Le origini - tra Alice e la Regina di Cuori

20 2 0
                                    

Non riusciva a distogliere lo sguardo dall oscurità sopra la sua testa, le sembrava di annegarci nonostante la distanza impossibile da colmare, sembravano condividere la stessa agonia silenziosa.

Nessuna madre luna a tenerle compagnia.
Nessuna sorella ridente, solo luci artefizie create dall'uomo, in fondo avrebbero pagato tutti le aspirazioni troppo lontane dalle loro possibilità, cadendo nel tradimento, nell'invidia di altri. Quella rivalsa di ignoti era già subentrata nella sua vita, il tradimento di una sorella e di un ragazzo stupido, troppo insulso per capire il suo vero valore, arrivando ad insultarla in quel modo...
No, non l'avrebbero avuta vinta quei due, si sarebbe persa nell'eco del loro silenzio dopo le grida, sarebbe stato così rilassante, finalmente la calma dopo il vuoto insopportabile nelle loro parole, quegli stupidi pretesti e implorazioni.

-

Adorava seguire il sentiero di pietre, che le faceva sua sorella in estate nel bosco, aspettava trepidamente di arrivare alla meta, dopo aver girato un po a vuoto tra gli alberi, anche se significava entrare in un pozzo per prendere la propria vincita.
Superato il parapetto con attenzione ed essersi aggrappata ai pioli fissati alla pietra del muro, sporgendosi un po per prendere il pacchetto, ma alzando lo sguardo vedendo sua sorella che chiudeva l'unica via di salvezza e poi buio, tanto freddo, attesa, ma lei non tornava.
Gridò, battendo le mani contro la vecchia lamiera dura, però nessuno sembrava sentirla. Era terrorizzata, non capiva il motivo di tanta cattiveria...

Era stata lasciata indietro e la sensazione non le piaceva affatto, ogni volta che provava quella sensazione, quell'angusto spazio le tornava in mente.
E il disprezzo aumentava sempre più.

Fino a quando non esplose del tutto, ma in modo lento e con un piano studiato per agire. Distruggere quello che la sorella aveva di caro era l'obbiettivo principale.

-

Canticchiando a ritmo cadenzato e lieve, prese le grandi forbici che la nonna teneva nel cassetto insieme ai gomitoli che non toccava quasi più, colpevole la vista rovinata dall'età e la mancanza del nonno, volato via anni or sono lasciandole un'esistenza di sofferenza. Davanti al grande specchio nella stanza silenziosa, in un attimo il loro legame esterno di sorelle, si spezzò al suono di tagli netti, precisi con la freddezza implacabile del metallo. Le ciocche spesse lasciavano la loro collocazione con un lieve fruscio, facendole il solletico sulla pelle, affollando in modo disordinato il pavimento. Si sentiva dannatamente leggera, piena di nuova "vita".

Ora poteva diventare qualcun altro, senza problemi, senza rimpianti.

Quel disordinato taglio corto sarebbe stato il suo simbolo, nessuna complicità eccessiva con quel "intralcio" ambulante, sarebbe diventata indipendente. Le avrebbe tarpato le ali, impedendole di volare e rotto il becco per non farla parlare. Sarebbe stato divertente.

Sorrise candidamente al suo riflesso, mettendo le forbici al loro posto. Era ancora troppo presto per quel taglio netto, per il momento si accontentò dei capelli. La madre la rimproverò, sembrava una ragazzina di strada, non lo accettava un comportamento del genere da lei. Certo, come se quell'ipocrita nascosta dietro la gonna della madre, si gustava la scena, era diventata lei la vittima perché durante la sua fuga dal pozzo era caduta e aveva sbattuto la testa finendo in coma, stava scappando dallo strano tipo che viveva nel bosco.
Nessuno sapeva molto di lui ed i bambini avevano paura di incontrarlo, per le molte storie intorno alla sua figura.
Era solo una codarda.

L'avrebbe trattata come meritava, contandola meno di uno zerbino dove pulirsi le scarpe dalla terra e dal sangue degli animali da macello.
La fissò con sdegno velato.
Mancava poco, ormai il momento di agire si faceva sempre più vicino.

-

Mossa d'apertura in cui il Bianco sacrifica un pedone per deviare il pedone Nero.

