Sono ricoverato da ormai un paio di giorni in ospedale.
La flebo con la quale vengono tenuti a bada i miei dolori è nuovamente quasi da sostituire e il monitor che scansiona il battito cardiaco, emette un rumore fastidioso e petulante.
L'orologio appeso nella parete di fronte al mio letto segna le 18.30, ciò significa che manca mezz'ora al termine dell'orario di visite. E ancora una volta, da quando sono qui, mi ritrovo a sospirare affranto per la mancanza di mia figlia.
Da quando sono stato ricoverato non è riuscita a venire a trovarmi, mi ha trovato lei agonizzante per terra la sera del malore. Penso di averla fatta spaventare a tal punto che non voglia vedermi, e questa cosa mi sta lentamente logorando.
Uno specchio a destra del letto ospedaliero rivela la mia figura insignificante e macabra : la mia pelle, un tempo tonica e abbronzata è divenuta grigiastra e raggrinzita. I miei capelli, un tempo folti e luminosi ora son radi e cadenti e i miei occhi..
sono vuoti come l infinito, da sempre.
Non mi stupisco che mia figlia non mi voglia vedere.
Ma dentro di me so di avere ancora un'ultima missione da compiere, e dato che ormai sono in metastasi, tempo qualche giorno che la vita mi scivolera via dalle membra, ergo, devo fare qualcosa.
Cerco di convincere il medico a dimettermi per i prossimi giorni, conscio del fatto che non posso scampare al mio destino, e dopo mille discussioni e scartoffie da firmare, riesco ad andarmene.
Con immensa gioia accolgo mia moglie fuori dall ospedale e ancora più sorpreso, vedo mia figlia venirmi incontro per stringermi in un caloroso e sofferto abbraccio.
" Scusami papà.. Mi dispiace tanto per non essere passata prima.." - dice tra un singhiozzo e l altro. Le accarezzo amorevolmente il capo cercando di calmarla.
" Shh.. Va tutto bene piccolina, papà sta bene.. Mi sei mancata tanto" - le dico di rimando.
" Ma.. Ma.. Ti hanno guarito?" - dice sgranando i suoi occhioni da cerbiatta e non so grazie a quale forza divina riesco a mentirle e sorridere, annuendo.
Flor guarda la scena in silenzio, da una parte, scura in volto.
Il rientro a casa è stato breve ma piacevole, in compagnia delle due donne più importanti della mia vita. Alla radio suonarono la mia canzone preferita in assoluto, Sweet Dreams di Annie Lennox, per cui, è stato ancora più allegro. Ma una volta messo piede a casa, dei forti capogiri hanno ripreso a turbare la mia stabilità.
Mi sdraio in camera, con la scusa di aver bisogno di riposare a causa della mia debolezza, ma con mio grande stupore Aurora mi segue a ruota.
" Credi davvero che me la sia bevuta?" - la guardo con aria benevola - " Credi che sia una stupida? Che non mi sia accorta che in realtà non stai affatto bene? Perché stai mentendo?" - " Amore mio, ci sono delle cose che.. Non si possono spiegare così su due piedi.. " -" Ma io sono tua figlia! Ho il diritto di sapere cosa ti sta succedendo! " -" Ed è proprio perché sei mia figlia che non ho ancora trovato le parole giuste con cui rivolgermi a te. Ho solo paura che tu soffra.. " -" Più di così? " - ride amareggiata -" Non penso che si possa.. " - dice volgendo lo sguardo verso la finestra che da sul giardino.
Io guardo lei, senza dire niente, fino a quando non riesco ad armarmi di un po' di coraggio e dirle fondamentalmente quello che ho da dirle.
" Piccola.. Vieni qui " - dico battendo la mano sul materasso a indicarle il mio capezzale. Lei inizialmente sembra incerta, ma poi sospira e si avvicina, con aria stanca.
Odio vederla così a causa mia, un papà dovrebbe proteggere i suoi figli, mentre io non sto facendo altro che farle accumulare stress su stress.
Una volta seduta accanto a me, mi accarezza una guancia scarna, dolcemente.
" Cosa ti sta succedendo papà?" - dice mentre gli occhi le si inumidiscono e la voce comincia a tremolare - " Perché non mi dici cos hai? Io avrò solo 18 anni, ma sai bene che per qualsiasi cosa avrai bisogno, io ci sarò.. Ti puoi fidare di me, papi, lo sai.. " - comincia a piangere a dirotto, e a quel punto piango anche io.
" Perdonami amore per averti sottovalutata, non sono stato un buon padre.. " - esordisco afferrandole la mano -" Ma sappi che qualsiasi cosa abbia fatto che possa averti ferito, non era fatta con quell intenzione, bensì era fatto tutto a fin di bene.." - " Non dire così. Lo sai che sei stato un papà esemplare. Vorrei solo che ti aprissi un po' di più con me, che ti fidassi di me.. " - a quel punto gli argini sono distrutti. La abbraccio singhiozzando, con tutto il trasporto possibile e immaginabile e nel modo più delicato che posso le dico che sto morendo.
" Come..? "- domanda allibita, e dopo avermi dedicato una lunga occhiata esaminatoria, comincia a scuotere il capo convulsamente. La sua bocca si contrae in una smorfia semiaperta e i suoi occhi si chiudono come a volersi riparare dalla vista di un mostro. Si piega di poco in avanti su se stessa e, con tutto il fiato che ha in corpo, inizia a gridare la sua desolazione.
Il mio spirito sta cadendo a pezzi, ma non so cos altro fare se non cercare di consolarla goffamente.
" Non è vero.. Non è vero.." - " Piccolina non fare così, andrà tutto bene.. Tutto bene, te lo assicuro" - " Papa non farmi questo, non mi lasciare.." - continua a gridare disperata e capendo di non poter fare nulla, aspetto che si tranquillizzi per spiegarle meglio la patologia che mi ha colpito. Mentre glie ne parlo e cerco di asciugarle con i palmi i lucenti lacrimoni che le sgorgano dagli occhi, il tenero ricordo di quando da bambina cadde dalla bicicletta e si sbuccio un ginocchio mi assale.
" Dipendesse da me, bambina mia, non ti lascerei mai.. Ma tu lo sai che ci son cose più grandi di noi alle quali non potremo mai dare ne una spiegazione ne una giustificazione. Perciò ti dico, l unico consiglio che puoi seguire è quello di non lasciarti mai abbattere dagli eventi. E sai anche che qualsiasi cosa accadrà, io sarò sempre con te, anche quando meno sentirai che sia così. Ti voglio bene più di quanto immagini, più della mia stessa vita, e non permetterò mai che ti accada qualcosa, promesso. Parola di papi " - concludo stampandole un bacio sulla guancia, nonostante la sua espressione assente, e dopo qualche ennesimo scambio di parole, Flor ci chiama dalla cucina per andare a mangiare.
Arriviamo lentamente, insieme, abbracciati, e dopo la triste consumazione del nostro pasto, farcito dal tetro silenzio conseguente alla ricevuta della terribile notizia, ci rechiamo in salotto per un caffè.
Ed è proprio lì, in quel salotto che comincia la narrazione della tanto attesa storia della mia vita.. L'unica paura adesso, sono solamente le conseguenze.

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Amalia
Narrativa generale" Ho scoperto che il mio destino aveva un nome dal primo momento in cui la vidi, e il suo nome era.. Amalia"