Diario

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8 febbraio

L'ho fatto. Questa mattina al parco.

I Giardini Vittoria, in questa città nemmeno i nomi dei parchi sono originali. Mezzo milione di abitanti e la mentalità grezza e burina di un paesotto. Non dovrei lamentarmene, è il tipo di pubblico che garantisce il successo dei miei spettacoli, ma sono davvero stanco di essere circondato da gente rozza.

Come stamane. Cercavo di rilassarmi, lo sguardo fisso sul lago, un esercizio per svuotare la mente. Avevo bisogno di quiete, di silenzio.

Una coppia di ragazzini sulla panchina vicina alla mia si baciava rumorosamente. Baciarsi è un eufemismo: pomiciavano spudoratamente, le mani infilate l'uno nei vestiti dell'altro, le lingue aggrovigliate; producevano insopportabili e scabrosi rumori, succhiandosi, leccandosi, pur senza smettere di parlare "Ti voglio, quanto mi piaci, mi ecciti, prendimi". Un deleterio cocktail di urgenza ormonale e abuso di fiction adolescenziali.

Li ho abbordati con una scusa infallibile:

- Scusate, ho trovato una banconota da venti euro, è vostra?

Sapevo che non avrebbero resistito, ne ho approfittato per toccare loro brevemente la mano e scambiare poche parole, hanno tenuto a ringraziarmi. Mi sono bastati meno di due minuti per soggiogarne le menti. Nessuno si è accorto di nulla.

Seduto in disparte, ho assaporato lo spettacolo. Hanno ricominciato a scambiarsi carezze e saliva, ma non appena lui ha pronunciato «ti voglio» il bacio di lei si è trasformato in morso. Gli ha affondato i denti nella lingua. La mano che lo accarezzava voluttuosa dentro i pantaloni si è stretta attorno al sesso rigonfio, tirando, unghiando, comprimendo. L'ho sentito urlare, l'hanno sentito tutti, nel parco; la gente ha cominciato ad avvicinarsi, lui cercava di respingerla con una mano, con l'altra di fermare il fiotto di sangue che gli sgorgava dalla lingua squarciata. Ma era una furia implacabile, lo tempestava di calci, lo graffiava selvaggiamente, mentre lui continuava a cercare invano di calmarla e difendersi.

Ci sono volute tre persone per immobilizzare l'arpia. Mi sono allontanato all'arrivo di polizia e ambulanza.

Sono andato a mangiare qualcosa, praticare l'ipnosi mi mette sempre un po' fame.

Ero molto soddisfatto di me, lo sono ancora: da anni sognavo di usare le mie straordinarie capacità per manipolare la gente a mio piacimento e non solo per farla divertire a pagamento. Oggi ho osato, per la prima volta. Non sarà l'ultima.

Un'ora più tardi sono ritornato alla panchina, tutto era di nuovo silenzioso. Le chiazze di sangue nei dintorni sembravano essere un ottimo deterrente contro chiunque pensasse avvicinarsi e interrompere la mia quiete.

Solo, nel silenzio, ero davvero felice.


12 febbraio

Il mio potere è straordinario.

Ieri sera, dopo lo spettacolo, un'ammiratrice si è insinuata nel camerino per esprimere il suo entusiasmo per la mia performance e i miei talenti. Non so come sia arrivata fino alla mia porta, sembra fosse la cugina di uno dei tizi della Security. Lo farò cacciare, non tollero estranei nella mia intimità.

Ieri sera, però, mi ha dato un'idea. Mentre quella grossa scrofa sudaticcia blaterava inetti complimenti, le ho afferrato la mano e lo spirito, e con poche possenti parole ho inculcato nel suo cervello ottuso l'ordine di accoltellare suo marito nel sonno. Sottile ironia: la parola che avrebbe risvegliato in lei l'impulso irrefrenabile di obbedire al mio ordine era buonanotte.

Piccole storie oscureWhere stories live. Discover now