29.

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Non so perché, ma oggi mi sono svegliata stranita. Eppure dovrei essere contenta, stasera tornano i ragazzi. Mi stiracchio per poi stropicciarmi gli occhi. Li socchiudo e guardo in direzione della finestra, cercando di capire che tempo sia, senza successo. Trovo la forza di tirarmi su con i gomiti, gattonare sul materasso fino alla fine del letto ed allungarmi a scostare la tenda: piove. Ragione in più per stranirmi. L'ho sempre detto, io vado ad energia solare. Se è brutto tempo, in automatico, il mio umore scende a picco. Sospiro e mi sistemo i capelli dietro le orecchie prima di decidermi ad alzarmi dal letto. Perlomeno oggi non ho lezione, e posso rimanere dentro casa senza dover essere sottoposta alla tortura della pioggia. Strascino i piedi fino in bagno per fare la pipì, e successivamente fino in cucina, che trovo deserta. Il solito post-it, questa volta rosa shocking, di Nico in cui ci avvisa che è a fare jogging è appiccicato al frigo. Scuoto la testa, neanche la pioggia riesce a fermarlo. Apro il frigo e mi verso un bicchiere di latte freddo, prendo un sacchetto di biscotti e mi lascio cadere su una sedia, appoggiando tutto il resto sul tavolo. Mentre faccio colazione scrivo a Damiano di avvisarmi una volta partito, anche se so che, conoscendolo, sta ancora dormendo. Non vedo davvero l'ora che torni, ma è come se avessi un peso nello stomaco, che proprio non riesco a spiegarmi. Nel momento in cui metto il bicchiere nel lavandino sento le chiavi girare nella toppa della porta d'ingresso, e subito dopo un Nico grondante di sudore, misto a pioggia, e con ancora un auricolare in un orecchio, compare in cucina. Neanche mi saluta che inizia a scolarsi una bottiglia d'acqua come se non bevesse da mesi.
"Buongiorno." Mi sorride riappoggiando la bottiglia sul bancone della cucina.
"Giorno." Sbadiglio senza mettermi la mano davanti la bocca, e provocando una smorfia di disgusto sul viso del riccio. "Anche con la pioggia?" Chiedo poi, e questa volta l'espressione disgustata ce l'ho io.
"Boia chi molla!" Tenta, miseramente, di imitare l'accento romano, facendomi scoppiare a ridere, prima di andare a fare la doccia. Alla fine non mi vesto per tutta la mattinata. Mi metto sul divano a leggere e le ore passano veloci. A farmi risvegliare dallo stato di rincoglionimento in cui sono caduta è un messaggio di Damiano in cui mi dà il buongiorno e mi avvisa che lui sta partendo in questo momento, mentre gli altri sono già in strada con il furgone da una mezz'oretta. Controllo l'orario e dopo un breve calcolo concludo che sarebbe dovuto arrivare in tardo pomeriggio. Poco dopo il telefono vibra indicando la presenza di un secondo messaggio.
'Arrivata a lettera?' Aggrotto le sopracciglia, confusa.
'Quale lettera?'
'Te n'ho spedita una. Speravo ch'arrivasse prima de me. Amen, t'a dirò a voce.' Conclude lasciandomi interdetta, in modo positivo. Una lettera non era per niente da Damiano, il solo fatto che me ne avesse scritta una per il compleanno mi aveva sorpresa. Ora ne ha addirittura scritte due, quasi mi viene da ridere. Per pranzo mangio un piatto di pasta al salmone, gentilmente cucinata da Nico -neanche a dirlo- e infine mi decido a vestirmi e a studiare un po'. La pioggia continua a battere sul vetro della finestra davanti alla mia scrivania, e per un momento mi torna in mente quel pranzo nel ristorantino in periferia in cui mi aveva portato Damiano. Sorrido al ricordo, collegando poi anche la litigata che ne era seguita. Chissà se saremmo mai riusciti a trovare un equilibrio. Non dico a non litigare più, ma perlomeno a vivere in maniera più tranquilla. Scuoto la testa quando mi rendo conto e i miei pensieri sono stati, ancora una volta, calamitati da Damiano, e mi sforzo di concentrarmi sul libro di testo che ho di fronte.