Si godé il momento, in cui lei non poteva reagire, beandosi della sua impotenza e della sua rapida resa. Durò un lungo momento, si impresse ogni istante nella mente. Lasciò il suo corpo a galleggiare sull'acqua nella vasca, tirando le tendine, chiudendo la porta del bagno. Prese le sue cose ed uscì dalla porta sul retro.

Rideva, pervasa da un senso di vittoria, ma allo stesso tempo calde lacrime le rigavano le guancie.
Non capiva il motivo di quel senso di colpa, se l'era meritata, aveva cercato quella fine con il suo comportamento. Ora era costretta a finire l'opera, senza tirarsi indietro, nessun tentennamento. Conosceva le conseguenze a memoria, sicuramente non avrebbe avuto alcuna attenuante, sapeva di non essere pazza, ma solo scostante e con un comportamento da lieve dissonanza cognitiva, il voler seguire la strada "cattiva" conoscendo però la cosa "giusta" per la società.

Voleva solo vendicarsi per il torto subito dalla vita e dal fato, si chiedeva se sua sorella sarebbe finita in condizioni ancora peggiori. Probabile, aveva una volontà debole.

Preparando in tempo la sua prossima maschera, quello spettacolo dove avrebbe interpretato lei, non avrebbe lasciato modo di distinguerle in modo mirato e veloce. Sorrise, mentre raggiungeva la porta di casa di quel ragazzo.
Sapeva che fosse solo in casa, l'aveva invitata lui per chissà quale epilogo piacevole con la sua gemella, ma ormai non importava più.
Cascò nel suo tranello facilmente.

Il pedone viene promosso, raggiungendo l'ultima casella della scacchiera e diventa il pezzo più potente che ci sia: la Regina.

Aspettò di vedere la luce abbandonare quegli occhi, lo guardò, non provò nulla o meglio, sentì solo indifferenza.
Sospirando si sistemò, aveva evitato di lasciare impronte o comunque di cancellare quelle della sorella. Il rigor mortis l'avrebbe tradita, anche se la sorella stava ammollo nell'acqua calda.
Camminava tranquilla per le strade, non aveva fatto schizzare sangue da quel tipo, manco lo voleva entrarci in contatto. Il solo pensiero la disgustava, come se si fosse trattato di uno scarafaggio.

Sospirò, chiudendo un attimo gli occhi, sentendo il cadere cadenzato di una palla calciata, forse un po sgonfia. Si voltò in quella direzione, fermandosi sul marciapiede, senza curarsi dei passanti.
Sentendosi osservato il ragazzino incontro il suo sguardo, che la fece tremare in un moto quasi reverenziale. Era gelido, serio, come quello di un adulto segnato da chissà quali avvenimenti. Teneva sotto il piede con fare possessivo il pallone rosso sporco, forse trovato chissà dove.

Si avvicinò a passo deciso verso il "lupo" dall'altro lato della strada che la fissava, non sorpreso affatto dal suo comportamento, ricordandosi l'uno dell'altra ad ogni falcata della ragazza, liberata dal  rancore.

Arrivati ad essere faccia a faccia, nei loro occhi ci fu un barlume di chiarezza, si erano visti una sola volta per davvero, ma non direttamente, ma tramite il riflesso del grande specchio che in parte catturava anche l'esterno, data la sua posizione.
Lei era a metà della sua totale estraneazione, mentre lui aveva adempiuto al suo compito: quella non era sua sorella, almeno non del tutto, sua madre aveva tradito la famiglia e quella bambina fastidiosa, la vedeva come un intralcio all'interno di quel gruppo già difficile.
Se n'era sbarazzato, in quel momento era avvenuta la sua caduta volontaria, ma non aveva paura di cosa sarebbe successo dopo. Indossando un volto impassibile, coperto in parte di quel sangue, estraneo a colpe volontarie, affrontò le conseguenze a testa alta e senza rimpianti, neppure sapeva cosa fossero.

Ed ora eccoli ritrovati, con le loro situazioni invertite.
Ne sarebbero usciti insieme da quelle loro situazioni complicate, senza abbandonarsi e per un po di tempo le cose andarono nel verso giusto.
Fino ad un incontro singolare, che avrebbe sfaldato i loro equilibri ancora una volta.

Note:

- Preso spunto da un episodio della serie tv francese Profiling "il sentiero di sassi".

WONDERLAND  [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora