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Avevo gli occhi chiusi e percepivo a malapena i piccoli sobbalzi del treno al passaggio sulle rotaie, tuttavia il finestrino del mio sedile non era dotato di una qualche tendina e alla luce del sole fui obbligata ad aprirli.

Avevo ancora in bocca il sapore del cioccolato della barretta che avevo mangiato qualche minuto prima ma tutto sommato avevo ancora fame.

"Saki hai ancora qualcosa da mangiare?" Lei si mise a frugare nello zainetto che si era portata dietro dato che le valige erano bloccate negli scaffali di fianco a noi insieme a quelle degli altri passeggeri: " No, mi spiace."

"Tu Haru?" Il ragazzo non mi degnó neanche di una risposta, il suo sguardo faceva capire benissimo che non aveva neanche la voglia di controllare.

"Cos'è vuoi farmi morire di fame?"dissi alzando un sopracciglio.

"Tu? Morire di fame? Figurati con tutto quello che mangi non corri pericolo"rispose non accennando a cambiare idea.

"Beh almeno resto magra, non come qualcun altro che ha messo su qualche chilo
ultimamente..."
Mi fulminó con lo sguardo facendomi un gesto poco carino, che io ricambiai con una linguaccia.

Forse puó sembrare strano ma quello lì è il mio migliore amico, insieme a Saki ovviamente.

Stiamo viaggiando da 8 ore per andare dall'altra parte del Giappone tra i boschi, i campi e le montagne per passare un'estate lontano delle impurità e lo smog dell'aria di Tokyo, o così dicono i nostri genitori. Forse penserete che dopo 8 ore di viaggio in uno spazio ristretto di un piccolo treno sia normale essere stressati e leggermente irascibili con i vostri compagni di viaggio, ma no, Haru è sempre così!

Tutto l'opposto invece di Saki la dolcezza in persona, ci siamo conosciute al parco giochi grande della nostra città del quale ormai ne è rimasto solamente la terra schiacciata da un palazzo di una qualche azienda; certo per noi ragazzi rimanevano sempre i parchetti per ritrovarci ma così facendo spaventavamo i bambini che ci indicavano con le loro manine e dicevano "i grandi" per poi tornare a casa e preferire un videogioco alla vita sociale.

Non dico che essere nati una decina di anni fa faccia tutta questa differenza, ma dato che di anno in anno si va a peggiorare quasi invidio i miei nonni con ancora le strade dove passava solo un auto all'ora e con la tv in bianco e nero (ho detto quasi).

La mia amica era in soprappensiero e guardava il finestrino con aria addormentata, quando la vidi balzare in piedi come un fulmine e gridare "Muovetevi è la nostra fermata".

Ci svegliammo anche io e Haru come liberati da una sorta di trance e iniziammo a tirare fuori i nostri bagagli senza prestare troppa attenzione a dove cadevano quelli accanto ai nostri; Scendemmo dal treno in fretta e furia guadagnandoci un'occhiataccia da un' "adorabile" vecchietta.

Dopo essermi assicurata di non aver dimenticato niente salutai i miei accompagnatori, loro avrebbero alloggiato nell'albergo della città, fui io a deciderlo anche per lasciar loro un po' di intimità; stanno insieme da quasi un anno ormai e ancora non ci sono completamente abituata.

Invece per me mio padre aveva insistito nel farmi utilizzare una piccola casetta, era più vicina alle montagne in mezzo ad una comunità contadina; in quanto l'abitazione non veniva utilizzata da decenni, me l'aveva fatta gentilmente restaurare.

Chiamai un taxi dicendogli di portarmi all'indirizzo che avevo scritto su un foglietto, mi lasciò più distante di quanto pensassi dall'albergo di Haru e Saki.

Il quartiere in cui mi fece scendere era molto verde con qualche spruzzata di fiori colorati tra l'erba. Oltre al canto dei grilli sentii anche dell'acqua scorrere, probabilmente ci doveva essere un fiume nei dintorni.

Oltre alla natura però comparivano diverse case abbandonate " infondo è questo che succede alle abitazioni di chi non riesce a trovare lavoro" pensai. Ma mentre contemplavo ciò che si trovava intorno a me, buttai l'occhio su una casa diversa dalle altre: era più bella, più solare.

Ricontrollai la foto sul telefono che i lavoratori mi avevano mandato una volta finita quella che doveva essere la mia casa per quest'estate, ma non era quella che avevo davanti.

Mi voltai e ne scorsi un'altra perfettamente identica alla mia e mi avvicinai. Tirai fuori le chiavi constatando con soddisfazione che avevo trovato il posto giusto.

Velocemente posai i bagagli, decisa a salutare ( secondo la tradizione giapponese) quelli che sembravano i miei unici vicini.

Suonai il campanello e aspettai qualche secondo; sentendo dei passi mi sistemai velocemente la maglietta un po' stropicciata.
Mi aprì una signora dal gran sorriso.

"Salve sono la nuova vicina, starò qui per l'estate" dissi cercando di usare un tono più educato possibile.

"È un piacere, io sono Hana"

"È un piacere anche per me, io sono Hikari"

IL RITORNO DELLA PIOGGIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora