Capitolo 1

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"Che palle" dissi sbuffando davanti alla finestra. Era una domenica pomeriggio come le altre, il cielo era completamente coperto di nuvole e a casa mia c'era la mia migliore amica Alice. Quest'ultima si stava dando lo smalto canticchiando tra sé e sé una vecchia canzone. "Potremmo andare alla fiera" disse Alice. "Con questo casino?" Odiavo il caos e la musica alta. Sotto questo punto di vista ero molto diversa dalla mia amica che spesso andava a ballare. "E dai, prendiamo lo zucchero filato e ci facciamo quelle foto che vedi su Tumblr, quelle che ti piacciono tanto" mi supplicò Alice con le mani giunte. Roteai gli occhi, infilai i jeans e una felpa e, anche se controvoglia, seguii la mia amica verso il caotico luogo.
Ogni anno, a metà ottobre, il nostro paesino organizzava una fiera di paese alla quale accorrevano un sacco di cittadini dalle frazioni vicine. Non ci andavo da diversi anni perché non l'avevo mai sopportata, così come il carnevale.
Arrivate lì cominciammo a farci spazio tra la calca: bambini urlanti sulle giostre e musica altissima mi facevano schizzare i nervi alle stelle. Intanto Alice mi trascinava con sé "Dovrebbero essere qui"
"Qui chi?"
"AH ECCOLE" disse Alice sbraitando contro un gruppetto di altre 4 ragazze.
Fantastico
"Alice io me ne vado a casa, non ce la faccio più. Mi scoppia la testa"
"Ma aspetta dai, siamo appena arrivate. Ti faccio conoscere queste bimbe. Ragazze lei è Francesca, loro sono Cristina, Silvia, Emanuela e Noemi". Loro mi salutarono con un sorriso e io ricambiai. Erano così diverse da me: indossavano tutte un vestito, le calze a rete e le loro labbra erano tinte di un rosso acceso. Mentre parlavano mi distaccai dal gruppo perché, sinceramente, non mi importava dei loro discorsi. "Vado a fare un giro sulla ruota panoramica" dissi ad Alice. "Va bene, noi facciamo un giro qui. Non ti perdere" mi fece l'occhiolino e mi schioccò un bacio sulla guancia.
"Un biglietto per la ruota panoramica grazie" dissi mentre cercavo affannosamente gli spiccioli nel portafoglio. "Sono tre euro". Gli porsi i soldi e lo vidi. Alto, capelli lunghi e neri, carnagione olivastra. Indossava degli abiti con fantasie etniche, abiti che non avrebbe mai portato un ragazzo della sua età. La sua voce era calma e aveva la r moscia. "T-tutto apposto?" Mi balbettò. Per qualche secondo rimasi a guardarlo, non avevo mai visto una tale bellezza dalle mie parti. "S-si, si tutto bene. Grazie per...lo scontrino" "Beh figurati" mi sorrise. Non sembrava neanche reale, mi sembrava di trovarmi all'interno di Twilight quando Bella per la prima volta incontra Edward. Mi allontanai con passo un po' troppo veloce, tant'è che rischiai di cadere.
Durante il mio giro panoramico non feci altro che pensare all'incontro avvenuto pochi minuti prima. È solo il figlio di un giostraio. Questo era vero, ma il suo fascino e la sua eleganza mi avevano così colpita che non riuscivo a togliermelo dalla testa. Finito il giro chiamai Alice.
"Ali dove siete?"
"Ah Fra io sono tornata a casa, mamma mi è venuta a prendere perché si è fatto un po' tardi. Scusa se non ti ho avvertita, ci vediamo a scuola" e riattaccò. Guardai l'orologio e "cazzo le 8" pensai ad alta voce. Cominciai a camminare a passo spedito verso casa, sicuramente ci avrei messo una vita. "Ti serve un passaggio?" Era di nuovo lui. Il ragazzo dai lunghi capelli. Era sul suo motorino con la visiera del casco alzata. "Potresti essere un maniaco omicida. Non ci conosciamo nemmeno" risi io. "Piacere Ethan", mi porse la mano. "Francesca" e la strinsi. "Dai vieni, mi dispiace lasciarti qui. Tra poco potrebbe pure cominciare a piovere. Ti prometto che non ti tocco" disse alzando le mani come per arrendersi. "E va bene". Mi porse il casco e lo infilai. "Abiti lontano da qui?"
"Abbastanza, diciamo che a piedi ci metterei circa una mezz'oretta"
"Dimmi l'indirizzo che partiamo, reggiti forte".
Arrivata davanti casa lo ringraziai "Non so veramente come avrei fatto senza il tuo aiuto"
"È stato un piacere". Il vento fresco di ottobre mi pizzicava la faccia. Ci fermammo per qualche minuto, io che fissavo le converse e lui che guardava la strada. "Beh io è meglio che vada sennò mia madre mi caccia di casa" risi in modo imbarazzato
"Va bene, tranquilla. È stato un piacere, ma te l'ho già detto. Scusa. Ehm, ciao allora" mi salutò con la mano e io ricambiai. Entrai nel mio condominio chiudendomi la porta alle spalle.
Non può esistere davvero, pensai. In effetti no, era troppo etereo per questo mondo

Il figlio del giostraio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora