Lisbeth e lo specchio

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Un regalo di sua figlia.

Un immenso specchio ovale. Una superficie di vetro purissimo incastonata su una parete d'argento. La cornice di candido alabastro è cesellata a imitare una trina preziosa. Un oggetto eccezionale.

"Degno di una regina, mamma, lo meriti, tu sei una regina".

Si è commossa nel riceverlo, ha abbracciato e baciato la figlia come di rado fa.

Si è innamorata di quell'oggetto. Lo ha fatto sistemare in un angolo della sua immensa camera da letto, e subito ne è diventato l'elemento principale. Guardarvi la propria immagine riflessa è ormai il suo primo gesto al risveglio e l'ultimo prima di dormire.

Dinnanzi a lui sceglie gli abiti da indossare, si trucca, si spoglia.

Ma giorno dopo giorno l'immagine nell'ovale sembra guastarsi un po' di più. Rughe sottili e profonde compaiono intorno agli occhi, sulla fronte, agli angoli delle labbra. Il suo volto, riflesso in quell'infido oggetto, le appare come una tela antica, un Caravaggio che evidenzia ogni singolo difetto, ricoperta di minuscole innumerevoli venature del tempo.

Lo specchio le mostra mani ossute la cui pelle raggrinzita si tinge di orride chiazze. Ma quando porta le mani ad altezza degli occhi le vede eleganti come sempre, con lunghe dita affusolate e unghie sempre impeccabili, i difetti compaiono solo nel riflesso di quel maledetto specchio.

Anche le gambe, le sue lunghissime, meravigliose gambe, il suo vanto, ancora splendide come quelle di una ventenne, paiono nel riflesso un po' gonfie; orrende varici sembrano scavare sotto la pelle quali sordidi cunicoli d'animali.

Le è chiaro, ormai: quell'oggetto è contraffatto, stregato forse, le offre un'immagine deformata, la visione di una vecchia megera decadente, per istillarle dubbio e angoscia. Lei, l'indomabile, la divina Lisbeth, dovrebbe dubitare della propria bellezza, che sa eterna ed immutabile. La sua sola vera ricchezza.

Ricchezza che sua madre seppe presto mettere a profitto. Già piccolissima vinceva tutti i concorsi di bellezza, non aveva rivali. A quindici anni lasciò la scuola per una celebre agenzia di indossatrici. Diva assoluta delle passerelle internazionali, sempre grazie a quella bellezza aveva incontrato il suo principe azzurro.

Ricco, bellissimo, potente, aveva fatto di lei la sua regina.

"Sei una regina, mamma". Ha scelto apposta quella parola, la giovane serpe nata dal suo seno. Lungi dall'essere una frase d'amore è la beffa che sigilla il tradimento.

La sua propria figlia.

Con quell'orrore dalle immagini difformi cerca di turbare il suo equilibrio, magari renderla pazza. Per liberarsi di lei, forse d'accordo col padre. L'uomo per cui abbandonò carriera e ambizioni, che la relegò al ruolo di sposa e madre e che ora, annoiato, la tradisce con donnette sempre più giovani e più insignificanti. Vuole disfarsi di lei e usa loro figlia per riuscirci. Quello specchio è la loro arma. Vogliono farle credere che la sua bellezza stia sgertolandosi, che la fine incomba, che non le resti più nulla.

Ma non è possibile, ha sacrificato troppo per quella bellezza, le ore di esercizi ginnici, i digiuni, i bagni ghiacciati, fin da bambina, le cure ormonali, i ritocchi chirurgici, ha ceduto i propri favori sessuali ad uomini che la ripugnavano. Persino la sua prima volta, tenera tredicenne, la vendette a un maturo, viscido, importante event-manager. Un grasso cinquantenne che la prese da dietro, in piedi, nel proprio ufficio, schiacciandola contro il muro e quasi strozzandola con una mano enorme stretta alla sua gola, il marchio dell'anello di lui le ornò il collo per giorni, mentre con l'altra le torceva la punta dei seni ancora acerbi. Le aveva procurato mesi di incubi ma anche, soprattutto, il suo primo contratto importante.

Piccole storie oscureWhere stories live. Discover now