Capitolo 6

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Per arrivare ai giorni nostri, non possiamo non passare dall'anno 2009-2010.

Alle fatidiche convocazioni mi vidi sfumare l'ultima cattedra disponibile esattamente sotto gli occhi. E così fui la prima degli esclusi e quindi la prima di quella graduatoria allora chiamata "Salva-Precari". Sapendo per certo ciò e sapendo che nel mio paese c'era una maternità, ma per 15 ore, cominciai a rinunciare a chiamate da altri istituti, tutti oltre 30 km da casa, potevo permettermelo solo perché, come dicevo, dovevo essere io la prima ad essere convocata nella scuola del mio paese. Ma non si decidevano a chiamare ed io –insistente- quasi ogni giorno mi recavo a scuola o telefonavo per sapere informazioni riguardo alle convocazioni. Finalmente definirono la data ed ovviamente fui io la sola a presentarsi, in quanto sia quelle prima che dopo di me ormai al 20 settembre già avevano preso servizio.

Iniziai quella nuova avventura ... Oddio, forse mai più azzeccata fu l'accezione, in quanto fu un anno pieno d'imprevisti, travagliato, rischioso nonché audace. Lo so che non sarebbe il caso di parlarne dettagliatamente, ma non posso sottacere il dolore allo stomaco che mi prendeva in certe occasioni. Spesso tornavo a casa distrutta per come la classe non reagiva a qualsiasi stimolo. Una delusione, una rabbia non proprio soffocata, una morsa alla gola e alla tempia, un vortice nello stomaco. Così mi sentivo per il disagio e una sorta di mobbing. Fu l'anno in cui riconobbi di soffrire di burn out!

Inutile dire che se gli allievi non erano modello, la colpa era necessariamente degli insegnanti che non sapevano o non volevano insegnare, che di tutto facevano tranne che insegnare. Ma ... io che non facevo altro se non insegnare italiano e storia, sì magari mi ero fissata con un progettino tutto mio nella mia ora di "approfondimento-cittadinanza e costituzione", o le 2 ore di Progetto Biblioteca settimanali, di cui 1 pomeridiana, non è che fossi chissà quanto "presa" da altro per non "prepararmi le mie belle lezioni"! Fatto sta che io ero là a sgolarmi, a ripetere fino alla nausea gli argomenti, a triturarli come omogeneizzato, a volte finanche a masticarlo per gettarglielo così mezzo digerito direttamente in ... mente. Risultati? Il momento della mietitura-verifica era la parte più frustrante e demoralizzante: portavo nei miei illusi sacconi di iuta solo un paio di spighe di grano! E da là dovevo fare il pane. Che tristezza, che amarezza. Le ragazze non pensavano ad altro che ai rossetti, agli smalti e ai vestiti, ah sì ovviamente ai ragazzi oggetto delle loro cotte pre-adolescenziali. I ragazzi altrettanto, rossetti e smalti opportunamente sostituti da calcio e partite varie. La frase più gettonata era "Da domani studio!" oppure "La prossima volta vengo all'interrogazione" ovvero "Il tema lo porto la settimana prossima". Finzione su finzioni.

Quando arrivò il momento degli scrutini io non avevo elementi sufficienti per misurarli sul piatto della promozione. Ma ero solo io che non l'avevo. Tutti gli altri sorridendo a denti stretti mi spiegarono con gli occhi che era inutile il mio accanirmi. I quattro passarono a sei. Buona pace di tutti. Ma non la mia. Promuovere travolti dalla corrente del lasser fair non mi ha mai fatto dormire la notte. Ma, a quanto pare -e ne avrei fatto esperienza diretta l'anno successivo- sembra essere il male minore per ragazzi, famiglie, insegnanti e scuola al completo. Di un ragazzo posso dire di essere soddisfatta, N. A., giunto fino a noi dal Capoluogo per una serie sterminata di motivi. N. aveva bisogno di tanto affetto e comprensione, sicuramente lui sapeva fare il duro per vivere perché così gli aveva insegnato la vita di strada a Bari vecchia; la sua facciata di durezza nascondeva tenerezza e tanta tanta svogliatezza. Non voleva far altro che dormire, visto che la sera andava a dormire praticamente di notte, pur avendo ordini ben precisi dagli educatori a cui era stato affidato. Ma lui non era abituato ad eseguire o a rispettare regole. Infatti la mattina a scuola voleva decidere sempre e solo lui quando andare in bagno, andare a prendere la merenda, fare lezione e quindi i compiti. Cosa quest'ultima più unica che rara. Eppure un paio di volte sono riuscita anche a sentire la sua voce: una volta per l'interrogazione di storia "La regina Elisabetta I e il pirata". Lo aveva colpito la storia dei pirati che dominavano depredando indiscriminatamente sui mari; l'altra per antologia laddove la lettura sui bulli che rubavano le merendine e picchiavano per farsi forti se l'era sentita propria sulla pelle. La cosa che invece aveva colpito me era la sua calligrafia: precisa, ordinata, signorile. Come possibile che una grafia così pulita e accurata fino allo spasimo fosse di un bulletto picchiatore, rubacuori di donzelle spasimanti dietro la sua fin troppo cresciuta età? Eppure era la sua, anzi quella calligrafia era esattamente lui, ma c'era bisogno di lavorare sulla scorza esterna che s'era creato o che un po' la famiglia un po' gli eventi un po' chi lo aveva incontrato senza capirlo lo avevano costretto a crearsi, per far sì che uscisse la vera personalità di N. Un piccolo piccolissimo gradino lo avevamo salito, insieme, e per quell'anno l'ammissione alla Terza era "meritata". L'anno dopo non ho potuto continuare il lavoro iniziato e così ha ricominciato la ribellione col mondo e il mondo l'ha vinto. Non è stato ammesso agli esami di Stato di Terza Media. Ha perso la sua battaglia, ma l'abbiamo persa tutti. Anche io che ormai non avevo nessuna voce in capitolo. 

Avventure di una futura ex profWhere stories live. Discover now