Rapporto fra le scienze naturali con quelle metafisiche secondo L'Illuminismo di Voltaire
0.Introduzione
In questo lavoro cercherò di illustrare il rapporto fra le scienze empiriche e naturali con quelle umane e più propriamente metafisiche, attraverso lo sguardo di uno dei maggiori esponenti dell'illuminismo francese: François-Marie Arouet più conosciuto come Voltaire.
Quest'aspetto è particolarmente interessante, infatti, nella cultura illuminista che assegnava un primato alla Ragione vista come l'unico strumento in grado di salvare l'uomo dall'errore. La ragione doveva vincere le superstizioni, eliminare credenze indimostrabili empiricamente, si seguiva così il nuovo corso iniziato con le scoperte scientifiche del seicento, la filosofia metafisica veniva giudicata indimostrabile, e per tanto doveva lasciare il posto alle sole conoscenze possibili, quelle empiriche.
1.Il primato della Ragione nell'Illuminismo
Nella seconda metà del Settecento nasceva in Europa un movimento culturale chiamato Illuminismo, che si poneva come obbiettivo quello di lottare contro ogni residuo di barbarie e di irrazionalità retaggio dei secoli passati, e ancora, contro tutti i pregiudizi, le superstizioni e le ingiustizie che, nella metà del settecento, erano ancora molto radicate in tutti gli aspetti della vita, dalla religione alla politica, dall'economia alla scienza. Gli illuministi vedevano la Ragione come il solo metro di giudizio attendibile, l'unica in grado di raggiungere la verità in ogni campo con le sue sole forze, senza la guida di nessun genere di autorità, nemmeno (o tanto meno) religiosa. Gli illuministi pensavano che il passato fosse costellato da una lunga serie di errori, e per dirla con Kant *(1724-1804) l'età dei lumi era la via di uscita dalla "minorità", intesa come l'incapacità di usare il proprio intelletto senza la guida di altri. L'unica arma che essi ritenevano valida per vincere questa battaglia, era la Ragione, infatti, questa doveva diffondere la luce in grado di sconfiggere le tenebre che rappresentavano, in chiave simbolica, la superstizione, il fanatismo e l'ignoranza. Diventava così indispensabile sottoporre ad un attento esame critico ogni aspetto della realtà per poterne saggiare la validità, l'attendibilità e la conoscibilità. Il principio è espresso con estrema chiarezza ancora da Kant, nella Prefazione alla Critica della Ragion Pura°° del 1781:
Quella in cui viviamo è la vera e propria epoca della critica, a cui tutto deve venir sottoposto. Con la sua santità, la religione, e, con la sua maestà, la legislazione pretendono solitamente di sottrarsi alla critica: ma in tal modo esse sollevano nei propri riguardi un fondato sospetto, compromettendo quella stima non simulata che la ragione può concedere solo a ciò che si sia rivelato in grado di resistere al suo libero vaglio.
A questa critica deve essere sottoposta tutta la natura sia quella empirica che quella umana, verranno così presi in considerazione tutti i momenti della vita umana da quelli religiosi a quelli politici. Queste speculazioni dovranno essere effettuate con il metodo teorizzato da Bacone per lo studio delle scienze empiriche, infatti solo ciò che potrà essere conosciuto attraverso la spietata critica della ragione potrà dirsi veramente degno di attenzione ed oggetto di scienza, il resto rimarrà nella sfera della superstizione e dell'incertezza metafisica.
2.Locke e Descartes visti attraverso Voltaire nelle Lettere Filosofiche
Voltaire condivideva le idee illuministiche, in particolare dopo il suo soggiorno in Inghilterra del 1728, rimase particolarmente colpito dalla filosofia di Bacone, Locke e Newton, che riteneva superiori persino a filosofi francesi come Descartes che aveva il merito di aver scoperto gli "errori degli antichi, per sostituirvi i suoi". Nelle Letters Philosophiques, apparse in lingua inglese per la prima volta nel 1733, Voltaire esalta, così, la filosofia di Newton e di Locke°°° contro quella dell'illustre filosofo francese, egli ritiene che Descatres avesse sbagliato nel parlare d'idee innate e di aver cercato di dimostrare che °°°°"l'anima è la medesima cosa del pensiero, come la materia, (...) è la medesima cosa dell'estensione"di ciò noi non possiamo sapere nulla, poiché la nostra Ragione e i nostri sensi non ci aiutano a capire, e quindi è da considerarsi assurdo e privo di rilevanza. Per Voltaire è inutile cercare di capire le idee innate e la natura dell'anima, giacché, non si potrà mai avere una conoscenza diretta di esse e per ciò tanto vale occuparsi di cose di cui possiamo avere l'opportunità di capire il funzionamento. Voltaire paragonando questa filosofia a quella di Locke, scrive nella Tredicesima delle venticinque lettere, che compongono le Letters Philosophiques:°°°°°
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Analisi del rapporto tra scienza e filosofia in Voltaire e Schlick
Non-FictionIl rapporto tra scienza e filosofia è controverso sin da quando quest'ultima si è effettivamente separata dalla prima in una disciplina a se. ma la separazione è così netta? cosa rimane alla filosofia se le si toglie la scienza in un mondo dove le d...