Due soli anni ho avuto il piacere di insegnare alle Superiori, poi arrivò la fatidica scelta per l'aggiornamento di una o dell'altra graduatoria per classi di concorso ed optai quindi per l'aggiornamento nella classe di concorso A043, Italiano Storia Geografia nella Scuola Secondaria di Primo Grado.
Le cose continuarono a cambiare, e nell'anno 2005-2006 ci fu l'ondata delle immissioni in ruolo, mi vedevo già sulla cattedra fissa nel giro di lì a qualche anno. Quando invece i cambiamenti furono turbolenti e si cominciò a tagliare, tagliare e tagliare.
Oggi sono sempre più convinta di essere una futura ex professoressa, perché posti ce ne son sempre meno e se per l'anno 2008-2009 ci son state almeno 84 cattedre a T.D. in assegnazione dal C.S.A l'anno dopo, 2009-2010 ce n'erano solamente 8. Una moria delle vacche avrebbe detto Totò!
In quest'anno ho lavorato grazie ad una maternità e con contratto rinnovato di mese in mese, quasi, e malgrado non abbia ricevevo uno stipendio da ottobre a marzo, ho continuato a lavorare sodo per il bene soprattutto dei ragazzi. Perché quando ci lavori gomito a gomito e per 14 ore a settimana quelle menti diventano parte di te.
Sembra assurdo, ma a volte ti capita di arrivare a pensare come loro, o come minimo ti sembra di conoscerli da sempre. Forse perché l'essere umano a quell'età è piuttosto sempre uguale a se stesso, benché nel corso del tempo abbia potuto constatare che, rispetto all'approccio e all'inclinazione allo studio, ci son state annate più o meno favorevoli.
Come l'annata 2004-2005, avevo due prime gioiellino, di quelle che chiunque avrebbe voluto portare avanti e veder crescere in bellezza. Promettevano bene, dall'inizio, tranne alcuni alunni che però erano recuperabili con l'assiduità del controllo giornaliero, di quelli che necessitavano del fiato sul collo per portare frutto, ma tutto sommato non completamente senza presupposti. Quell'anno capii quanto fosse importante prendere una classe dalla prima e seguirla per tutte e tre gli anni della scuola media. Cominciavo a vedere il frutto di quell'anno pieno di lavoro, stavo cominciando a brandire la spada dell'educazione formativa e culturale, scorgevo già i primi segnali di quanto ognuno di loro avrebbe potuto rendere in termini di personalità e aspirazioni. Purtroppo però non ebbi, come mai ho avuto, il piacere della continuità né con quelle né con nessun' altra classe incontrata nel corso dei miei primi unici anni di insegnamento. Un bene, un male, per loro, per me, non saprei, so solo che a quell'età è facile far breccia nelle menti di piccoli ometti, ma lo è altrettanto farsi dimenticare come granellino di sabbia, per quanti insegnanti son destinati ad avere per tutta la loro vita.
L'anno dopo mi ritrovai a dovermi organizzare tra scuola e famiglia: sposata e con figlia di 9 mesi mi resi conto di essere nuovamente incinta, tuttavia continuai a lavorare così come avevo precedentemente fatto esattamente l'anno prima, esattamente fino all'ottavo mese.
Una volta che cominci un lavoro con dei ragazzini, non puoi lasciar poi tutto alla loro sorte, ormai quella sorte devi continuar -finché è nelle tue forze- a condurla tu che sai come li stai preparando. Così feci. Terminai l'anno con gli esami più focosi mai fatti prima: avevo un pancione che quasi non mi permetteva di seder alla cattedra, giugno non cedeva alla frescura della pioggia e i ragazzi erano meravigliosamente eccitati di parlare e mettere in mostra quanto appreso nel corso dei mesi. E pensare che la presentazione fattami della classe era stata: "Classe mediocre e piuttosto agitata".
"Màh, niente di nuovo sotto il sole" pensai.
La preside invece me li definì "attivi" che qui da noi significa non solo il contrario ovviamente di passivi, ma nella forma dialettale viene usato nell'accezione di "intelligenti, furbi, svegli". Ricordo che s'impegnavano con entusiasmo nelle cose fatte insieme, quando poi dovevano far da soli si demoralizzavano, non credevano in se stessi, la loro autostima era stata fin troppo stramazzata, come il cavallo di Montale. Eppure io li ricordo con tenerezza e grande soddisfazione, forse perché un pochino anche io mi sentivo coccolata da loro, per via del mio stato evidentissimo sin da subito. Al terzo mese il mio pancione non volle più avere segreti e mentre cercavo di darmi anima e corpo per affrontare le lezioni, loro mi viziavano con tutte le loro attenzioni, persino le loro mamme cominciarono a preoccuparsi che stessi bene e che fosse appagata qualsiasi tipo di voglia. Ma l'unica voglia matta era che davvero quelle creature si sentissero soddisfatte di sé, che fossero considerate valide per qualsiasi cosa decidessero di intraprendere. Era mancato loro -lo so- quel giusto e sacrosanto incoraggiamento che noi insegnanti mai dobbiamo dimenticare di offrire a chi vorrebbe far qualcosa, ma non crede di esserne all'altezza.
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Avventure di una futura ex prof
Short StoryRacconto semi-serio, drammatico-umoristico (ma non troppo) di momenti di vita scolastica che fanno in modo di pensar di lasciar per sempre il mestiere di insegnante.