"Tam? Tamara?" Sbatto velocemente le palpebre mentre apro gli occhi. Ci metto un po' a mettere a fuoco, ma alla fine riconosco Priscilla. I capelli in testa sono talmente scomposti che sembrano un nido, nonostante abbia cercato di sistemarli raccogliendoli con un elastico. "Tamara?" Devo avere un'espressione da ebete in viso, a giudicare da come mi guarda. "Ti sei addormentata sulla scrivania. Ti aiuto a spostarti nel letto?" Chiede quando vede che non rispondo. Ho la bocca impastata e la testa pesante.
"Nono." Borbotto quando mi torna in mente che Damiano arriva a Roma oggi. "Damiano." Continuo, ma la frase non ha ovviamente un senso logico, tanto che la mia amica alza un sopracciglio. "Torna oggi." Spiego aprendo definitivamente gli occhi e cercando di svegliarmi del tutto. Priscilla annuisce e, una volta assicuratasi che fossi nel pieno delle mie facoltà, esce dalla stanza. Prendo in mano il cellulare e scopro che sono le 19. Faccio veramente schifo. Ancora prima di sbloccarlo vedo qualcosa come quindici chiamate perse, apro il registro e scopro che sono quasi tutte da parte di Victoria. Se fino a poco fa ero ancora mezza addormentata, ora il mio cuore batte all'impazzata, mentre digito velocemente il numero della bionda, con paura crescente.
"Tamà!" La sua voce, come sempre dai toni esageratamente alti, è rotta da dai singhiozzi. Cosa che naturalmente mi provoca un'ansia indescrivibile.
"Vic, che succede?" Chiedo con un filo di voce mentre già mi sto fiondando a mettere scarpe e cappotto. Il peso di stamattina torna ad attanagliarmi lo stomaco, mentre un orribile presentimento si fa spazio dentro di me.
"D-Damiano..." Capisco che non ce la fa a continuare, la sento scoppiare a piangere, e, qualche rumore di fondo più tardi, il mio interlocutore è cambiato.
"Tamà" è Thomas, con un tono di voce considerevolmente più calmo rispetto a quello di Victoria, ma comunque preoccupato "Damiano- cioè, c'è stato n incidente, ecco." Fa una pausa mentre il mio cuore sprofonda negli abissi. "Stamo all'ospedale Cristo Re." Annuisco, senza pensare che in realtà non può vedermi, e riaggancio. Subito chiamo Nico, ordinandogli di accompagnarmi con la macchina all'ospedale. Devo avere un'espressione terrificante, perché acconsente senza chiedere nulla. Quelli lungo il tragitto sono i venti minuti più lunghi della mia vita. Le lacrime scendono dagli occhi senza che neanche me ne renda conto, mentre prego affinché Damiano stia bene. Nico ha probabilmente intuito qualcosa, è sveglio, perché comincia a sorpassare ogni volta che può, e si fa anche due semafori con il rosso. Quando finalmente arriviamo scendo che la macchina è ancora in moto e corro verso l'entrata. Finalmente trovo i ragazzi, e mi dirigo verso di loro a passo spedito. Non appena Victoria mi vede mi salta addosso, buttandomi le braccia al collo e singhiozza parole incomprensibili. Thomas mi rivolge uno sguardo addolorato mentre Ethan è seduto su una poltroncina rossa, ripiegato in avanti, con le mani a coprirsi il volto. C'è anche Marta, seduta dietro, e a qualche sedia di distanza, i genitori di Damiano. Quando vedo spuntare i ricci di Nico dal corridoio decido di cedergli Victoria, che subito si aggrappa a lui come se ne andasse della sua stessa vita, e vado a sedermi vicino a Marta, che sembra quella più tranquilla. Non capisco perché non stia già urlando di disperazione, è come se non volessi credere a qualcosa che ancora nemmeno so effettivamente. Le emozioni sono completamente sospese, mentre le lacrime continuano a rigarmi il viso, incontrollate.
"Non sappiamo niente." Dice la rossa, intuendo il motivo per il quale l'ho affiancata. "Noi eravamo già arrivati qui a Roma. Il signore con cui ha avuto l'incidente ha chiamato Victoria, perché era il contatto più recente, e ci ha detto che c'era stato uno scontro." Sospira. "Siamo corsi qui, ma già lo avevano portato via, e ancora non ci hanno fatto sapere nulla." Annuisco. Non credo di essere in grado di parlare, ora come ora. Ci metto un attimo a cadere nella paranoia più totale. Se avessi risposto a Damiano quando mi ero arrabbiata con lui, non sarebbe dovuto tornare qui, non avrebbe preso la sua macchina, e avrebbe fatto il viaggio di ritorno in furgone con gli altri. È tutta colpa mia.

Moon - Måneskin [Damiano David]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora