. Non riesco a seguire più alcun discorso. Non riesco a leggere, a scrivere, a lavorare. Ogni persona che incontro potrebbe essere quella che mi porterà via il poco che mi è rimasto.

Da quanto tempo mi sento così? Neanche lo so. 

Il pensiero della fine non mi spaventa più. E di questo ho più paura. Del fatto che in fondo un po' di pace non sarebbe male.

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Non ero più io. In quell'attimo non ero io. Non avevo mente, non avevo ragione. C'era solo il rumore, solo nebbia e rumore. La fine soltanto. Credo di aver pianto, sì, di certo ho pianto. Forse ho gridato, non lo so.

Ho bisogno di aiuto, ma non posso permettermelo.

Ho paura di me stessa, di quello che potrei fare, di quello che so che potrei voler fare. Non c'è scampo, non c'è speranza. Credevo di essere forte, ma no, questo mondo mi schiaccerà come ha fatto con tanti altri. Se non morirò, finirò con l'impazzire, questo mi dice. Se qualcuno mi vedesse, fuggirebbe. Sono pazza, persa e sprofondo nel buio. È un mondo indifferente a questa oscurità, e intorno solo nebbia e rumore. 

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La nebbia nella mia testa si è diradata. Per la prima volta da settimane mi sento lucida. Lucida, ma non ottimista. Mi sento sfinita, come se la mia mente fosse stata sbattuta ripetutamente contro un muro. 

Non riesco ancora a credere, mi trascino in questa luce grigia, ma almeno riesco a ragionare. Almeno la disperazione è mutata in innocua nostalgia.

Erano anni che non mi riduceva più in questo stato. E, per quanto mi sforzi di ripetere a me stessa che conosco i suoi cicli, fatico a combatterlo. Quanto durerà questa tregua? Se dovesse accadere ancora? Magari domani? Mi sento meglio, ma so di non poter abbassare la guardia. 

Però...

In uno dei momenti peggiori, la mia testa si è riempita di immagini e di persone. Me le ha vomitate addosso. Altre storie da raccontare. Altre mani a cui afferrarsi. Ché a volte l'ultimo barlume di coscienza, anche se atterrato, cerca fino all'estremo di sopravvivere. 

(febbraio 2018)

(febbraio 2018)

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